Scontro a muso duro tra il presidente della Slovenia Janez Drnovšek ed il governo di Janez Janša. Non solo dichiarazioni al vetriolo ma anche importanti visite di stato all'estero che saltano. Come quella che si sarebbe dovuta tenere in questi giorni in Spagna
In Slovenia è ormai scontro totale tra il presidente della repubblica Janez Drnovšek e il primo ministro Janez Janša. L'asprissima polemica potrebbe assumere ben presto per la Slovenia i contorni di una vera e propria crisi costituzionale, se la spirale di dichiarazioni al cianuro che da tempo ormai rimbalzano tra i due gabinetti non dovesse cessare e cedere il passo ad un »patto di stabilità« tra i due massimi leader di stato.
Dopo le polemiche su Tomo Križnar e sul suo salvataggio »parallelo« in Sudan, il nuovo campo di battaglia è stato rappresentato dalla visita di stato del presidente Drnovšek in Spagna, prevista dal 2 al 4 ottobre prossimo, ma che non si farà.
Una visita considerata importante e attesa da tempo ma che il presidente ha disdetto solo 11 giorni prima in segno di protesta per la mancanza di fondi nelle casse presidenziali . Una situazione che aveva fatto prospettare persino un viaggio da Lubiana a Madrid in automobile.
Secondo Drnovšek il governo si rifiuterebbe di riconoscere alla presidenza il diritto ad un budget aggiuntivo esclusivamente per ragioni politiche. »Janša vuole controllare tutto: l' economia, la magistratura, i media, ora vorrebbe piegare anche l'istituto del presidente della repubblica, ma non gli darò questa soddisfazione«, aveva dichiarato con aria di sfida qualche mese fa un Drnovšek particolarmente orgoglioso e critico.
Dopo erano cominciati i guai con i finanziamenti. A corto di fondi, anche per alcuni viaggi non pianificati, ad esempio quelli in Bolivia e in India, la presidenza aveva fatto richiesta di circa 80 milioni di talleri (circa 340 mila euro) in aggiunta al budget annuale ormai agli sgoccioli. Una prassi tutto sommato consueta nel passato e di cui hanno usufruito anche quest'anno, ottenendo somme molto più consistenti, anche diversi ministeri.
Ma il gioverno non si è lasciato sfuggire l'occasione di condizionare politicamente l'eventuale finanziamento. »E' ora di finirla con le politiche estere parallele e non coordinate del presidente, hanno tuonato all'unisono il premier Janša ed il ministro degli esteri Dimitrij Rupel. Quest' ultimo in un eccesso di zelo e di sfida alla presidenza aveva accusato Drnovšek di essere schierato con l'opposizione rimproverandogli di farsi consigliare dall'ex ministro degli Esteri ed ex candidato alla guida del partito liberal-democratico Ivo Vajgl. Vajgl era stato in passato portavoce del ministro degli Esteri jugoslavo Budimir Lončar ma anche braccio destro di Rupel, ora è invece il primo consigliere di Drnovšek . Lo stesso Rupel, ex liberaldemocratico, transfuga nel partito democratico sloveno di Janša, era stato »premiato« con la carica di ministro degli Esteri nel 1999 dall'allora premier Drnovšek, sembra su »consiglio« di Washington, che secondo molti osservatori garantirebbe ancora oggi »l'incolumità politica« di Rupel, uomo di fiducia di Bruce Jackson, il lobbista e mercante d'armi alle dipendenze di Ronald Rumsfeld che scrisse e impose ai paesi della »Nuova Europa« la dichiarazione di Vilnius, ovvero l'appoggio politico alla guerra di Bush in Iraq.
Insomma, sullo sfondo della crisi, oltre ai dissidi politici, sono visibili anche molto astio personale e dei particolari interessi geopolitici. La vena polemica di Rupel, che oltre a fare il ministro, scrive settimanalmente infuocate colonne sul quotidiano Delo, ormai controllato dal governo, attizzando lo scontro tra Janša e Drnovšek, è quanto irrita di più il presidente che si rifiuta categoricamente di includerlo nelle proprie delegazioni in visita all'estero.
Sarebbe stato questo il vero motivo della mancata visita a Madrid. Gli spagnoli, allibiti di fronte allo scontro sloveno, avevano sollecitato una delegazione altamente rappresentativa in quanto la visita prevista era di stato. Ma Drnovšek non aveva voluto sentir parlare di Rupel e aveva proposto, quale alternativa, il ministro del Tesoro Andrej Bajuk o un segretario di stato. Infine, di fronte ai condizionamenti del governo e all'imbarazzo iberico, è stato lo stesso Drnovšek a tagliare la testa al toro chiedendo scusa all'amico re Juan Carlos di Borbone e annullando la visita per »problemi finanziari«.
Una decisione questa che ha scatenato accesissime polemiche. L'incredibile vicenda è rimbalzata sulla stampa spagnola dove si è scritto di un caso senza precedenti nella storia della diplomazia internazionale. Tanto più considerato che la Slovenia - come scrive ad esempio El Pais- è »l' ultimo miracolo dell'UE e raggiunge un reddito procapite di oltre 14 mila euro«.
Ma il problema ovviamente è anche per la stampa spagnola solo in parte finanziario. La vera molla è stata anche questa volta politica e lo scontro non può che preoccupare seriamente un'Europa sempre più in difficoltà con le nuove realtà dell' est; dalla Polonia dei gemelli Kaszynski che vogliono ripristinare la pena di morte, all'Ungheria della sollevazione »bianca« ma visibilmente »arancione« contro il premier socialista bugiardo e reo confesso. E se Lubiana non si calma e va verso la crisi costituzionale c'è da essere preoccupati.
Nel primo semestre del 2008 la Slovenia, quale presidente di turno, prenderà in mano le redini dell'Unione Europea, mentre lungo il confine con la Croazia cova il contenzioso che alcuni giorni fa sul fiume Mura ha assunto tinte drammatiche in odore di polvere da sparo.Un contenzioso che rimane aperto ed esplosivo come una mina vagante. Uno scontro in diretta tra le massime cariche istituzionali, che tra l'altro sta già polarizzando i partiti e il paese, potrebbe compromettere anche la capacità dello stato odi gestire situazioni di crisi ed eccessi nazionalistici al confine. E l'istrionico ministro degli Esteri, appoggiato dall'amministrazione Bush, con la sua spavalderia mediatica in questi giorni non ha certo gettato acqua sul fuoco. La prima schiarita si é avuta solo nei giorni scorsi. Un primo contatto, dopo tre lunghi mesi di reciproca ignoranza, tra i due presidenti che hanno dichiarato una tregua, assicurando che »incidenti« come quelli del mancato finanziamento di importanti visite di stato non dovrebbero più accadere.