Samuel Žbogar, New York, 2 gennaio 2024 © lev radin/Shutterstock

Samuel Žbogar, New York, 2 gennaio 2024 © lev radin/Shutterstock

Per la seconda volta Lubiana entra a far parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come membro non permanente, come già accadde tra il 1998 e il 1999. Per la Slovenia è un'importante vetrina internazionale ma anche una sfida, che il paese affronta con un'agenda ambiziosa

08/01/2024 -  Stefano Lusa Capodistria

Il 2 gennaio con una breve cerimonia la bandiera slovena, insieme a quelle di Algeria, Guyana, Corea del Sud e Sierra Leone, sono state poste all’ingresso del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I cinque nuovi membri non permanenti faranno parte dell’organismo fino alla fine del 2025. L’ambasciatore sloveno Samuel Žbogar ha rilevato che tutto ciò avviene in un momento di crisi di credibilità per il Consiglio di sicurezza, causata dall’impossibilità di tutelare la popolazione civile nei conflitti in corso, come ad esempio a Gaza, in Sudan ed in Ucraina.

È la seconda volta che Lubiana entra a far parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La prima volta accadde tra il 1998 e il 1999. Per Lubiana si tratta di una importante vetrina internazionale, un modo per far conoscere la Slovenia all’estero. In realtà i membri non permanenti Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite passano per lo più inosservati, schiacciati dai cinque paesi con diritto di veto, che dettano i tempi del lavoro dell’organismo.

La Slovenia pare intenzionata a giocare la sua partita. Questi due anni saranno una vera e propria palestra per i suoi diplomatici. L’ultima volta a guidare la delegazione slovena ci fu Danilo Türk. Per lui carriera brillante nelle Nazioni Unite, prima di finire a fare il presidente della Repubblica. Alla fine, il suo nome era addirittura circolato tra il novero dei possibili segretari generali. Al suo fianco c’era Samuel Žbogar, che nei prossimi due anni guiderà la missione slovena. Accanto a lui una squadra di 30 diplomatici, che si troveranno coinvolti in questioni di cui non si sarebbero occupati a Lubiana. Tutto ciò consentirà loro di crearsi una rete di relazioni che potrebbe essere molto utile anche in futuro.

La Slovenia ci aveva provato a ritornare nel massimo organismo delle Nazioni Unite anche nel 2011, ma allora era uscita battuta dopo una vera propria maratona elettorale contro l’Azerbaijan. Una sconfitta mal digerita all’epoca tanto che Lubiana diede ad intendere che a far pendere l’ago della bilancia dalla parte di Baku più che le idee era stato il petrolio.

In ogni modo, nei piani della diplomazia slovena non era prevista una nuova candidatura nel Consiglio di sicurezza. Già nel 2007 la Bielorussia aveva annunciato che avrebbe voluto occupare quel seggio nel biennio 2024-2025. A rovinare i piani di Minsk, un ampio fronte di paesi occidentali, tutt’altro che entusiasti dalla prospettiva di vedere nell’organismo un fedele alleato della Russia. A quel punto era necessario trovare qualcuno in grado di battere i bielorussi.

A suggerire alla Slovenia di provarci sarebbe stato il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, durante un colloquio con l'allora presidente sloveno Borut Pahor. Un’occasione colta al balzo dal governo di centrodestra di Janez Janša. A quel punto era fondamentale, però, non far sembrare la candidatura slovena come una diretta manovra dell’Unione europea, della Nato o degli Stati Uniti. Per farsi eleggere dall’Assemblea generale bisogna infatti conquistare due terzi dei voti. Si trattava quindi di trovare consensi anche in aree dove l’Occidente, la sua eredità coloniale e la politica estera degli Stati Uniti non sono ben viste.

Tutte zone in cui la diplomazia slovena tradizionalmente non opera e in cui forse sanno a malapena dell’esistenza del paese. Proprio per questo Lubiana ha rispolverato in Africa la sua eredità jugoslava ed il ricordo del Movimento dei paesi non allineati. La Slovenia era tutt’altro che sicura di accaparrarsi quei voti, ma alla fine lì ha convinti promettendo di farsi portavoce anche dei loro problemi e di condurre in questo biennio una politica non condizionata da Bruxelles o da Washington. La sua candidatura ha così ottenuto 153 voti, andando ben oltre ai 129 richiesti per l’elezione. I vertici politici sloveni hanno subito ribadito che, pur essendo un paese dell’Unione europea e della Nato, intendono condurre una politica autonoma nell’organismo ed anche occuparsi dell’Africa.

Tracciando le priorità del proprio mandato Lubiana ha sottolineato la sua intenzione di operare per la prevenzione dei conflitti in un momento in cui si sta registrando il maggior numero di scontri nel mondo dalla fine della Seconda guerra mondiale. L’intenzione sarebbe quella di rafforzare la “diplomazia preventiva” e di porre l’accento sulle violazioni dei diritti dell’uomo che potrebbero portare a nuovi conflitti.

Un altro punto importante è quello della tutela della popolazione negli scontri armati. Proprio per questo è importante l’opera delle organizzazioni umanitarie, ma anche quella dei tribunali internazionali che perseguono i crimini di guerra. Particolare accento, quindi, all’applicazione delle leggi internazionali con particolare riferimento alla tutela delle fonti di approvvigionamento idrico e delle infrastrutture.

Altro punto di rilievo per la Slovenia il ruolo e l’inclusione delle donne nei processi di prevenzione e risoluzione delle ostilità. Un tema, quello dell’uguaglianza di genere ribadito anche in più occasioni dalla presidente della Repubblica Nataša Pirc Musar. Il Consiglio di sicurezza dovrebbe pertanto agire in maniera più efficace di fronte a violenze a sfondo sessuale nei conflitti e contribuire a perseguire i responsabili.

Tra i punti importanti in agenda anche quello relativo ai cambiamenti climatici, al degrado ambientale, alla sicurezza alimentare e all’approvvigionamento idrico. Tutte questioni che a detta di Lubiana potrebbero contribuire a costruire la pace e a impedire i conflitti.

Un'agenda ambiziosa, con la consapevolezza che la piccola Slovenia non potrà risolvere i problemi del mondo. In un organismo rivelatosi spesso e volentieri inefficace nel prevenire e fermare i conflitti non riuscirà a far accendere i riflettori su tutti i problemi segnalati, ma forse almeno qualche faretto, facendo sentire la sua voce (non troppo) fuori dal coro.