Concluso il ballottaggio per le presidenziali serbe. Secondo i dati preliminari i cittadini della Serbia hanno rieletto il capo di stato uscente, Boris Tadic, che ha vinto di misura contro il candidato del Partito radicale serbo Tomislav Nikolic. La cronaca del nostro inviato
La Serbia ha scelto ancora una volta, come suo presidente, il democratico Boris Tadic. Un ballottaggio conteso fino alla fine, una vittoria di misura, poco più di centomila voti, ma allo stesso tempo particolarmente significativa per le condizioni nelle quali è maturata, ed anche per il modo con cui è stata salutata da vincitori e vinti.
Sui risultati pesavano varie questioni interne ed internazionali: il destino del Kosovo, i cui leader hanno dichiarato ripetutamente di voler dichiarare l'indipendenza nelle prossime settimane, la scelta di campo tra Unione Europea e Russia, ma anche la decisione del premier Kostunica, principale alleato di governo dei democratici, di non appoggiare esplicitamente Tadic al ballottaggio.
Per Tadic, la sicurezza della vittoria, dopo una campagna elettorale considerata in bilico fino alla fine, è arrivata ieri sera intorno alle 22, quando il CESID (Centro per le Elezioni Libere e la Democrazia), ha annuciato che l'attuale presidente aveva ricevuto il 50,5% delle preferenze, mentre il suo avversario, il radicale Tomislav Nikolic, si era fermato al 47,9% (i voti mancanti sono rappresentati dalle schede bianche o nulle).
In termini di voti, Tadic ha ricevuto circa 2.300.000 voti, Nikolic 2.180.000, in una tornata elettorale che ha segnato l'affluenza record del 67,7%, circa sei punti percentuali in più rispetto al primo turno.
Tadic ha vinto soprattutto in Vojvodina e a Belgrado, Nikolic ha ottenuto la maggioranza dei voti a Nis, a Kragujevac e in buona parte della Serbia centrale. Discorso a parte per il Kosovo: nelle tre municipalità a nord del fiume Ibar, Mitrovica, Zubin Potok e Leposavic, Nikolic ha raccolto quasi il 75% delle preferenze.
Subito dopo la diffusione di questi dati, ancora non definitivi, ma calcolati su una base statistica abbastanza alta da poter essere considerati tali, è iniziata una notte completamente diversa nelle sedi dei due grandi contendenti.
In via Krunska, sede del Partito Democratico, è subito iniziata la festa. In un'atmosfera piena di entusiasmo, gli attivisti e i quadri del partito, che traboccavano nella strada antistante la sede, hanno atteso l'arrivo del rieletto presidente accompagnati dal ritmo balcanico di una banda di "trubaci".
Una volta arrivato, Tadic ha voluto ringraziare tutti coloro che lo hanno appoggiato nella campagna. "Tutti i cittadini, in queste elezioni, portate a termine senza alcun incidente, hanno dimostrato che la Serbia è una grande democrazia europea. Questa è una vittoria per tutti", ha dichiarato Tadic ai propri sostenitori.
Al tempo stesso, il vincitore ha voluto tendere una mano allo sconfitto."Voglio discutere seriamente con Tomislav Nikolic, visto il grande numero di elettori che oggi hanno appoggiato la sua posizione politica. E' molto importante che, dopo queste elezioni, la Serbia torni di nuovo ad essere unita, per migliorare le condizioni di vita nel nostro paese".
La festa dei democratici si è poi spostata a Terazije, nel centro di Belgrado, dove Tadic ha parlato di nuovo davanti a circa un migliaio di persone, che sventolavano bandiere serbe e del partito democratico insieme al blu stellato dell'Unione Europea.
Nel frattempo, dall'altra parte della Sava, a Zemun, nella sede dei radicali si affrontava l'ennesima sconfitta politica di Tomislav Nikolic, che mai come questa volta era sembrato vicino a ribaltare la sconfitta patita nel ballottaggio presidenziale del 2004, ancora una volta nello scontro con Boris Tadic.
Lo stesso Nikolic ha riconosciuto in fretta la propria sconfitta, facendo le congratulazioni al vincitore.
La vittoria di Tadic, seppur di misura, ha un forte significato simbolico, sia sul piano interno che su quello internazionale.
Queste elezioni erano state presentate, da entrambe le parti, come qualcosa di più che la scelta di un presidente, ma come un vero e proprio referendum in grado di segnare la direzione che la Serbia deve prendere nel suo futuro.
Tadic ha insistito sulla scelta europea opposta al ritorno all'isolazionismo degli anni '90, Nikolic sul cambiamento politico e sulla giustizia sociale. Gli elettori di entrambi gli schieramenti, al di là delle diverse interpretazioni, sembrano aver recepito l'idea di referendum, di scelta fondamentale, di bivio per il paese, e sono andati a votare.
Da qui un'affluenza davvero eccezionale per la Serbia, che ha sfiorato il 70% e che dà un peso particolare ed importante a queste consultazioni.
Il segnale è forte anche e soprattutto nei confronti dell'Unione europea, che durante la campagna elettorale ha inviato il chiaro segnale di preferire il candidato democratico, ma ha rifiutato di sottoscrivere l'Accordo di associazione e stabilizzazione, proponendo invece un "accordo politico", più limitato che, in seguito alla vittoria di Tadic, dovrebbe essere sottoscritto il prossimo 7 febbraio.
La vittoria di Tadic acquista maggiore significato anche considerato il fatto che è stata ottenuta senza l'appoggio del principale partner di governo del Partito democratico, il Partito democratico della Serbia (DSS) del premier Vojislav Kostunica, che ha deciso di rimanere in disparte dando libertà di voto ai propri sostenitori.
Il mancato appoggio di Kostunica (anche se nel pomeriggio di ieri, girava voce a Belgrado, che le strutture dei DSS avrebbero ricevuto la disposizione di recarsi a votare per Tadic), avrà sicuramente un impatto sui rapporti all'interno della coalizione di governo.
Nella serata di ieri, l'ex ministro degli Esteri, Goran Svilanovic, si è spinto a dichiarare che i risultati elettorali dovrebbero portare a nuove elezioni. "Se il primo ministro Kostunica vuole il bene della Serbia, dovrebbe presentare immediatamente le dimissioni", ha dichiarato lo stesso Svilanovic durante la tavola rotonda organizzata dal CESID.
Anche se la posizione di Svilanovic è la più estrema a questo riguardo, sembra improbabile che le scelte politiche di Kostunica siano indolori per il governo oggi al potere a Belgrado.
Su queste elezioni pesava naturalmente, anche la questione del Kosovo. Da Pristina, nelle settimane scorse, si è più volte parlato di una dichiarazione di indipendenza nei prossimi giorni o al limite nelle prossime settimane.
La vittoria di Tadic, che ha ribadito in campagna elettorale l'inaccettabilità di una dichiarazione di indipendenza unilaterale da parte degli albanesi kosovari, non risolve la complicata situazione sul futuro del Kosovo.
Gli elettori serbi però, seppur divisi, sembrano maggiormente propensi a credere alla sua linea di pensiero: il Kosovo può essere difeso più facilmente con la Serbia nell'Unione europea, piuttosto che contro di essa.