Tibor Sekelj (foto di I. Špoljarec - CC BY-SA 3.0)

Tibor Sekelj (foto di I. Špoljarec - CC BY-SA 3.0)

Quest’anno ricorrono i trent’anni dalla scomparsa di Tibor Sekelj (1912-1988), scrittore, giornalista, etnologo ed esperantista jugoslavo, un autentico cittadino del mondo

13/11/2018 -  Božidar Stanišić

Negli ormai lontani primi anni Sessanta, ogni lunedì aspettavo con impazienza che mia sorella tornasse da scuola. Il lunedì era il giorno in cui usciva la rivista Male novine [Il piccolo giornale]. Mia sorella, essendo più grande di me, aveva diritto – che le invidiavo enormemente – all’abbonamento a questo settimanale sarajevese per ragazzi. Agli alunni più giovani delle scuole elementari era destinato il giornale Vesela sveska [Quaderno allegro], che non trovavo così interessante come Male novine, su cui apparivano le strisce di fumetti Tim i Spad, Mali partizan e Tarzan. Tuttavia, ad attirare la mia attenzione erano soprattutto i brevi racconti di viaggio di Tibor Sekelj. Così, all’epoca in cui a casa non avevamo la televisione, d’inverno seduto accanto al fuoco del camino e di primavera sotto l’albero di melo cotogno in fiore, passavo il tempo a leggere Male novine, dalle cui pagine mi giungevano le storie, incredibili ma vere, di luoghi e popoli sconosciuti e lontani, uscite dalla penna di un uomo la cui unica vera patria, così mi sembra, era il mondo intero.

Tibor Sekelj, una nota biografica

Ogni tentativo di scrivere un breve riassunto su vita e opere di Tibor Sekelj equivale al tentativo di mettere un elefante in una bottiglia. Quel migliaio di parole che la redazione di OBCT mi consiglia per i miei testi, potrei facilmente spenderlo solo per elencare tutti i paesi che Sekelj aveva visitato e le lingue che aveva imparato. E per raccontare le avventure che aveva vissuto mi servirebbero parecchie migliaia di parole. Fortunatamente è più facile fare un elenco di tutto quello che era Tibor Sekelj. Ed era “solo”: scrittore, giornalista, geografo, alpinista, etnologo, museologo, poliglotta, scultore, pittore, esperantista, fotografo, regista di documentari, pedagogo, viaggiatore avventuroso...

Sekelj nacque nel 1912 a Spišská Sobota, una città situata ai piedi dei Carpazi che all’epoca rientrava nei confini dell’Ungheria, ma ormai da un secolo fa parte della Slovacchia. Morì a Subotica nel 1988.

Nel corso della sua vita, Sekelj aveva visitato quasi 100 paesi e aveva imparato 24 lingue, di cui 9 parlava correntemente. Di tutte le lingue che conosceva, l’esperanto era più affine al suo spirito di larghe vedute. Suo padre era veterinario e per motivi di lavoro fu costretto a spostarsi più volte insieme alla famiglia. Così Tibor trascorse la sua infanzia a Čenej, un paesino del Banat, dove in casa, con la famiglia, parlava l’ungherese, con i ragazzi con cui giocava il tedesco, e a scuola il serbo. Dopo essersi diplomato al ginnasio di Nikšić, intraprese, per volere del padre, gli studi di giurisprudenza a Zagabria, laureandosi nel 1929.

Benché fosse più propenso a intraprendere il mestiere di giornalista o di artista figurativo, Sekelj frequentò la facoltà di giurisprudenza solo perché, come diceva lui stesso, “non esisteva alcuna facoltà per i vagabondi”. Già allora percorreva a piedi diverse parti della Jugoslavia, descrivendo i luoghi visitati nei suoi scritti accompagnati da disegni e acquerelli. Una volta completati gli studi, decise però di dedicarsi al giornalismo e questa scelta gli salvò la vita. Poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale andò in Argentina come corrispondente del quotidiano di Zagabria Hrvatski dnevnik. Tibor e suo fratello Antonije furono gli unici della loro famiglia a salvarsi dall’Olocausto.

In America Latina trascorse 15 anni, soggiornando perlopiù a Buenos Aires. Nel 1943 decise di intraprendere la scalata dell’Aconcagua (6962m), come membro di una spedizione guidata dal noto alpinista svizzero H. G. Link. L’impresa si concluse tragicamente con la morte di quattro dei nove membri della spedizione. Da questa esperienza trasse un libro intitolato “Tempesta sull’Aconcagua”, pubblicato nel 1944.

Originariamente scritto in spagnolo, il libro fu successivamente ampliato da Sekelj con l’aggiunta di un capitolo che descrive il suo ritorno su quei monti crudeli per cercare, insieme ad altri scalatori, i corpi dei loro compagni morti. L’edizione ampliata del libro fu pubblicata a Zagabria nel 1955, un anno dopo il ritorno di Sekelj in Jugoslavia.

Durante la sua permanenza in America Latina, Sekelj si distinse anche come esperantista, lasciando tracce significative con il suo lavoro in questo campo, per il quale è ancora oggi ricordato, soprattutto in Guatemala e Venezuela. Viaggiando per i paesi dell’America centrale, esplorò numerosi vulcani attivi, conobbe la tribù dei Kuna a Panama, scoprì una città perduta in Honduras, fondò numerose associazioni esperantiste e pubblicò il suo primo libro in esperanto intitolato “La trovita felico” [La felicità ritrovata, 1945].

In Argentina Sekelj raggiunse una popolarità inaudita, tanto che la sua “Tempesta sull’Aconcagua” fu inclusa nell’elenco delle letture obbligatorie per gli studenti. L’allora presidente dell’Argentina Juan Perón consegnò a Sekelj l’onorificenza “Condor Dorado” e gli offrì la cittadinanza argentina. Lo scrittore lo ringraziò, ma rifiutò affermando di considerarsi “un cittadino del mondo”.

In Brasile visse tra gli indigeni dell’Amazzonia, lungo i fiumi Araguaia e Rio das Mortes. Da questa esperienza nacque il libro “Por tierras de indios” [Nelle terre degli indios], pubblicato nel 1946 in spagnolo (nel 1953 uscì la versione serbo-croata e quella fu la prima volta che un suo libro venne pubblicato in Jugoslavia). Sekelj compì anche un viaggio in Patagonia e conobbe una tribù cannibale peruviana, descrivendo questo incontro in un’opera intitolata “Gdje civilizacija prestaje” [Dove finisce la civiltà]. Studiava anche i resti delle civiltà Maya e Inca.

Rientrato in Jugoslavia nel 1954, non vi resistette a lungo e, dopo un breve soggiorno a Belgrado, partì di nuovo, questa volta per l’Asia. Ecco un elenco dei paesi visitati da Sekelj per vari motivi, ma mai per turismo: India, Nepal, Sri Lanka, Giappone. Poi in Africa: Marocco (dimostrò un particolare interesse per i tuareg), Egitto, Sudan, Etiopia, Somalia, Kenya, Tanzania… Non si fermò nemmeno da sessantenne, continuando a viaggiare in Nord America, Cina, Russia, Mongolia... E poi nel quinto continente: Australia, Nuova Zelanda, Nuova Guinea… (Dicono che, con l’avvicinarsi della vecchiaia, quando viaggiava per l’Europa si sentiva come se fosse rinchiuso in un giardino ristretto.)

Trascorse l’ultima parte della sua vita a Subotica, dove per quattro anni fu direttore del museo della città. Fino alla fine dei suoi giorni si batté per l’adozione dell’esperanto come lingua ufficiale in tutto il mondo e per la creazione di un Museo etnografico del futuro. L’Associazione universale esperanto (UEA) gli affidò l’incarico di referente per i paesi non allineati. Fu il principale autore della seconda risoluzione a favore dell’esperanto presentata e, grazie al suo impegno, approvata durante la Conferenza Generale dell’UNESCO del 1985 tenutasi a Sofia. Ebbe idee originali anche sul ruolo dei musei che, a suo avviso, non dovrebbero rappresentare collezioni di oggetti morti bensì luoghi di scambio culturale e di diffusione di idee. Il suo contributo alla collezione di manufatti provenienti dall’Australia e dalla Nuova Guinea esposta nel Museo etnografico di Zagabria costituisce uno dei tesori più preziosi di questo museo.

Fu sepolto il 20 settembre 1988 nel cimitero Bajsko a Subotica, nella parte dedicata a cittadini illustri, con le più alte onorificenze cittadine. La lastra marmorea della sua tomba reca incise le parole modeste: Tibor Sekelj – verkisto, mondvojaghanto [Tibor Sekelj – scrittore, viaggiatore del mondo].

Uno scrittore di viaggio dimenticato

Sekelj è autore di più di 30 libri scritti in serbo-croato, spagnolo ed esperanto, e tradotti in una trentina di lingue. È uno degli scrittori più tradotti dell’ex Jugoslavia.

Cito un passo di un interessante e dettagliato testo [1] dedicato a Sekelj, scritto da Juraj Bubalo: “Leggevamo, impressionati, ‘Kroz brazilske prašume’ [Attraverso le foreste vergini del Brasile], ‘Oluja na Aconcuagui’ [Tempesta sull’Aconcagua], ‘U zemlji Indijanaca’ [Nella terra degli indios], ‘Gde civilizacija prestaje’ [Dove finisce la civiltà], ‘Nepal otvara vrata’ [Il Nepal apre le porte], ‘Karavana prijateljstva’ [Carovana dell’amicizia] , ‘Kumevava – sin prašume’ [Kumenava – figlio della foresta], ‘Na tragu doživljaja’ [Seguendo le sensazioni], ‘Padma – mala plesačica’ [Padma – piccola danzatrice], ‘Temudžin – dečak stepe’ [Temudžin – ragazzo della steppa], ‘Djeca širom svijeta’ [Ragazzi del mondo], ‘Odapni strelu put zvezda’ [Lancia la freccia verso le stelle]. A distanza di una ventina di anni, dobbiamo chiederci: Dove sono oggi questi libri? Chi li legge? Le giovani generazioni conoscono appena il suo nome, figuriamoci la sua opera. Da noi [in Croazia] i suoi libri non vengono più pubblicati (in Serbia, negli ultimi dieci anni, il suo famoso romanzo per ragazzi ‘Kumenava’ è stato più volte ristampato), mentre sugli scaffali delle librerie – che sono l’unico posto dove è ancora possibile trovarli, a quanto pare con copertina neutra – vengono nascosti dietro ai libri di viaggio più recenti, e persino alcuni librai ritengono che siano da scartare”.

Viene davvero da chiedersi se le giovani generazioni nei paesi dell’ex Jugoslavia sappiano chi fosse Tibor Sekelj. E coloro che percorrono le strade che portano il suo nome a Subotica e Belgrado? In un’epoca di transizione, che ormai sembra infinita, delle repubbliche ex jugoslave, contrassegnata da un generale degrado dei valori e dall’egemonia della sottocultura, sicuramente saranno in molti a stupirsi dal tirar fuori la questione della caduta nell’oblio delle opere di Tibor Sekelj. Se Sekelj fosse nato in Belgio, gli sarebbe stata intitolata una fermata della metropolitana di Bruxelles; in Inghilterra e in Norvegia sarebbe stata realizzata una casa-museo in suo onore, mentre in Cina e in Russia probabilmente gli verrebbe dedicato un intero museo. E da noi, ? A quanto pare, la situazione assomiglia ad una farsa il cui protagonista dice: “Ci conosci?” La risposta è volgare, per cui mi astengo dal citarla, ma corrisponde alla verità. Sekelj non è stato tradito solo dagli esperantisti, stranieri e quelli di .

L’associazione esperantista “Tibor Sekelj” di Subotica ha recentemente presentato un catalogo della collezione etnografica intitolata “Museo dell’uomo”, che Eržebet Sekelj, moglie di Tibor, ha deciso di donare al Museo della città di Senta. Tuttavia, non si sa ancora quando questa collezione diventerà parte dell’esposizione permanente del museo.

Nel suo discorso [2] tenuto in occasione della presentazione del libro “Tibor Sekelj – sličnosti i razlike” [Tibor Sekelj – somiglianze e differenze], Đorđe Dragojlović, presidente dell’associazione esperantista di Subotica, ha descritto così Tibor Sekelj: “Com’era Tibor nella vita quotidiana? La risposta più semplice è la seguente: un uomo come tutti gli altri. Del resto, ha passato l’intera vita a dimostrare che siamo tutti uguali, che tra gli abitanti dei paesi sviluppati e le popolazioni più primitive non ci sono grandi differenze. Eppure, era una persona insolita. Basti ricordare gli ambiti in cui ha lasciato un’impronta significativa. Un uomo che per tutta la vita, in ogni momento, in diversi modi ha cercato di dimostrare che apparteniamo tutti allo stesso mondo, e questo mondo appartiene a tutti noi. Se le circostanze fossero state più felici, la sua collezione di maschere, cappelli e strumenti musicali avrebbe potuto avere un destino migliore. Tuttavia, Tibor aveva – come lui stesso ha scritto in una lettera a un’amica – altre tre collezioni che non esibiva sui muri: la sua esperienza personale e le conoscenze di prima mano; le sue impressioni, e infine l’amicizia, i suoi amici. Quest’ultima cosa la considerava la sua più grande ricchezza”.

Una riflessione di Tibor Sekelj (per i lettori pazienti di questo omaggio che ha ormai superato quella soglia di un migliaio di parole)

“Sono in molti a pensare che io sia un viaggiatore del mondo a cui piace visitare i paesi, guardare i paesaggi… Tuttavia, questo è di secondaria importanza – vedere i paesaggi, le città e diverse meraviglie del mondo. La cosa fondamentale, per me, è il contatto umano. Se non avessi la possibilità di entrare in contatto con le persone, per me i viaggi non avrebbero alcun senso. A dire il vero, per me lo spostamento da un luogo all’altro è solo un male necessario. Ho bisogno di stare in un posto, di parlare con le persone, di sentire la loro opinione, di vedere il loro modo di vivere e di capire dove sta la differenza tra di noi, o tra di loro, o tra noi e loro. In realtà, come ho già detto, le differenze sono solo superficiali”.

 

[1] Tibor Sekelj: Putovanje je nužno zlo [Il viaggio è un male necessario], Klub putnika, Novi Sad/Zagreb, 12.05.2014.

[2] Tibor Sekelj – sličnosti i razlike [Tibor Sekelj – somiglianze e differenze], Subotica-info, 03.09.2012.