Messa in ombra dal Kosovo, l'autonomia della Vojvodina continua ad essere discussa, soprattutto in vista del secondo turno delle regionali. Novi Sad, intanto, saluta Maja Gojkovic che, dopo aver portato i radicali al governo, ha rotto col partito. Seconda puntata del nostro reportage
L'11 maggio, assieme alle elezioni parlamentari si è tenuto anche il primo turno di quelle per il parlamento regionale della Provincia Autonoma di Vojvodina (Autonomna Pokrajina Vojvodina).
Dal 2004, queste si tengono con un complicato sistema a due turni. Nel primo, la metà dei rappresentanti (60) viene scelta col sistema proporzionale, nel secondo l'altra metà viene invece eletta in 60 circoscrizioni con sistema maggioritario, una sorta di ballottaggio tra i due candidati che, in ogni circoscrizione, hanno raccolto il maggior numero di voti alla prima tornata.
Al primo turno, la coalizione "Per una Vojvodina europea" ha ottenuto 23 seggi. "Insieme per la Vojvodina", coalizione guidata dalla Lega dei Socialdemocratici della Vojvodina (Lsv) di Nenad Canak, che a livello regionale ha deciso di presentarsi separatamente dai democratici, ne ha avuto cinque, lo stesso numero ottenuto dalla "Coalizione Ungherese", che rappresenta la più numerosa delle tante comunità etniche presenti in Vojvodina.
Nel campo dei partiti "nazionali", i radicali hanno avuto 20 seggi, i socialisti tre, il partito di Kostunica quattro. Ora le tre formazioni si presenteranno unite al secondo turno, riproponendo a livello regionale la "lista unica", per tentare di rovesciare il pronostico che vuole una vittoria piuttosto agevole delle forze pro-europeiste, che rischiano di fare cappotto.
Milos Gagic, presidente del comitato esecutivo del Partito Democratico in Vojvodina, è impegnato anima e corpo per la campagna del secondo turno, prevista per il 25 maggio. Parlare con lui non è facile, ad una riunione ne segue subito un'altra, e quando infine riusciamo a sedere allo stesso tavolo, siamo spesso interrotti da persone diverse, che chiedono aiuto, consiglio, o aspettano indicazioni.
"Queste elezioni, per noi, rappresentano un risultato storico, di grande importanza". Gagic non usa mezzi termini. "Oltre ai candidati già eletti, la coalizione guidata dai Ds ha 51 candidati presenti al secondo turno. Di questi, 27 partono in prima posizione, avendo ricevuto la maggior parte dei consensi al primo turno. 24 sono invece secondi". Per i democratici, e per i loro alleati, non sembra impossibile poter puntare alla maggioranza assoluta al parlamento regionale di Novi Sad.
A spiegare il successo, secondo Gagic, concorrono vari fattori, da una parte lo spirito pro-europeo della Vojvodina, che "vuole essere la locomotiva che può trainare il paese verso l'Ue", dall'altra la capacità di riportare risorse nella regione. "Abbiamo fatto in modo che la Vojvodina possa gestire il 7% dell'intero budget statale", dice.
Su questo punto, però, i tradizionali alleati dell'Lsv sembrano tutt'altro che soddisfatti. "E' vero, alla Vojvodina è stato riservato il 7% del budget", replica Aleksandra Jerkov, giovanissima deputato della formazione politica autonomista, "ma la regione rappresenta il 30% del territorio e il 27% della popolazione, oltre a contribuire per una proporzione che va dal 35 al 50% dell'economia nazionale."
"Questo 7%", precisa ancora la Jerkov, "comprende i fondi con cui vengono pagati pensioni, stipendi nel settore della sanità, della scuola, il personale militare ecc. Sotto il controllo del governo regionale, alla fine non rimangono che 45 miliardi di dinari".
Più che una guerra di cifre, alla base del dissenso sembra esserci un'idea diversa del grado di autonomia sostanziale da garantire alla provincia, ma anche l'equilibrio su cui costruire i rapporti tra Belgrado e Novi Sad.
Secondo molti, da queste parti, oggi questo è fortemente squilibrato, e tutto a vantaggio della capitale, e non solo nel settore della politica.
"In Vojvodina il settore dell'informazione è dominato dai media di Belgrado", sostiene Nedim Sejdinovic, giornalista che ha a lungo collaborato col settimanale belgradese "Vreme" e col quotidiano locale "Gradjanski List". "Molti dei giornali più letti a livello nazionale, come 'Blic', escono in Vojvodina con una pagina dedicata alla questioni locali, e sopravanzano nettamente nelle vendite i due quotidiani di Novi Sad, il 'Dnevnik' (12mila copie stampate) e il 'Gradanski List'(6-7 mila)".
"Anche se esiste un servizio televisivo pubblico locale, la RTV (Radio e Televisione della Vojvodina)", prosegue ancora Sejdinovic, "i suoi programmi sono poco visti e di bassa qualità. Il paradosso è che il servizio televisivo della Vojvodina trasmette forse più servizi sul Kosovo che sulla Vojvodina stessa."
La situazione nell'informazione, secondo il giornalista, non è però che lo specchio della struttura centralizzata dello stato serbo. "Il potere economico è a Belgrado, e non c'è alcuna intenzione di permettere la nascita di una massa critica alternativa in Vojvodina", conclude.
Ad interpretare il risentimento verso la presunta "voracità" di Belgrado è soprattutto l'Lsv che, tanto per essere chiari, in campagna elettorale ha utilizzato, tra gli altri, lo slogan "Vojvodina nije krava muzara" ("la Vojvodina non è una vacca da mungere").
La polemica centro-periferia ha raggiunto il suo apice soprattutto in due casi divenuti simbolo: la problematica concessione dell'autostrada Horgos-Pozega, e la vendita ai russi della Nis (Naftna Industrija Srbije), con sede a Novi Sad, nell'ambito dell'accordo energetico con il gigante Gazprom.
"La NIS è stata creata accorpando varie aziende, tra cui le maggiori sono la Nafta Gas e la Azotate Pancevo, ditte della Vojvodina.", accusa la Jerkov. "Il prezzo per cui viene ceduta, 400 milioni di euro, è semplicemente ridicolo, se si pensa che soltanto il palazzo della sede è stato stimato sui 300 milioni. Possiamo dire che viene firmato un accordo politico con la Russia utilizzando le risorse economiche della Vojvodina, e senza nemmeno degnarsi di interpellare i suoi rappresentanti".
Se l'Lsv chiede una profonda riorganizzazione dell'intera struttura statale, basata su unità regionali, e dai democratici si sente parlare, con sfumature più prudenti "di implementare un progetto di decentralizzazione che non riguardi solo la Vojvodina, ma tutto il paese", la posizione dei radicali sembra essere agli antipodi.
"Sul grado di autonomia della Vojvodina", mi dice Milorad Mircic, vice presidente del radicali e "uomo forte" del partito in Vojvodina, "tutto quanto è scritto nella costituzione. Noi non ci distanziamo da quello che è scritto lì, anche se questa è frutto di un compromesso, e forse non è l'ideale".
L'impressione, è che il leader radicale resti piuttosto vago sull'argomento. In campagna elettorale, sostiene, "non abbiamo concentrato più di tanto l'attenzione sulla Vojvodina, perché al momento la priorità per il paese è il Kosovo".
Per Mircic l'identità stessa della Vojvodina non è basata su fattori storici e politici, ma è semplicemente un riflesso della presenza di minoranze etniche sul suo territorio. Minoranze, che, sostiene, "vengono manipolate per ricreare, in sostanza, l'impero austro-ungarico, sotto il nome moderno di Unione Europea".
All'ombra della fortezza di Petrovaradin, il nemico evocato non è il turco della battaglia di Kosovo Polje, ma l'altro nemico storico dell'indipendenza serba, l'impero di Vienna andato a pezzi, in fondo, appena novant'anni fa.
Municipali a Novi Sad, ascesa e caduta di "nasa Maja"
Oltre alle parlamentari e alle regionali, l'11 maggio, in Vojvodina, così nel resto della Serbia, si sono svolte anche le elezioni amministrative. A Novi Sad queste hanno assunto un particolare valore simbolico dopo che, quattro anni fa, i radicali erano riusciti a vincere in quella che era sempre stata considerata una "roccaforte democratica", soprattutto grazie al loro candidato a sindaco, Maja Gojkovic.
Il segreto della vittoria Gojkovic nel 2004, una vittoria di misura, giocata su 5-600 voti, secondo alcuni analisti, si è basato soprattutto sulla sua capacità di presentarsi come una radicale "di città", moderata e di cultura urbana, "nasa Maja", la "nostra Maja", figlia di figure note e conosciuta da tutti in città, a cui va aggiunto lo scarso appeal del suo avversario democratico di allora.
Dopo la vittoria, però, il rapporto tra la Gojkovic e il suo partito si è incrinato rapidamente, fino a spezzarsi definitivamente all'inizio di quest'anno quando, dopo aver dichiarato di considerare la possibilità di candidarsi alle presidenziali di febbraio, in quella che è stata interpretata come una possibile alternativa politica a Tomislav Nikolic, attuale leader del partito, si è tirata fuori dalle strutture dei radicali.
Sui motivi reali che hanno portato al divorzio politico, però, nessuna delle due parti in causa ha voluto dare eccessiva pubblicità. A portare allo scontro, secondo alcuni, sarebbe stata soprattutto la gestione economica di Novi Sad, anche se nella sede dei radicali si fa soprattutto riferimento ad una "deriva personalistica", che sarebbe stata presa dal sindaco.
"La Gojkovic, pur essendo sindaco, ha svolto un ruolo soprattutto simbolico, mentre i radicali hanno gestito la città, con sistemi spesso familistici e corrotti", è l'opinione di Nedim Sejdinovic. "La Gojkovic ha iniziato ad allontanarsi quando ha capito che questa gestione l'avrebbe danneggiata. Lo scontro, prima sotterraneo, è poi venuto alla luce con l'affare della nuova stazione degli autobus, costruita da un privato con chiari intenti speculativi, e oggi quasi inutilizzata".
A queste elezioni il sindaco ha deciso di presentarsi con una sua lista civica "Iniziativa civile Maja Gojkovic", con la quale è riuscita a conquistare un significativo 7,5%.
Il futuro politico della sua formazione ancora è poco chiaro. Durante la campagna elettorale la Gojkovic ha mostrato non pochi segnali di avvicinamento al blocco pro-europeista, e nei corridoi della politica cittadina era girata voce che, in caso di necessità, si sarebbe anche potuti arrivare ad un inaspettato accordo di coalizione.
La spaccatura nel partito radicale, però, ha avvantaggiato a tal punto il blocco pro-europeista, che questo dovrebbe riuscire a formare un'ampia maggioranza nel consiglio comunale senza troppi problemi.
Vista la maggioranza democratica in consiglio, l'opzione di un accordo con la Gojkovic, se mai esistita, è però tramontata. Ora, l'ormai ex sindaco può scegliere due strade, quella dell'opposizione dura o, più probabilmente, quella dell'"opposizione costruttiva", che lascia aperti canali di comunicazione politica con la futura amministrazione.
"I radicali, in questi anni al governo, non hanno fatto nulla di serio per rispondere ai problemi della città", mi racconta al margine della festa per ringraziare gli attivisti per il lavoro fatto in campagna elettorale Boris Bajraktarovic, professione ingegnere, segretario della sezione cittadina del G17+, che anche qui si è presentato in coalizione con il Partito Democratico.
"Novi Sad in questi anni è diventata sempre più grande e sempre più costosa, tanto da scoraggiare gli investimenti produttivi, che puntano ai centri minori della Vojvodina, dove i prezzi di terreni e immobili sono più accessibili. Oggi, con l'arrivo di moltissime catene di distribuzione, Novi Sad diventa sempre più un luogo di consumo, e sempre meno di produzione di ricchezza".
Sui problemi che la prossima amministrazione, di cui si prepara a prendere parte, dovrà affrontare subito, Bajraktarovic mette al primo posto quello della viabilità cittadina, "oggi abbiamo solo due ponti sul Danubio, dopo i bombardamenti della Nato del 1999", e la ristrutturazione dei servizi pubblici. "Al momento esistono ben 16 società pubbliche cittadine, che sono lo strumento attraverso cui vengono tenuti in piedi gli schemi di corruzione. Queste dovrebbero essere trasformate al più presto in direzioni e riorganizzate".
Prima di lasciarlo alla sua festa, chiedo a Bajraktarovic se si aspettava questo risultato elettorale. "Non sono affatto sorpreso. Novi Sad non ha mai smesso di essere una città dal cuore democratico, e lo ha dimostrato alla prima occasione".