Dal nazionalismo estremo di Vojislav Šešelj ai metodi gandhiani di protesta. La parabola politica di Tomislav Nikolić, leader del maggiore partito serbo di opposizione, da sabato scorso in sciopero della fame e della sete. Un commento
Tomislav Nikolić, leader del Partito progressista serbo (SNS), da sabato scorso è in sciopero della fame e della sete. Una decisione comunicata al meeting dei progressisti tenutosi sabato scorso a Belgrado, al quale, secondo le stime degli organizzatori, hanno partecipato circa 120.000 persone.
Non sono un’analfabeta in politica, ma riconosco che da giorni non riesco a capire quali siano i motivi dello sciopero di Nikolić. L'opposizione vuole elezioni anticipate. Comprensibile. Dicono che la situazione della Serbia è catastrofica e che il governo è pessimo. Sostengono di avere un piano per un futuro migliore, ma ancora non lo hanno comunicato.
Nessuno sa con precisione cosa abbia portato Toma [abbreviazione di Tomislav, ndt] a questa decisione. Le scaramucce tra il presidente serbo e leader del Partito democratico (DS) Boris Tadić e Tomislav Nikolić durano ormai da mesi. Quest'ultimo dice: “Boris andiamo a elezioni”, e Tadić gli consiglia “Toma, le elezioni ci saranno quando la Serbia otterrà lo status di candidato all'UE”. Ecco che Toma per giorni ha oscillato tra due opzioni: organizzare un altro meeting come promesso ai suoi simpatizzanti durante il primo di questi raduni, due mesi fa, oppure rinunciarvi a favore del più alto interesse della Serbia, leggi la candidatura all'UE.
Metodi gandhiani
Ricordiamo che due mesi fa Nikolić
aveva dichiarato che in aprile si sarebbe seduto sul polistirolo finché non avesse “polistirolizzato” le elezioni anticipate. Non c'è che dire, negli ultimi anni Toma sembra aver imparato i metodi gandhiani. Nikolić ha inoltre fatto tesoro, così come il suo giovane vicepresidente Aleksandar Vučić, di quello che ha fatto Otpor ormai 12 anni fa. Ha inoltre dato una "risistemata" alla maggior parte dei leader del suo partito: tutti ben educati e organizzati, la bocca piena di democrazia, non violenza, pace, Europa e altre parole care all'Occidente.
Tadić e Nikolić si sono incontrati e rincontrati. Ma noi, ovviamente, questo non lo sapevamo. Alla fine Toma ha deciso che il meeting ci sarebbe stato. Toma chiede che le elezioni siano sin da ora fissate per il prossimo dicembre, mentre Boris lavora per far sì che si tengano a gennaio. L'ultima volta che si sono incontrati il presidente della Serbia e il leader dei progressisti è stato venerdì scorso. Suppongo che Toma si sia arrabbiato con Boris perché quest'ultimo gli deve aver detto che ormai si sono incontrati fin troppe volte.
Eccoci al meeting di sabato 16 aprile. Parlano Velja Ilić, leader di Nuova Serbia, poi parla Milanka Karić, moglie di Bogoljub Karić, da tempo in esilio, poi Aleksandar Vulin, ex amico intimo di Mira Marković, la moglie di Slobodan Milošević, poi Aleksandar Vučić e alla fine, come previsto, Toma Nikolić. Ed ecco la sorpresa. Dice Toma: “Cari manifestanti, cari miei elettori e cittadini della Serbia, io da questa mattina non bevo e non mangio e continuerò così finché l'odioso presidente della Serbia non annuncerà le elezioni”. Al che Toma prende il polistirolo e si siede sul palco, lo avvicina la moglie, lo abbraccia e lì inizia la nuova agonia di questo povero Paese.
Poco prima di sera, Nikolić va in parlamento per consigliare ai manifestanti, ne erano rimasti ancora qualche migliaio, ad andarsene pacificamente. In parlamento, Nikolić rimane senza cibo e acqua poco più di un giorno. Domenica gli fa visita Tadić, gli dice che non va bene quello che sta facendo e gli chiede di interrompere lo sciopero della fame e della sete. Ma Toma non lo ascolta.
Da lì in poi lo stato di salute di Nikolić è peggiorato, tanto che lo hanno portato all’ospedale. Sì ma non quello pubblico, uno privato. Dal partito di Nikolić fanno sapere che hanno scelto quello privato perché gli ospedali pubblici sono controllati da Tadić e lì di sicuro gli avrebbero fatto, senza il suo consenso, una flebo per tirarlo su. Cosa che, secondo loro, avrebbe inficiato direttamente gli interessi di Toma e le sue elezioni.
Perché lo sciopero della fame?
Anche il patriarca serbo Irinej ha chiesto a Nikolić di interrompere lo sciopero. Gli ha detto che quello che sta facendo non è cristiano. Ma Toma non lo ha ascoltato. L’Unione europea gli ha detto che l’opposizione deve trovare un altro modo per andare alle elezioni. Ma anche questo non ha cambiato l’atteggiamento dei progressisti. La maggior parte dei partiti politici serbi crede che questo non sia per niente il modo migliore per acutizzare la scena politica serba, e nemmeno gli analisti hanno una particolare comprensione per questo tipo di atteggiamento, da parte di un leader di partito serio che tra l’altro gode di un buon rating. Ma i progressisti e i loro partner di coalizione rigettano tutti gli attacchi e annunciano una radicalizzazione dello sciopero.
Direi che i cittadini sono confusi. Alcuni anche arrabbiati. Forse Toma con questa mossa si è fatto male da solo. Ha svegliato gli insoddisfatti del governo del DS e quelli che pensavano di non andare alle elezioni. Ad ogni modo, in pochi capiscono perché Nikolić stia scioperando. È difficile credere che sia per la differenza di un mese e mezzo sulla data delle elezioni. Forse è collegato, come si specula in Serbia, con l’atteso ritorno di Šešelj dall’Aja, temuto da Nikolić al punto di cercare di chiamare a sé gli elettori. Oppure ha valutato di poter buttare giù il governo sin da ora e di andare alle elezioni prima della candidatura della Serbia all’UE, benché lui e il suo partito giurano che non farebbero nulla per mettere in discussione le relazioni con l’Unione. Ma forse c’è qualche altro motivo.
Da qualunque angolo si guardi la cosa, credo che queste mosse non siano un bene per nessuno. Le radicalizzazioni, di qualunque tipo esse siano, difficilmente ci porteranno quei cambiamenti di cui abbiamo bisogno. E non lo dico per via della candidatura UE, di cui si parla sempre più come qualcosa che senza dubbio otterremo. Non lo dico nemmeno per la “grande” vittoria di Šešelj all’Aja, come se già avessimo letto una sentenza che ancora non è stata scritta. E non lo dico nemmeno per via della nuova crisi regionale a seguito della condanna all’Aja di Ante Gotovina.
Dico così perché è disgustoso che Nikolić faccia lo sciopero della fame per la data delle elezioni quando un milione di cittadini di questo Paese non ha granché da mangiare. Dico così perché è ipocrita che i progressisti che non sono stati legittimati alle elezioni, ma hanno ottenuto i seggi dal Partito radicale serbo di cui un tempo con anima e cuore facevano parte, sostengano di essere il più forte partito del Paese e di avere diritto di chiedere le elezioni anticipate. Dico così perché negli ultimi tre giorni non mi sembra proprio che i progressisti siano in grado di controllare la situazione e che non sono esclusi disordini per le strade della Serbia. Tutto è legittimo, le proteste, i meeting, anche le durissime critiche al governo, tutto, tranne le violenze per le strade e le divisioni dalle quali stiamo cercando di riprenderci ormai da anni.