Visione agli infrarossi

Un intenso reportage dal confine tra Slovenia e Croazia, divenuto "baluardo" esterno dell'Unione. La migrazione vista con gli occhi dei "passeur" e dei poliziotti di confine.

14/02/2005 -  Anonymous User

Di Uros Skerl - Delo
Selezionato da 'Le Courrier des Balkans' , tradotto da Osservatorio sui Balcani

"Questi punti neri sono degli animali e quegli altri, sono delle persone", nota la voce tremante di un poliziotto, congelato dal freddo dell'inverno e dal vento sferzante. Siamo in una vettura blindata nei pressi nella campagna di Brezice. Il rumore della telecamera ad infrarossi che ronza sopra le nostre teste. Tesi osserviamo lo schermo sul quale appaiono minime differenze tra i serpenti che smuovono l'erba, a pochi passi dalla frontiera, alla nostra destra, e le colonne di migranti affaticati dalla loro lunga marcia, sulla destra dello schermo. La loro dura attraversata, dall'Asia centrale sino ai nostri confini, è arrivata al termine. Alla soglia di un "futuro luminoso" alcuni poliziotti, felici di essere nuovamente riusciti a proteggere la frontiera dell'Unione europea, attendono i migranti.

I poliziotti ritengono di fare un lavoro inquietante, e, a giudicare dalle immagini registrate, si rischia di credere di partecipare ad un gioco d'azione virtuale. Solo che si tratta della realtà. Riuscire in questo "gioco" sembra alla portata di ciascuno. Solo il tempo resta un rivale all'altezza. L'arresto rapido ed immediato di questi fuggitivi offre la possibilità di prevenire altri arrivi di massa di immigrati clandestini.

Teoria economica

La Slovenia è divenuta l'avamposto della frontiera a sud est dell'Europa dall'adesione del Paese all'Unione. Tra i migranti che guadano i fiumi Krka, Kolpa, Sotla e Mura in pochi desiderano restare in Slovenia. Lo scorso anno la polizia slovena ha arrestato 5646 clandestini dei quali circa 2000 erano richiedenti asilo.

Secondo gli esperti della polizia si tratta spesso di una tattica premeditata che permette loro di evitare un'estradizione alle autorità frontaliere croate. La polizia slovena lo ritiene un abuso della domanda d'asilo. In effetti, mentre il migrante è provvisoriamente portato a Ljubjana, in uno stabile apposito o "in un centro d'ospitalità per stranieri", ha ancora qualche possibilità di riuscire ad organizzare il suo viaggio verso ovest.

"I grandi Paesi europei sono consapevoli del fatto che gli stranieri che entrano illegalmente in Slovenia si dirigono verso di loro", sottolinea Darko Postrak, a capo della sezione per la protezione della frontiera. "Così l'UE ha sbloccato dei fondi per equipaggiare la nostra polizia di mezzi moderni rendendo possibile un controllo migliore della 'linea verde'. Questo equipaggiamento comprende anche vetture con telecamere ad infrarossi".

La polizia slovena ritiene che la maggior parte di chi cerca di attraversare illegalmente la frontiera lo fa per ragioni economiche. Il controllo più serrato del confine causa sicuramente difficoltà maggiori ai migranti ed ai trafficanti di persone. Il numero degli arresti comunque ristagna e la polizia stima che circa il 30% dei clandestini riescono a sfuggire ai controlli.

Flusso continuo di migranti

I poliziotti ammettono apertamente la pena che provano davanti a queste persone braccate nelle campagne, emblema della più drammatica delle povertà. Ma, per Darko Postrak, questi migranti non sono affatto coscienti di cosa li aspetta in Europa, assoggettati al lavoro clandestino, in condizioni non molto lontane dalla schiavitù.

L'economia globale non ha limiti. Ciononostante l'approccio "economico" ed impersonale della polizia nei confronti di questa gente presenta il loro esodo esclusivamente come dovuto alla miseria. La loro demonizzazione nella società inquieta inoltre i rappresentanti delle associazioni di cittadini e i ricercatori sugli effetti negativi della globalizzazione.

"Dall'adesione della Slovenia agli Accordi di Schengen siamo ossessionati dalle migrazioni e dalla difesa delle frontiere", dichiara Aldo Milhonic, ricercatore presso l'Istituto della Pace (Mirovni Institut) di Lubiana. "Non ci rendiamo conto che migrazioni di portata ben più ampia, riguardanti milioni di persone, si verificano in Asia o in Africa. Il nostro punto di vista è molto eurocentrico". Aldo Milhonic stima che la preoccupazione dell'UE in merito alle migrazioni clandestine si stia accrescendo, e quest'ultima, arriva ad esigere nuovi centri per i rifugiati costruiti lungo le sue frontiere.

"L'UE spinge con furbizia le proprie frontiere verso l'esterno per controllare i flussi migratori. In questo modo verifica la lealtà dei Paesi candidati e la possibilità che entrino nell'Unione. Ma occorre anche fare molta attenzione alla crescita della xenofobia nella nostra società, la situazione della Slovenia è mutata radicalmente. All'inizio delle guerre balcaniche noi eravamo una terra d'accoglienza per i rifugiati della ex-Yugoslavia, ma poco a poco abbiamo dissipato questa spinta solidale".

Un Paese turistico

La ripartizione non equa della ricchezza nel mondo ispira molti artisti contemporanei che oscillano tra attivismo politico e espressione acuta dei tremori della terra. Come ha scritto Thomas Mann, gli artisti sono i sismologi in grado di avvertire i piccoli movimenti della società, piccoli sintomi che spesso annunciano catastrofi. Così, secondo gli artisti, il voyeurismo dei poliziotti nascosti nelle loro vetture blindate, l'atteggiamento collaborativi della popolazione locale presso le frontiere, l'incriminazione dei passeur che, a loro avviso, non fanno altro che aiutare dei cittadini del Terzo Mondo a cominciare una vita migliore, e soprattutto l'atteggiamento dei media non annunciano nulla di buono.

"Se chiedete a chi organizza questi 'passaggi' cosa rappresentino per loro questi migranti, vi rispondono che sono contenti per i 'loro' migranti solo se riescono a portarli dall'altra parte della frontiera", dichiarano aprlando per allusioni piene di significati Irena Pivka e Brane Zorman che, oramai da qualche anno, stanno lavorando ad un progetto artistico che si basa sul tema degli stranieri e delle frontiere.

"Va bene il transito, ma non che questi stranieri rimangano in Slovenia", è così che riassumono la mentalità dei "passeur".

Irena e Brane si sono interessati al significato della frontiera e, di conseguenza, alla differenziazione tra "noi", gli "altri" e "gli stranieri". Il progetto tratta tre ambiti che sono stati suddivisi in zona A, zona B e zona C. Questa serie esamina la risonanza nella società della soppressione delle frontiere da una parte e della creazione di nuovi muri dall'altra.

Irena Pivka e Brane Zorman analizzano l'urto della potenza e dell'impotenza della comunicazione tra gli autoctoni, protetti dalla legge, e gli stranieri, vulnerabili ed arrestati nei boschi.

All'inizio di queste riflessioni hanno girato un cortometraggio intitolato "Zona turismo", una parodia degli spot pubblicitari che invitano gli stranieri a visitare la Slovenia. In questo progetto hanno svolto un vero e proprio lavoro di ricerca. Hanno ad esempio interrogato gli organizzatori del traffico di persone nelle prigioni di Stajerska. Combinando quanto emerso con quanto affermato dai poliziotti hanno creato una storia turistica della Slovenia, una Paese turistico di transito.

120 passaggi di clandestini al giorno

I prigionieri raccontano che i passaggi avvengono senza difficoltà ed affermano che in Slovenia vengono organizzati ogni giorno circa 120 passaggi di clandestini. Questi dati non corrispondono con quelli della polizia che fissa al 70% la percentuale di tentativi bloccati.

I due artisti si sono confrontati con la polizia, con gli organizzatori dei traffici, con lo Stato, gli operatori economici prima di constatare che i dati comunicati da ciascuno di questi organismi differivano tra loro.

Il film finisce con la citazione significativa di un ufficiale di polizia: "Se il mondo si apre affinché ciascuno possa andare dove preferisce, l'umanità arriverà alla sua fine. Ci si ucciderebbe gli uni con gli altri".

Nella vettura blindata, presso le campagne di Brezice, il poliziotto ha chiuso gli occhi con soddisfazione. Lo Stato prende sul serio le frontiere, anche se non le capisce per niente.