Quarta settimana di fila di proteste di piazza nella capitale slovena. Migliaia di manifestanti contro il Green pass e contro la classe politica slovena. A guidare le proteste una figura relativamente nuova, Zoran Stevanović
L’odore acre dei lacrimogeni ed i getti degli idranti hanno caratterizzato un surreale martedì di protesta a Lubiana. Adesso Zoran Stevanović, il leader del movimento Resni.ca, è in stato di fermo. Gli agenti lo hanno portato al commissariato e ora potrebbe essere accusato di istigazione a radunata sediziosa: rischia fino a tre anni di carcere. Con lui in cella è finito anche il contestato rapper Zlatko, uno che ha fatto più volte saltare i nervi agli uomini del governo per le sue sparate contro i provvedimenti anti-covid. La polizia lo ha caricato su una camionetta quando ha tentato di portare la protesta da Piazza della Repubblica alle vie di Lubiana.
Ma andiamo con ordine. È oramai da quattro settimane che migliaia di sloveni manifestano nella capitale contro il Green pass. Il certificato verde serve per fare qualsiasi cosa, anche se a dire il vero in pochi si prendono la briga di controllare. A prendere in mano le redini del malcontento un nuovo partito, capeggiato da Zoran Stevanović. Alle ultime elezioni amministrative aveva corso, con una sua lista, per la carica di sindaco di Kranj, dove era stato sconfitto al ballottaggio dal candidato dei Socialdemocratici.
Con un passato nel Partito Nazionale, Stevanović non nasconde la sua ambizione di volere aprire il parlamento come una scatoletta di tonno. In piazza ha dimostrato di avere una retorica da trascinatore. È da settimane che si è scagliato contro il Green pass, ma anche contro tutta la classe politica nazionale, che a suo dire non sarebbe altro che una casta di corrotti, dove janšisti e antijanšisti sono l’uno complementare all’altro. La tesi è che se prima destra e sinistra avevano diviso il paese tra partigiani e domobranci ora il tentativo sarebbe quello di separare la popolazione tra vaccinati e non vaccinati. In sintesi, si tratta di uno che sa infiammare la folla e suonare magistralmente sulle corde del populismo; un po’ come faceva Beppe Grillo con i suoi “vaffanculo” lanciati dai palchi di mille piazze italiane. Anche la sua platea non sembra molto differente da quelle che riusciva a raccogliere il comico genovese. Ad ascoltarlo ci sono persone di tutte le generazioni e di varia estrazione sociale. In pratica sono quelli che sono stufi delle limitazioni ed anche coloro che non si sentono rappresentati da una classe politica che non sembra più riuscire a sentire il polso dei suoi cittadini.
Per ora i media nazionali hanno preferito ignorarlo, cercando di dargli meno spazio possibile, ma Stevanović, con il suo spregiudicato uso di Facebook, non sembra averne troppo bisogno. Nei giorni scorsi aveva annunciato che era sua intenzione bloccare il paese in vista del vertice sui Balcani Occidentali, in programma al castello Brdo, l’appuntamento più importante del semestre di presidenza slovena dell’Unione Europea.
Nella criptica comunicazione aveva annunciato il giorno e l’ora della manifestazione, ma non il luogo, dando ad intendere che l’appuntamento avrebbe potuto essere fissato anche in prossimità dell’ex residenza del Maresciallo Tito, divenuta dopo l’indipendenza la sede dei principali incontri protocollari organizzati dalla Slovenia. Nessuno avrebbe avuto l’ardire di lanciare un simile guanto di sfida. La risposta del governo è stata quella di limitare la circolazione nella capitale e nelle zone del vertice.
In Slovenia non accadeva dal 1989, ovvero dal momento in cui le autorità slovene vietarono una manifestazione dei sostenitori del leader serbo Slobodan Milošević a Lubiana. Nemmeno un colloquio con il capo dello stato, Borut Pahor è servito a mitigare i suoi propositi di scendere in piazza, ma almeno l’appuntamento è stato fissato nuovamente in Piazza della Repubblica. È la quarta settimana che accade. La prima volta era finita con una sassaiola contro il parlamento. Nessuno aveva preventivato che tante persone sarebbero venute a protestare, tanto che la polizia non aveva nemmeno piazzato le classiche transenne.
Stevanović ha subito preso le distanze da quegli scontri e ha parlato di infiltrati. La settimana successiva si è trovato con la piazza ancora più piena. Questa volta tutto è filato via liscio, mentre otto giorni fa più di diecimila persone hanno invaso le vie di Lubiana, mandando in tilt la circolazione. Il corteo, abbandonata la zona del parlamento, non ha sfilato per le eleganti vie del centro, ma ha imboccato quelle delle periferie, fatte di grigi palazzoni di stampo realsocialista. Una marcia di 16 chilometri dove alcuni contestavano alzandosi platealmente la mascherina e molti salutavano dalle finestre o finivano per unirsi al corteo. Alla fine, i manifestanti, prima di tornare in centro, sono anche riusciti a forzare il cordone di polizia e a bloccare per qualche minuto il traffico sulla tangenziale.
Dal governo sono partite severe critiche alle forze dell’ordine per quello che sarebbe stato un intervento troppo blando. Ne è seguito un repentino avvicendamento alla guida della polizia di Lubiana. Questa volta gli agenti hanno usato in pieno centro oltre 400 lacrimogeni ed hanno fatto ampio uso degli idranti. I manganelli, comunque, non sono stati tirati fuori dalle fodere.
Nel marasma generale, la pandemia ed il Green pass, così rischiano di scompaginare il sistema politico sloveno, da decenni diviso oramai tra janšisti e anti-janšisti. Una nuova figura sta salendo alla ribalta. Il fermo di polizia e un’eventuale incriminazione potrebbero portare altra acqua al suo mulino. Alla fine, la sua figura rischia di fare male a Janša e al centrodestra, ma potrebbe fare ancora più male al centrosinistra, che intanto ha già perso il monopolio delle proteste di piazza contro il governo.