Grande cordialità e messaggi forti di alleanza e partenariato. E occhi chiusi su alcune delle principali contraddizioni della Slovenia di questi ultimi anni. Si è da poco conclusa la visita del premier italiano a Lubiana

11/09/2007 -  Franco Juri

Più di qualcuno ha definito "Ostpolitik" il senso della visita di Romano Prodi, accompagnato dalla consorte, a Lubiana con tappa a Kobarid (Caporetto) e Postumia. Una visita quella tra sabato e lunedì scorso, durata due giorni e tre notti, in cui è stato naturalmente ospite di Janez Janša. Ostpolitik? C'è chi contesta questa etichetta un po' sgualcita in odor di geopolitica da tarda guerra fredda. Prodi ha omaggiato la Slovenia con una visita "vera", non una semplice tappa "di passaggio", conscio di visitare un paese vicino, anzi vicinissimo in quanto membro dell'Ue e dal prossimo gennaio, per sei mesi, presidente di turno dei ventisette.

E Prodi ha voluto lanciare a Lubiana messaggi forti di alleanza e partenariato, con l'appello accorato ad integrare i porti dell' alto Adriatico, in primis quelli di Trieste e Capodistria, sui quali potranno poi innestarsi i porti di Fiume (Rijeka), Monfalcone e Venezia per fare della costa adriatica settentrionale un grande, unico scalo, una porta d' ingresso per la Cina e le altre propulsive economie asiatiche, che possa competere con i grandi porti del nord, olandesi e tedeschi.

E poi la presidenza Ue slovena di cui l' Italia - stando a Prodi - condivide tutto: in primis le posizioni sui Balcani e sulla questione del Kosovo e la Serbia. I due paesi "condividono" anche le minoranze, quella italiana e quella slovena, sempre preoccupate di perdere ulteriormente nella grande combinatorica geopolitica, quel poco di cui dispongono.

Prodi è arrivato comunque a Lubiana con un piccolo ma importante fiore all'occhiello; la conferma da parte del suo governo della lista di 32 comuni del Friuli Venezia Giulia, tra cui Trieste e Gorizia, dove entreranno in vigore le norme di tutela per la minoranza slovena previste dalla legge varata nel 2001 dal governo D'Alema ma bloccata fin'ora da un centrodestra notoriamente ostico nei confronti degli sloveni in Italia. Si attende ora con ansia, da oltre un mese ormai, il via libera, la firma in calce al documento governativo, del presidente Giorgio Napolitano.

A Lubiana si è visto un Prodi che nei confronti di Janez Janša sprizzava ottimismo e simpatia da tutte le parti ma che è stato invece ignorato dal presidente della Repubblica Janez Drnovšek. Al premier italiano, al "vecchio amico", il presidente poco diplomatico ha dato un inaspettato quanto misterioso forfait.

Ma al di la della tanta e inevitabile retorica di circostanza i calcoli di Prodi devono fare i conti con una realtà che in Slovenia sta pesantemente privilegiando proprio chi controlla i porti del nord. Trieste e Capodistria "porto unico"? E' stata forse la visita di Prodi un tentativo in extremis di rilanciare una strategia adriatica comune? Il governo Janša sta trattando, suscitando forti perplessità e polemiche in casa, con i giganti economici tedeschi interessati al controllo delle principali imprese infrastrutturali, di trasporto e finanziarie slovene.

La Deutche Bahne, la grande società ferroviaria tedesca con capitale pubblico, sta negoziando la privatizzazione del porto di Capodistria e dell'Intereuropa, la più grande impresa di trasporti del paese, feudi indiscussi e dalle uova d'oro del SDS il Partito democratico sloveno di Janez Janša che ha nominato i consigli di amministrazione e i comitati di controllo. Tedesche sono anche le aspirazioni che guardano alle Ferrovie slovene, alla Telecom, alle assicurazioni Triglav e alla KBM la banca di Maribor.

Prodi arriva in ritardo ma ostenta fiducia dietro alla quale si cela forse la preoccupazione di veder la Slovenia scivolare completamente sotto la grande gonna di mamma Germania. Ma ci sono tra Prodi e Janša anche dei punti in comune, come ad esempio le politiche energetiche, la voglia di gas nel nord Adriatico, con i rigassificatori del golfo di Trieste in sala d'attesa; due in Italia e uno in Slovenia. I due premier potrebbero ritrovarsi uniti sul fronte antiambientalista, come uniti si ritrovano contro l'area ittico-ecologica annunciata dal croato Sanader nella metà orientale dell' Adriatico, dove pesca attualmente una flotta di 16 mila pescherecci italiani contro i 3.500 croati, e che con il primo gennaio potrebbe essere operativa anche per i paesi Ue.

Prodi non ha risparmiato lodi e incenso al programma sloveno di presidenza europea facendo finta di non aver udito le tante lamentele delle società civile slovena per le mosse poco democratiche del governo Janša; le numerose proteste dei giornalisti per un'informazione sempre più imbavagliata, il dramma in alto mare dei »cancellati« che Prodi rifiutò di ricevere e ascoltare anche quando era presidente della Commissione europea, le violazioni dei diritti civili della grande famiglia rom degli Strojan, costretta ancora all'esilio nella propria patria nonostante le promesse del governo, le purghe in odor di lustrazione a danno di quanti, alla guida degli enti pubblici, non corrispondono al profilo di funzionario politicamente leale ai partiti al potere.

Ombre di un governo che si appresta a presiedere l'Ue che Prodi preferisce ignorare nella sua ricerca di un posto al sole nell'economia ai piedi del Triglav. Per delicatezza però questa volta non è stato toccato - almeno in pubblico - nemmeno il dolente tasto dei beni abbandonati e degli indennizzi per gli esuli istriani, capitolo che Lubiana considera chiuso con gli accordi di Osimo, l'accordo di Roma e gli indennizzi già depositati dalla Slovenia su un conto fiduciario in Lussemburgo, ma che invece rimane ancora aperto per la Farnesina e palazzo Chigi. Ora la priorità pragmatica di Prodi sembra essere rimediare, per quanto è ancora possibile, alla strisciante germanizzazione economica del piccolo vicino alpino-adriatico.