Samira Kentrić artista visiva, performer e illustratrice slovena è in mostra a Capodistria con la sua ricca esplorazione artistica in cui non ha paura di confrontarsi con i nodi della società slovena ed europea
Il generale Ratko Mladić, con una falce in mano ed il sorriso sulle labbra taglia un campo di margherite, dietro di lui i suoi soldati in uniforme seguono il suo esempio. Poco più in là un fisarmonicista, in abito tradizionale sloveno, suona il suo strumento. Alle sue spalle c’è il Tricorno, la montagna sacra degli sloveni. Al posto del mantice la fisarmonica ha un rotolo di filo spinato. Da un'altra parte ci sono anche due donne: una con il niqāb, l'altra completamente nuda. Della prima si vedono soltanto gli occhi, mentre della seconda si vede tutto tranne che gli occhi.
Sono queste solo alcune delle illustrazioni di Samira Kentrić, in mostra a Capodistria fino al prossimo 2 settembre. L’artista slovena espone le sue opere alla Libertas: il vecchio magazzino della storica società remiera che regalò all’Italia un argento olimpico a Los Angeles nel 1932. Oggi l’edificio è stato trasformato in una funzionale sala espositiva. Uno spazio ed un appuntamento tutt’altro che in linea con la realtà del sonnacchioso e provinciale capoluogo della costa slovena, che una volta tanto ha organizzato un evento che non avrebbe sfigurato nemmeno in una grande città. Una ventata di cultura “urbana” in una realtà che si crogiola nei suoi localismi. La mostra resterà aperta sino al prossimo 2 settembre e verrà arricchita da una serie di dibattiti.
La Kentrić è senza dubbio la migliore illustratrice politica slovena. Ha lavorato per i più prestigiosi quotidiani del paese. Le sue non erano semplici illustrazioni, ma veri e propri “editoriali dipinti”. Una rappresentazione della realtà sin troppo difficile da sopportare per il pubblico sloveno. Oggi continua a pubblicare su riviste di nicchia, facendo parlare di sé anche all’estero. Una sua illustrazione, per il periodico dei senzatetto “Kralj ulice “(Il re della strada), ha vinto il premio internazionale per la miglior copertina dell’anno di un giornale di strada.
Le sue illustrazioni accompagnano le locandine di spettacoli e occupano le copertine di molti libri. Particolarmente apprezzata è quella realizzata per un volume curato della storica triestina Marta Verginella , dove una slovena in abiti dell’inizio del secolo scorso è intenta a dissodare la terra. Tra le sue mani non c’è una vanga, ma una penna. L’immagine è oramai diventata iconica per le femministe slovene, che rivendicano da una parte l’emancipazione delle donne e dall’altra il ruolo che hanno avuto nella creazione di quella che è soprattutto una repubblica “letteraria”. La Slovenia, come è noto, ha costruito la propria identità nazionale più con i libri dei suoi poeti e dei suoi scrittori che su epiche battaglie vinte da prodi condottieri. Proprio per questo nel paese la cultura ha un carattere fondante per la nazione.
Una rappresentazione, quella della Kentrić, molto raffinata che denota la sua piena appartenenza alla società slovena. In essa coglie l’essenza del sentire nazionale e tocca il cuore delle donne che vivono sotto il Tricorno. Un’immagine molto più semplice da digerire rispetto a quella del fisarmonicista con il filo spinato. Durissima critica delle politiche messe in atto da Lubiana al tempo dell’emergenza profughi, quando centinaia di chilometri di filo spinato vennero srotolati al confine con la Croazia. Quello che la Kentrić ci offre è una rappresentazione della società ed una critica della realtà fatta senza pietà, senza nessun timore di eludere il discorso dominate o di rifugiarsi nel politicamente corretto e soprattutto dove non manca una buona dose di ironia, caratteristica quest’ultima che non abbonda in Slovenia e che spesso non viene capita. Veri e propri pugni allo stomaco, narrati con un tratto gioioso e giocando con immagini simbolo del nostro tempo.
Figlia di immigrati bosniaci, con un nome ed un cognome che non lasciano dubbi alla sua origine, la Kentrić, non ha paura di confrontarsi con i nodi della società slovena ed europea e nemmeno di prenderle a calci per far emergere tutti i loro difetti e le loro contraddizioni. Lo fa senza timori reverenziali, senza paura di sentirsi rinfacciare le sue origini. Lei non teme di mettersi a nudo, di raccontare la sua storia mescolando “linguaggio pubblico e politico con la sfera intima”. Si confronta senza timori con la sua identità, con quelle che sono state le guerre jugoslave ed anche con il dramma dei rifugiati in viaggio verso l’Unione europea. Lo ha fatto in una serie di fortunate graphic novel, di grande successo, tradotte oramai in varie lingue. Balcanalie, un vero e proprio esempio di “letteratura dipinta” di formazione. La storia è la sua, quella di una ragazzina che cresce in Slovenia, con genitori nati in Bosnia e di umili origini. Nel febbraio del 2022, il suo volume è stato scelto dall’Accademia tedesca per la letteratura per bambini e ragazzi come libro del mese.
A tutti gli effetti la si potrebbe oramai considerare parte dell’élite culturale slovena. Quello che le manca, però, è quel tipico atteggiamento distaccato, intriso di gretto cinismo, che i “kulturniki” spesso usano per atteggiarsi e per rivendicare la loro presunta superiorità sul resto della società. In sintesi, lei non è mai salita sulla sua torre d’avorio e probabilmente non ha nemmeno intenzione di farlo. La sua opera in mostra al Libertas potrà piacere o meno, ma sicuramente non potrà lasciare il visitatore indifferente. Un allestimento in una Capodistria che formalmente è bilingue, dove l’italiano dovrebbe avere pari dignità dello sloveno. Incredibilmente questa volta nelle didascalie e nella brochure le due lingue sono messe sullo stesso piano e come se ciò non bastasse l’italiano usato è anche di ottimo livello.