Sabato 1° luglio a Trieste ambientalisti, pescatori e associazioni slovene ed italiane per un "no" ai rigassificatori nel golfo. Ma la partita che si sta giocando è complessa e la Russia non sta a guardare. Anzi

23/06/2006 -  Franco Juri

Sabato primo luglio sul molo Audace a Trieste, con inizio alle 10.30, un arcobaleno transfrontaliero di ambientalisti, partiti, associazioni civili, pescatori e persino un settimanale impegnato qual è il lubianese "Mladina", diranno uniti "no" ai due rigassificatori previsti nel Golfo di Trieste. Una manifestazione transfrontaliera dalle tinte multiculturali con adesioni italiane, slovene e croate.

La petizione contro i due rigassificatori progettati dalle spagnole Endesa e Gas Natural, uno off-shore nel centro del golfo e l'altro on-shore nella baia di Zaule vicino a Muggia, a ridosso del confine italo-sloveno, pubblicata a fine aprile da "Mladina", ha raccolto fin'ora oltre 44 mila firme da entrambi i versanti del confine. Ed il "no" alla rigassificazione nelle acque del golfo e così vicina alle zone abitate è stato ribadito qualche giorno fa a Pirano anche dai sindaci di quasi tutti i comuni costieri interessati, con l'eccezione di Trieste, dove Roberto Dipiazza, seguendo il filo delle strane alleanze trasversali sui temi energetici, si schiera apertamente con Riccardo Illy nella strenua difesa dei progetti.

"Volete fame e freddo?" aveva chiesto con minacciosa retorica l'assessore friulano Lodovico Sonego (DS) agli oppositori dei terminal. E divisi sono anche i sindacati, che ne discutono ma che su una posizione chiara preferiscono glissare cautamente.

E la protesta, innescata qualche mese fa dalla tattica dei "fatti compiuti" che il governatore del Friuli Venezia Giulia, in campagna elettorale, cercava di avallare evitando un vischioso dibattito pubblico e tentando di garantirsi, con cenette a lume di candela, persino la complicità della diplomazia slovena guidata da Dimitrij Rupel, è diventata un tema internazionale.

Il governo e il parlamento sloveni, spronati dall'opposizione e dagli ambientalisti, hanno impugnato le convenzioni internazionali e le direttive UE, intimando gentilmente a Roma e a Trieste di frenare un pò i ritmi delle procedure dei terminal per dare tempo a Lubiana di respirare e cercare una soluzione di compromesso. E Lubiana non è rimasta con le mani in mano. Mosca nemmeno; annusata la grande occasione offerta dalle polemiche sui rigassificatori, sono planati sul golfo i russi della Gazprom e della Lukoil. Janša e Drnovšek sono volati a Mosca, sorpassando persino Romano Prodi ora alla ricerca di un accordo strategico tra Gazprom ed Eni.

A Lubiana e a Portorose è arrivato Aleksej Miller, potentissimo presidente del gigante russo del gas naturale per offrire a Janez Janša una soluzione che solo 10 anni fa venne gentilmente rifiutata; un gasdotto, il Volta, che dall'Ungheria attraverserebbe tutta la Slovenia per arrivare a Trieste offrendo il metano kazako e turkmeno al nord Italia. L'esatto contrario delle ambizioni italiane di ridimensionare la dipendenza energetica dalla Russia e dai suoi incerti percorsi ucraini.

Un gasdotto di questa portata - annuncia soddisfatto Janša puntando sul consenso italiano - sarebbe la migliore alternativa ai terminal nel golfo. I gasdotti sono più collaudati, meno pericolosi e più compatibili con l'ambiente, specie se adeguatamente interrati. L'unico problema ambientale è il passaggio in zona carsica. E poi non hanno alcun impatto transfrontaliero, ogni possibile rischio sarebbe completamente a carico della Slovenia. Certo, come anche i lauti guadagni del transito. Ma Janša, da abile stratega qual è, non dimentica la magnanimità e gli amici italiani: "L' industrioso nord Italia ha bisogno di gas naturale? Il gasdotto sarebbe un'alternativa ad almeno uno dei due rigassificatori nel golfo". E poi concretizza: "A quello off-shore in mezzo al mare che sarebbe per la Slovenia il più problematico".

Già, lì in mezzo al mare si vede. Il compromesso è messo sul tavolo e il ministro Rupel vola a Roma per esporlo a Massimo D'Alema. Nel frattempo Prodi è da Putin e Miller alla ricerca di un patto strategico per l'Eni. Il cerchio sembra chiudersi, il pacchetto di compromesso è a portata di mano; il Volta da una parte e il terminal on-shore della Gas Natural a Zaule dall'altra.

Tutti contenti? Non proprio. Gli ambientalisti, spiazzati e con l'amara sensazione di aver partecipato a loro insaputa ad un gioco delle parti in cui decide di più il russo Miller che le amministrazioni locali del golfo, pensano al domani. Lo scenario che si potrebbe prospettare, dal punto di vista ambientale, non è dei più rosei. I russi puntano palesemente alla costa adriatica e non nascondono l'ambizione di arrivare al porto di Capodistria dove piazzare un proprio "centro logistico". Giorni fa si è scritto anche di una connessione tra la Gazprom ed il clan dei Ciancimino per l'acquisto della società statale slovena Geoplin. L'operazione poi non ci fu per le indagini sulle presunte attività mafiose del clan siciliano.Massimo Ciancimino e Gianni Lapis mollano l'osso sloveno e le redini della trattativa con Miller le prende Janša in persona.

Nel frattempo i russi offrono un grosso investimento nella raffineria di Lendava, guardando però più a sud; all'ampliamento dei serbatoi di Sermino a Capodistria. E la Gazprom quale interesse potrebbe avere per il porto sloveno? Il futuro è avvolto nel mistero ma c'è chi sospetta una voglia russa di terminal o magari di un impianto di liquefazione del gas (questo sì ancor più pericoloso ed esplosivo) per partecipare nell'offerta dilagante della rigassificazione in giro per il mondo. Il terminal di Zaule diventa così un investimento nel futuro anche per Janša e gli interlocutori russi, un alibi su cui puntare un domani se si dovesse concretizzare sulla costa slovena qualche progetto russo con impatto transfrontaliero. Voi Zaule, noi...Ce la farà l'alto Adriatico ad essere finalmente dichiarato area particolarmente sensibile e protetta, come richiesto dagli ambientalisti, dalla sua società civile e dai comuni costieri?