La data è ormai certa. In Serbia le elezioni generali si terranno il prossimo 21 gennaio. I partiti si preparano alla campagna elettorale e si inizia a speculare sulle possibili coalizioni di governo. Il resoconto della nostra corrispondente
Subito dopo la promulgazione della legge costituzionale, e dopo le (stra)lunghe e faticose consultazioni dei partiti, il presidente della Serbia Boris Tadic ha indetto le elezioni politiche per il 21 gennaio 2007. Gli scandalosi battibecchi sulla data delle elezioni durati vari giorni hanno confermato che i partiti politici serbi mettono i loro interessi di partito al di sopra di qualsiasi cosa, comprese anche le più importanti questioni statali.
Allo stesso tempo, è stato tolto anche l'altro dubbio, dal momento che le elezioni presidenziali si terranno solo dopo che il nuovo parlamento avrà adottato una serie di leggi, sul quale aveva insistito più di tutti il Partito radicale serbo, e la data a cui si fa riferimento è il 31 maggio del prossimo anno.
La domanda delle domande di questi giorni, almeno quando si tratta delle elezioni, verte su chi è uscito vincente e chi perdente dalle consultazioni. Al secondo posto c'è la domanda sulle future coalizioni, e poi sulla composizione del nuovo governo. Tra l'opinione pubblica si fa un gran speculare sulle soluzioni dei quadri, dal momento che quasi tutte le poltrone ministeriali sono già state divise, nonostante manchino ancora due mesi alle elezioni.
Nella nuova tornata elettorale solo tre partiti supereranno senza timore la soglia di sbarramento 5%, ndt., e si tratta del DS (Partito democratico), DSS (Partito democratico della Serbia) e SRS (Partito radicale serbo), mentre gli altri partiti dovranno fare un grande sforzo per poter raggiungere i banchi del parlamento.
La posizione di partenza del DS sembra la più interessante, ma gli analisti dibattono per capire se il DS è uscito perdente dalle consultazioni. Mentre gli uni ritengono che i democratici di Tadic siano rimasti privi di tutto ciò che avevano chiesto, gli altri credono che la loro prontezza al compromesso venga riconosciuta come una strategia per dar forma allo stato e oltrepassare gli interessi particolari, grazie alla quale aumentano le loro possibilità alle elezioni parlamentari.
Per ricordare, il DS aveva chiesto di tenere le elezioni politiche e quelle presidenziali contemporanemente entro la fine dell'anno (dicembre), e Tadic già prima che i candidati alla presidenza si dichiaressero aveva sventolato le sue eventuali dimissioni, col che la Serbia sarebbe rimasta senza presidente. Il risultato delle consultazioni indica che il potenziale di negoziazione del DS in questo momento è inferiore a quello dell'SRS, che è riuscito a imporre la propria posizione riguardo le elezioni parlamentari e quelle presidenziali.
Il DSS di Vojislav Kostunica, ancora una volta, si è mantenuto senza una chiara posizione. Secondo la maggior parte degli esperti locali, il premier rimane fenomenologicamente interessante, per il fatto che con un incredibile intreccio di circostanze riesce a tirarsi fuori da numerose situazioni spiacevoli. Kostunica, però, entra nella fase elettorale con una importante vittoria. A dispetto della sconfitta della sua politica verso il Montenegro, l'insufficiente collaborazione con il Tribunale dell'Aja, l'interruzione dei negoziati sull'associazione della Serbia all'Unione europea, Kostunica ha donato alla Serbia la costituzione. Inoltre, il governo di minoranza formatosi dopo le elezioni del 2003 rimane stabile nonostante la scorsa settimana il partito G17 abbia finalmente ritirato i propri ministri, e al loro posto al governo siedono dei coordinatori.
Dall'altra parte i radicali possono essere soddisfatti di quanto raggiunto. La data delle elezioni politiche si differenzia di poco da quella da loro proposta (4 febbraio), e la vittoria maggiore la vedono nel fatto di essere riusciti a far passare la separazione delle elezioni parlamentari da quelle presidenziali. I radicali sono consapevoli che a dicembre o a gennaio Tadic sicuramente batterebbe il loro candidato, e credono che la situazione cambierà a loro favore dopo la soluzione dello status del Kosovo. Questo partito, così come la maggioranza in Serbia, anticipa una soluzione negativa per la Serbia, e per i radicali questo sarà il punto di forza e al momento l'unica cosa in grado di distruggere il consenso di cui Tadic tuttora gode.
Anche il Partito socialista può ritenersi soddisfatto, perché a loro non andava che le elezioni parlamentari si tenessero prima che il congresso, fissato per l'inizio di dicembre, faccia pulizia tra le file del partito e prima che decidano finalmente se continuare sulla scia di Milosevic o fare un'inversione di marcia, cioè finché le due correnti in conflitto non andranno al duello. All'SPS valutano che dopo il congresso gli servirà un po' di tempo per consolidarsi e per avviare la campagna elettorale.
Il G17, insieme al DS, era d'accordo col tenere le elezioni contemporaneamente presidenziali e politiche a dicembre, soprattutto tenendo presente che il loro rating è basso e il rinvio delle elezioni porta con sé dei problemi e una minore visibilità rispetto agli elettori. Per l'LDP (Partito liberal democratico) e i partiti dello stesso blocco, la data delle elezioni non ha rappresentato un dettaglio importante, dal momento che loro hanno iniziato la campagna elettorale già alcuni mesi fa.
Ad ogni modo, almeno dichiaratamente sono tutti soddisfatti della soluzione di tenere le elezioni a gennaio. Il DS afferma che la cosa più importante è l'interesse dei cittadini della Serbia, e perciò hanno fatto un compromesso, mentre il DSS, concordano gli analisti, col suo comportamento ha inviato il segnale che indica la sua inclinazione a collaborare col blocco democratico.
In attesa dell'avvio della tornata elettorale, i partiti politici preparano la formazione delle coalizioni. Anche questa volta l'SRS e l'SPS si presentano autonomamente alle elezioni. Il DSS e Nova Srbija formano la struttura del cosiddetto blocco popolare nel quale ci sono pure la Serbia unita e il SDPO. Il G17 correrà da solo alle elezioni, mentre la decisione del SPO (Movimento per il rinnovamento serbo) è attesa dopo il 26 novembre. Il DS la scorsa settimana ha reso noto che sulla sua lista figurerà anche l'SDP di Rasim Ljajic che parteciperà con otto candidati, mentre al parlamento avrà come minimo tre posti garantiti.
Allo stesso tempo, il DS è per il momento l'unico partito ad avere pubblicato la propria lista elettorale. Questo partito parteciperà alle elezioni col nome Partito democratico - Boris Tadic, sotto lo slogan "Per una vita migliore", e la capolista è Ruzica Djindjic. Segue Dragoljub Micunovic, Dusan Petrovic, Dragan Sutanovac, Vida Ognjenovic. Un terzo dei candidati è composto da donne, ed è stata accolta anche la presenza dei rappresentanti delle minoranze.
LDP, LSV, GSS e SDU con una scesa in campo comune tentano di oltrepassare lo sbarramento, mentre il quasi dimenticato PSS (Movimento forza Serbia) di Bogoljub Karic molto probabilmente formerà una coalizione con il SDP (Partito socialdemocratico) di Nebojsa Covic.
I partiti delle minoranze per il momento non si esprimono, anche se tutto lascia pensare che la maggior parte di loro andrà alle elezioni autonomamente. Ciò si riferisce soprattutto alle cosiddette grandi minoranze: ungheresi, bosgnacchi e rom. Mentre i rappresentanti delle altre minoranze hanno posizioni differenti. Riza Salimi, presidente del Partito per l'attività democratica, Josip Pekanovic, presidente del Consiglio nazionale croato, così come i rappresentanti dei Gorani hanno richiesto con dichiarazioni separate di avere dei posti garantiti al parlamento.
Dal momento che le elezioni sono già state indette, è difficile attendersi una modifica della legge adottata nel 2004 che prevede una soglia naturale per le minoranze nazionali, della quale era soddisfatta la maggioranza dei partiti delle minoranze.
Lo scatenarsi della campagna elettorale è atteso già dalla metà di dicembre, sicché l'opinione pubblica potrà godere ancora di alcune settimane tranquille durante le quali sarà risparmiata dai giochi sporchi e dalle campagne negative, che, come sembra, saranno le armi preferite dalla maggior parte dei partiti.