Alma Karlin - foto di dominio pubblico

Alma Karlin - foto di dominio pubblico

Un tesoro della letteratura slovena rimasto a lungo nascosto: dopo decenni di silenzio e oblio, la figura di Alma Karlin sta finalmente suscitando l’interesse che merita. Il ritratto di una donna emancipata, instancabile esploratrice e cittadina del mondo

05/01/2024 -  Mimi Podkrižnik

(Originariamente pubblicato da Le Courrier des Balkans )

Jerneja Jezernik, traduttrice e curatrice dei romanzi e racconti di viaggio di Alma Karlin, scoprì per puro caso la figura di questa straordinaria scrittrice. Fu verso la fine degli anni Ottanta che, passeggiando per le vie di Celje, nella regione della Štajerska, Jezernik si imbatté in una targa commemorativa che recitava: “Qui nacque Alma Karlin (1889-1950), scrittrice e viaggiatrice”. A quel tempo Karlin era del tutto sconosciuta. I suoi libri, scritti in tedesco, difficilmente si trovavano nelle librerie e nelle biblioteche jugoslave.

Ai tempi della Jugoslavia titina, Alma Karlin non godeva di buona reputazione. La si accusava di aver collaborato con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale [ignorando il fatto che sfuggì per poco alla deportazione a Dachau, per poi unirsi ai partigiani] e il fatto di aver acquisito il tedesco come lingua prima di certo non giocò a suo favore.

“All’epoca il tedesco era la lingua più parlata a Celje, soprattutto tra le élite intellettuali. Quindi, seppur di origini slovene, i genitori di Alma decisero di crescerla nella cultura e nella lingua tedesca”, spiega Jerneja Jezernik. Il padre di Alma, Jakob, era un ufficiale dell’esercito austro-ungarico, e sua madre, Vilibalda, faceva la maestra.

Sin dalla tenera età, Alma soffriva di un disturbo oculare e di una paralisi parziale del lato sinistro del corpo che la rese zoppa per tutta la vita. La sua diversità fisica indubbiamente contribuì ad alimentare i pregiudizi nei suoi confronti. Per non parlare della sua presunta omosessualità , avendo convissuto per quasi vent’anni con la pittrice di origine tedesca Thea Schreiber Gamelin (1906-1988). A distanza di anni dalla sua morte, Alma veniva ancora considerata una strega e utilizzata come uno spauracchio per spaventare i bambini.

Voglia di emancipazione

“Non le piaceva il suo corpo, dovette però imparare ad accettarlo”, spiega Jerneja Jezernik, sottolineando la tenacia di Alma, evidente già nei suoi primi tentativi di emanciparsi. Sin da piccola iniziò ad imparare il francese, lingua che le permise di sfuggire non solo all’influenza asfissiante di sua madre, ma anche all’ambiente piccolo borghese di Celje. Da adolescente, si appassionò alle opere di Voltaire e Victor Hugo, tanto che nel 1907, ormai studentessa di un istituto per la formazione degli insegnati, superò con il massimo dei voti l’esame di francese, e l’anno successivo anche quello di inglese.

“In quel periodo – racconta Jezernik – Alma e sua madre fecero un viaggio a Parigi, soggiornando all’hotel La Fontaine. Per la prima volta i ruoli si invertirono: Vilibalda si lasciò guidare dalla figlia che scoprì una nuova passione, quella per la cucina francese. In Francia Alma poté toccare con mano tutto ciò che aveva visto nei libri. Rimase affascinata dal Pantheon, in particolare dalla tomba di Voltaire, sua guida intellettuale. Ad accomunarli fu l’idea di bruttezza – anche Alma era convinta di non essere bella – così come l’esperienza della solitudine e dell’esclusione”.

Dopo la tappa francese, le due donne proseguirono il loro viaggio verso Londra, dove Alma decise di stabilirsi nel 1908. “Inizialmente voleva diventare governante – spiega la traduttrice delle opere di Alma – ma le famiglie inglesi preferivano assumere ragazze francesi dall’aspetto attraente. Quindi, iniziò a lavorare in un’agenzia di traduzioni”. Alma interruppe la sua permanenza nella capitale britannica solo per una parentesi a Parigi, durata circa sei mesi, dove frequentò la Sorbona e la Scuola speciale di lingue orientali (successivamente ribattezzata Inalco), recandosi spesso anche alla Biblioteca Sainte-Geneviève.

Tutto questo lo apprendiamo dall’autobiografia di Alma Karlin Ein Mensch wird [pubblicata postuma] in cui però non vi è alcuna menzione dei suoi amori. “Pare che siano state rimosse circa trenta pagine”, afferma Jerneja Jezernik. L’unico libro di Alma scritto in francese, Jeunes Filles d’Orient, fu pubblicato a Ginevra negli anni ’30, mentre i suoi racconti di viaggio in Perù, paese a cui era particolarmente affezionata, apparvero sulle pagine di alcuni giornali francesi. Dedicò una serie di testi alla colonia penale della Nuova Caledonia, dove visitò l’isola di Nou, incontrando prigionieri e osservando la ghigliottina.

Esplorare il mondo

Nel 1914 Alma superò egregiamente gli esami in otto lingue straniere alla Royal Academy of Arts di Londra, prendendo un ottimo voto anche in francese. Di lì a poco però scoppiò la Prima guerra mondiale e Alma, in quanto cittadina dell’Impero austro-ungarico, fu costretta a lasciare il Regno Unito, trovando rifugio prima in Norvegia, poi in Svezia. A guerra finita, ritornò a Celje che, come tutta la Slovenia, ormai faceva parte del Regno dei serbi, croati e sloveni. Decise di aprirvi una scuola di lingue, lavorando duro, ma la voglia di viaggiare era troppo forte.

Alma Karlin si rimise in cammino il 24 novembre 1919, intraprendendo un viaggio durato otto lunghi anni. Visitò Perù, Panama, San Francisco, Hawaii, Giappone, Corea, Cina, Filippine, Australia, Nuova Zelanda, Fiji, Nuova Caledonia, Nuove Ebridi, Isole Salomone, Nuova Guinea, Indonesia, Singapore, Thailandia, Birmania, India ed Eritrea. Sempre portando sotto il braccio il suo dizionario in dieci lingue, rimasto incompiuto.

Inseparabile dalla sua macchina da scrivere “Erika”, Alma si guadagnava da vivere scrivendo. Nei suoi racconti di viaggio – pubblicati sui vari giornali in Germania, Francia, Giappone e Cina – oltre a narrare ciò che vedeva, esprimeva anche le sue riflessioni intime. Ritornò a Celje su richiesta di sua madre, ormai morente, e non riprese mai più a viaggiare.

Audace, di mente aperta, spinta da una passione insaziabile per la scrittura e per la ricerca etnografica e antropologica, Alma sognava di essere cittadina del mondo. Ma per una donna libera vivere in una società conservatrice e patriarcale era tutt’altro che facile.

Cadute nell’oblio nella Jugoslavia socialista, le opere di Alma Karlin pian piano stanno tornando alla luce, soprattutto in Slovenia e nei paesi germanofoni. Il Museo regionale di Celje custodisce una collezione di oggetti raccolti da Alma durante i suoi viaggi in giro per il mondo, mentre i suoi libri sono presenti in diverse biblioteche.

Ad oggi Jerneja Jezernik ha tradotto in sloveno diciassette opere di Alma Karlin. Ci sono però ancora molti testi inediti, alcuni giacciono negli archivi della Biblioteca nazionale di Lubiana, altri sono sparsi per il mondo. “Stando alle mie stime, il 40% delle sue opere è ancora da scoprire – afferma Jezernik – tra cui alcuni romanzi, ma anche molte riflessioni teosofiche”. A distanza di quasi tre quarti di secolo dalla sua morte, la scrittrice giramondo ricomincia a viaggiare.