Il turismo venatorio nella ex-Jugoslavia da parte di cacciatori in gran parte italiani è una pratica che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni. E la deregolamentazione in cui sono piombati molti paesi Balcanici certo non ha contribuito a limitarla.
Il Ministero degli Interni della Serbia ha reso noto che sono iniziati dei procedimenti giudiziari a carico di due agenzie turistiche, la "Erik Mir" e la "Lubeja" specializzate nell'organizzare vacanze venatorie in Serbia durante le quali, secondo l'accusa, verrebbero cacciate specie protette. La maggior parte dei "turisti-cacciatori" sarebbero di nazionalità italiana.
"Sono quasi 20 anni che dall'estero ci si trasferisce in Jugoslavia prima, in Serbia poi, per cacciare specie protette" ha affermato Zoran Djokic, del Ministero degli Interni. Quest'ultimo ha poi rivelato che sono state individuate anche 301 persone fortemente sospettate di aver preso parte alle battute di caccia illegali. "La maggior parte di loro sono turisti italiani. I loro nomi e le loro generalità siamo riusciti a ricavarli grazie ai recenti sequestri di uccellagione congelata che veniva illegalmente trasportata all'estero. Su ogni scatola sequestrata vi era il nome e l'indirizzo del cacciatore che l'aveva cacciata, in modo potesse essergli consegnata una volta arrivata in Italia".
Djokic ha inoltre tenuto a precisare che il Ministero degli Interni è intensamente coinvolto nella lotta a quella che ha definito "eco-mafia" ed "eco-criminalità".
Sinisa Mitrovic, rappresentante di un'associazione ecologista serba che molto si è impegnata contro la caccia di frodo, ha affermato che il commercio di specie protette di uccelli è un problema che riguarda l'intera Europa proprio perché va ad intaccare l'equilibrio della fauna del nostro continente.
Mitrovic ha inoltre ricordato come a questa conclusione si fosse arrivati anche in un recente incontro tra delegazioni parlamentari tenutosi in Ungheria. "L'Eco-criminalità si sconfigge solo cooperando e concentrando le forze", ha poi aggiunto.
Il responsabile per l'ispezione sulle attività venatorie del Ministero dell'Agricoltura, Aleksandar Ceranic, ha ricordato come uno dei problemi maggiori che si prospetta di fronte a questi femomeni è la mancanza di una appropriata definizione giuridica di "turismo venatorio". Ci sono attualmente più di un centinaio di agenzie turistiche che si occupano in Serbia di questo tipologia particolare di turismo ed è molto difficile monitorarne l'attività. Puntualizzazione condivisa anche da Srdja Popovic, consulente del primo ministro Zoran Djindjic, che ha ricordato come nella legislazione serba su queste questioni vi siano troppe omissioni (Danas (Hronika), 18.04.02, Politika, 18.04.02).