In Serbia sembra che nemmeno una minaccia alla salute pubblica, come il coronavirus, possa spingere i principali attori della politica a tralasciare scontri e la lotta per il potere
“In realtà, voi volete che io mi sottoponga ai test specifici per il coronavirus, sperando che emerga qualcosa”, ha dichiarato il presidente serbo Aleksandar Vučić rispondendo alla domanda di un giornalista della tv N1 che gli chiedeva se intendesse “sottoporsi al protocollo”, dopo che alcuni media internazionali hanno riportato la notizia che due cittadini di New York che hanno partecipato alla conferenza annuale del Comitato americano-israeliano per gli affari pubblici (AIPAC) tenutasi dall’1 al 3 marzo scorsi a Washington – alla quale ha preso parte anche Vučić – sono risultati positivi al coronavirus. Nel tentativo di convincere l’opinione pubblica serba che non c’è alcun motivo di preoccuparsi, Vučić ha precisato che alla conferenza dell’AIPAC hanno partecipato 20.000 persone e che lui era lì “insieme ai servizi segreti americani” che, stando alle sue parole, avrebbero “pensato a tutto”.
Il movimento civico “Ne davimo Beograd” [Non affondiamo Belgrado] ha invitato Vučić a comportarsi in modo responsabile, a rispettare le regole stabilite dalle autorità sanitarie e a non recarsi agli eventi pubblici. Nel frattempo, l’AIPAC ha reso noto, in un post pubblicato su Twitter, di aver consultato gli esperti, che consigliano a “tutti quelli che hanno partecipato alla conferenza di seguire il protocollo” e di contattare il proprio medico nel caso in cui dovessero sentirsi male. Come riportato dal quotidiano Jerusalem Post, il portavoce del ministero della Sanità israeliano ha dichiarato che tutti i cittadini israeliani che hanno partecipato alla conferenza dell’AIPAC devono immediatamente sottoporsi all’isolamento domiciliare.
Le autorità sanitarie serbe ad oggi non hanno intrapreso alcuna misura nei confronti del presidente Vučić e di altri membri della delegazione serba presente alla conferenza di Washington, ed è improbabile che lo facciano, visto che Vučić – come emerge dalla sua risposta al giornalista della tv N1 – considera persino le semplici domande su questo argomento come una provocazione politica. È possibile, ovviamente, che Vučić si sia già sottoposto al test per il coronavirus e che ora stia cercando di sfruttare le sue apparizioni in pubblico per dimostrare di essere in grado di portare avanti la sua agenda politica e che nemmeno una minaccia alla salute globale, come il coronavirus, può ostacolarlo nel perseguimento dei suoi obiettivi. Resta tuttavia l’impressione che Vučić consideri il coronavirus come una sorta di ostacolo che potrebbe mettere a repentaglio i piani della coalizione di governo.
Appena rientrato dagli Stati Uniti, Vučić ha indetto le elezioni politiche per il prossimo 26 aprile ed è ovvio che non vuole che qualcosa gli impedisca di partecipare alla campagna elettorale. In Serbia, come annunciato dal governo, non ci sarà alcun divieto di manifestazioni pubbliche a causa della diffusione del coronavirus, dal momento che la Serbia "non è il focolaio [dell’epidemia], a differenza dell’Italia dove in questi giorni sono state introdotte diverse misure per contenere il contagio". Vučić ritiene che la coalizione di governo non stia cercando di relativizzare il pericolo del coronavirus e che abbia intrapreso tutte le misure necessarie per limitare la diffusione del contagio. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità non fa che complimentarsi con la Serbia. La democrazia non può essere rinviata, a meno che non scoppi una grande epidemia”, ha dichiarato Vučić.
Divieti
In Serbia finora sono stati registrati quattro casi di contagio da coronavirus. Alcuni analisti ed esponenti dell’opposizione hanno affermato che sarebbe opportuno adottare alcune misure, come il divieto di grandi manifestazioni pubbliche, ed eventualmente posticipare le elezioni politiche a causa della diffusione del coronavirus. Il gruppo dell’Alleanza per la Serbia (SZS, la più grande coalizione dei partiti di opposizione) nel consiglio comunale di Belgrado ha chiesto che il livello di allerta nella capitale venga alzato al massimo e che tutte le manifestazioni pubbliche in spazi chiusi vengano rinviate. “A Belgrado non è stato fatto nulla per preparasi all’arrivo del virus. Perché l’Unità operativa per situazioni d’emergenza non si è ancora riunita? Chiediamo che l’Unità sia permanentemente operativa e che venga garantita la piena trasparenza”, ha dichiarato il capogruppo dell’Alleanza per la Serbia Nikola Jovanović.
Quindi, la reazione dell’opposizione per ora è limitata alla presa di posizione di alcuni consiglieri comunali di Belgrado che, come atteso, hanno criticato la maggioranza, accusandola di non aver intrapreso misure adeguate. Non si può pertanto parlare di forti e sistematiche pressioni sul governo affinché preveda limitazioni per eventi pubblici e rinvii le elezioni. È chiaro quindi che la reazione di Vučić alla comparsa del coronavirus in Serbia non è motivata tanto dalla convinzione che l’opposizione, ormai da anni debole e disorganizzata, possa sfruttare la minaccia di un’epidemia per raggiungere i propri scopi politici, quanto piuttosto dal timore che la diffusione del coronavirus possa far slittare le elezioni parlamentari, che per Vučić rivestono grande importanza.
Così il tema del coronavirus, come tante altre questioni importanti per la vita e la salute dei cittadini, è diventato, in un tempo record, motivo di litigi politici. La leadership al potere sta alimentando la polemica per distogliere l’attenzione dal fatto che non è in grado di spiegare in modo dettagliato le misure che intende intraprendere e di dissipare in tal modo i timori dei cittadini, mentre l’opposizione sta approfittando dell’epidemia per criticare il governo. Purtroppo, non vi è alcun indizio che il governo e l’opposizione possano separare la questione del coronavirus – che rappresenta una potenziale minaccia alla salute pubblica – dalla politica, unire le forze e agire nell’interesse pubblico.
Intanto, le autorità e gli esperti sanitari hanno invitato i cittadini ad assumere un atteggiamento moderato e ad evitare il panico, affermando che sono state intraprese tutte le misure necessarie. Tuttavia, tali rassicurazioni non sembrano molto convincenti, dal momento che nelle farmacie non si trovano più nemmeno le mascherine chirurgiche. Il governo ha fatto sapere che gli ospedali sono dotati di tutte le attrezzature necessarie e che sono preparati ad affrontare un’eventuale epidemia, senza però precisare di quanti respiratori e altre attrezzature siano dotati gli ospedali né quale sia la situazione per quanto riguarda le scorte di farmaci e di altri prodotti sanitari. Invece di fornire spiegazioni chiare ai cittadini, il governo insiste sulle presunte “intenzioni malevole” dell’opposizione, dei media indipendenti e di tutti quelli che pongono domande in merito al coronavirus ed esigono risposte.
Media
Invece di rispondere alla domanda del giornalista della tv N1 sulle misure intraprese dopo il ritorno dagli Stati Uniti, il presidente Vučić ha attaccato, per l’ennesima volta, l’emittente N1 a causa di un documentario intitolato “Vladalac” mandato in onda una quindicina di giorni fa. Il film raccoglie le frasi tratte da numerosi discorsi e dichiarazioni pronunciate da Vučić nel corso degli ultimi vent’anni. “Farò del mio meglio per seguire il consiglio di N1 [riguardo alla necessità di sottoporsi al test per il coronavirus], ma ad una condizione: mandate in onda il film “Vladalac ” ancora due volte […] e io vado subito a fare il test. […] Se dovessi risultare negativo, dovrete lasciarmi condurre la campagna fino al 26, se possibile senza inventarvi che mi ha colpito un meteorite, o cose del genere, visto che questo è il vostro scopo”, ha dichiarato Vučić.
Quindi, oltre ad aver commentato con cinismo il contenuto di un documentario che non gli è piaciuto, il capo dello stato ha accusato, senza alcun fondamento, uno dei pochi media serbi che osano criticare il governo di voler pubblicare la notizia che lui è stato “colpito da un meteorite”. Ormai da due settimane gli esponenti della coalizione di governo e i media filogovernativi parlano continuamente del film “Vladalac”, affermando che si tratta dell’”attacco più brutale” mai fatto al capo dello stato. Oltre alle frasi tratte dai discorsi di Vučić, il film contiene anche vari commenti, perlopiù negativi, espressi da alcuni oppositori del governo sulle affermazioni di Vučić. Il presidente, così come altri esponenti della leadership al potere, non ha voluto commentare le frasi tratte dai suoi discorsi, limitandosi ad affermare che sono state “estrapolate dal contesto”.
L’élite al potere insiste sul fatto che il film non dà spazio alle opinioni della coalizione di governo e che si tratta di mera propaganda. Sono critiche che vale la pensa considerare seriamente. Resta tuttavia il fatto che Vučić più volte alla settimana è ospite di emittenti a copertura nazionale, dove parla a volte per un’ora e mezza, muovendo dure accuse agli esponenti dell’opposizione, accusandoli di essere ladri e di aver derubato il paese. I leader dell’opposizione per contro invitano da anni le autorità competenti a procedere nei loro confronti se si ritiene effettivamente che sono stati commessi degli illeciti. Resta il fatto che non viene data loro alcuna occasione per apparire sulle emittenti a copertura nazionale e difendere le proprie posizioni.
In parole povere, Vučić e i suoi collaboratori pretendono di potere replicare, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, a ogni affermazione che dà loro fastidio, ma negano agli esponenti dell’opposizione la possibilità di fare lo stesso. Tale comportamento dell’élite al potere sta provocando un ulteriore aumento di tensione nella società serba e il dialogo sociale viene ridotto alla campagna elettorale.
Sembra che nemmeno una minaccia alla salute pubblica, come il coronavirus, possa spingere i principali attori sulla scena politica serba a tralasciare i loro scontri e la lotta per il potere e a mettere in primo piano i bisogni dei cittadini. In tale clima politico, le imminenti elezioni parlamentari non potranno innescare alcun vero cambiamento, nemmeno se una parte dell’opposizione dovesse decidere di parteciparvi.