L'allargamento dell'UE a dieci nuovi stati dell'Europa centro orientale non significa che il processo di armonizzazione di questi alle strutture e politiche comunitarie sia da ritenersi terminato. Un articolo tratto da Notizie Est. Articolo di Jimmy O. Milanese.
Il recente allargamento dell'Unione Europea verso dieci nuovi stati dell'Europa centro orientale non significa affatto che il processo di armonizzazione di questi alle strutture e politiche comunitarie sia da ritenersi terminato. Sono molti, infatti, i capitoli negoziali chiusi in sede di adesione solo grazie alla concessione di periodi transitori di adeguamento più o meno lunghi. Sicuramente, l'allargamento ha sbilanciato il rapporto tra membri dell'Unione che hanno già in adozione l'euro, e quelli in fase di attesa o euro-schettici. Questo accade mentre la moneta unica si apprezza notevolmente nei confronti del dollaro statunitense, diventa moneta "ufficiale" in Kosovo e governi quali quello cinese decidono di convertire parte delle loro riserve monetarie in euro.
Solo recentemente quattro nuovi Stati membri, Lituania, Estonia, Slovenia e Cipro, hanno dichiarato ufficialmente di voler entrare nel meccanismo di cambio, entro l'inizio del 2005, in vista dell'adozione della moneta unica all'inizio del 2007. Il meccanismo di cambio (MCE II) svolge la funzione di legare all'euro le rispettive monete nazionali dei paesi membri dell'Unione non partecipanti alla moneta comune. Anche Lettonia, Slovacchia, Malta e Ungheria hanno manifestato il desiderio di unirsi al meccanismo nel corso del 2005, la Polonia entro il 2007, mentre il governo ceco prevede tempi più lunghi, tra il 2009 e il 2010.
Seppur non vi sia l'obbligo di accettare l'euro come moneta di scambio, ormai da tempo in Polonia, Slovenia e Croazia la divisa dell'Unione è accettata da molti operatori nei pagamenti correnti. La Banca Nazionale Polacca ha addirittura riconosciuto ad una importante catena di supermercati la facoltà di accettare pagamenti in euro, per un massimo di 10.000 zloty (circa 2000 euro). Inoltre, sono sempre più le località di confine tra Polonia e Germania in cui i negozianti espongono il prezzo della merce nelle due valute.
Ma il passo di avvicinamento più significativo verso l'adozione dell'euro è stato compiuto dall'Estonia, dalla Lituania e dalla Slovenia, il 27 giugno 2004. Grazie ad una decisione dell'Unione, questi tre paesi sono ora inseriti nel meccanismo di cambio europeo. Il MCE II venne introdotto il 1 gennaio 1999, allo scopo di agganciare all'euro le monete dei paesi membri non partecipanti alla terza fase dell'Unione monetaria. Nonostante non fosse obbligatoria la partecipazione al MCE II per i grandi esclusi (Svezia) o autoesclusi (Inghilterra e Danimarca), negli accordi di adesione non veniva concessa la c.d. clausola di opting-out ai dieci nuovi membri.
Il primo passo da compiere verso la moneta unica consiste appunto nell'applicazione del MCE II. Con l'entrata nel MCE II Estonia, Lituania e Slovenia si sono impegnati a mantenere la propria moneta entro un margine di fluttuazione limitato rispetto all'euro, e per almeno due anni. Lo scopo del MCE II è il mantenimento della stabilità tra moneta nazionale ed euro. Nel caso sloveno, la parità centrale è fissata a 239,640 talleri contro 1 euro, sulla base delle procedure contenute nell'Art. 1.2 dell'accordo tra la Banca Centrale Europea e le banche centrali dei paesi membri dell'Unione Europea del 1 settembre 1998 (Si veda, OJ C 345, 13.11.1998, p. 6, e sua modifica operata il 29 aprile 2004, OJ C 135, 13.5.2004, p. 3). La parità centrale rappresenta il risultato di una negoziazione tra la Banca di Slovenia, il governo sloveno, la Banca centrale europea, i ministri delle finanze dei paesi membri, la Commissione europea, i ministri e i governatori delle banche nazionali dei paesi partecipanti al MCE II. La fluttuazione del tallero attorno alla parità centrale non deve superare il +/- 15%, ovvero, un massimo di 275.586 talleri e un minimo di 203.694 talleri contro 1 euro, come condizione per la successiva adozione dell'euro.
Oltre alla stabilità monetaria, un secondo criterio per l'adozione dell'euro prevede il c.d. rigore di bilancio. L'aggancio all'area euro si basa su un impegno formale da parte del governo sloveno per il rafforzamento delle misure necessarie alla diminuzione del tasso d'inflazione. A tale scopo, l'impegno include la totale liberalizzazione dei prezzi e in particolare la de-indicizzazione di alcune tipologie di salari. Inoltre, attraverso una politica fiscale adeguata, il governo sloveno si impegna a mantenere sotto controllo i processi inflativi da domanda e l'aumento del ricorso al credito.
Infine, l'adozione dell'euro è subordinata al rispetto dell'articolo 121 del Trattato di Maastricht, il quale fissa i c.d. tre parametri di Maastricht. Questi parametri prevedono il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi, un rapporto deficit-Pil non superiore al 3 per cento e un rapporto debito-Pil non superiore al 60 per cento.
Certo, considerato il mutevole quadro geopolitico dell'Europa balcanica, il possibile effetto boomerang dell'allargamento (effetti inflativi ed aumento delle pressioni competitive da parte degli altri membri dell'Unione), il difficile rapporto con la vicina Croazia e le difficoltà legate ad un processo di transizione non ancora superato (disoccupazione settoriale, limitazione dei diritti di proprietà), l'adozione dell'euro potrebbe non essere un risultato troppo semplice per il governo di Lubiana. Di fatti, in termini di potere d'acquisto, il PIL pro capite della Slovenia si attesta di poco sopra il 70 per cento della media dell'UE, al pari della Grecia e a livello del Portogallo; il tasso di crescita è in costante diminuzione; il tasso d'inflazione si attesta attorno al 3,6 per cento e il livello di investimenti esteri in per cento rispetto al Pil (1.9%) è tra i più bassi rispetto ai nuovi membri dell'Unione. Se le numerose e rinomate località di villeggiatura slovene hanno ormai accettato l'euro come moneta di scambio, il percorso verso la sua definitiva adozione sembra ancora irto di incertezze ed ostacoli.
Vedi anche:
La Slovenia ed i mercati del sud est
Europa: un allargamento senza Balcani