Cambio di stile in Vaticano 

L’arcidiocesi di Maribor aveva deciso di lanciarsi nel mondo della finanza. Ma non ha fatto i conti con la crisi: buco di miliardi e chiesa slovena nello scandalo. Ora si sono "dimessi" l’arcivescovo di Lubiana e quello di Maribor

05/08/2013 -  Stefano Lusa Capodistria

Il crac finanziario delle holding legate all’arcidiocesi di Maribor fa saltare i vertici della chiesa slovena. La storia oramai è ampiamente nota. L’arcidiocesi aveva deciso di lanciarsi nel mondo della finanza; il mercato andava benissimo, i guadagni erano lauti e la crescita sembrava inarrestabile. Poi la crisi. Le aziende create dai preti, si sono trovate nella bufera ed hanno lasciato alle loro spalle un buco miliardario. Ad essere colpite le banche, che avevano allegramente concesso finanziamenti, ma anche più di 65.000 fedeli, che avevano affidato alle società controllate dall’arcidiocesi i loro risparmi.

Lo scandalo era stato denunciato nel gennaio del 2011 dal settimanale L’Espresso, ma era da tempo che si vociferava che gli affari non stessero andando bene. Proprio per questo la Santa sede aveva mandato a Maribor un visitatore apostolico, che non aveva potuto che prendere atto dei guai in cui si era cacciata l’arcidiocesi.

La discesa nel mondo della finanza dei preti, in Slovenia, era stata vista con scherno soprattutto dalla cospicua componente laica ed a tratti anticlericale del paese. Non erano, infatti, mancate feroci polemiche per il fatto che una delle società controllate, preposta alla distribuzione di segnali televisivi via cavo, nella sua offerta avesse anche programmi a luci rosse.

Arcivescovi dimissionari

Ora si sono “dimessi” l’arcivescovo di Lubiana Anton Stres e quello di Maribor Marjan Turnšek. Quella andata in scena non è che la prosecuzione di una lunga serie di siluramenti eccellenti. Già nel 2011 era stato defenestrato il vecchio arcivescovo del capoluogo stiriano, Franc Kramberger, mentre nel 2009 era stato fatto saltare, forse, ma non solo, per le spericolate manovre finanziarie delle aziende legate ai prelati di Maribor, anche l’arcivescovo di Lubiana Alojz Uran.

Il Vaticano, con un evidente cambio di stile, questa volta non ha cercato  di imbellettare la faccenda. Tra i motivi delle dimissioni dei due arcivescovi, così, si parla esplicitamente della difficile situazione finanziaria in cui versa l’arcivescovado di Maribor. Stres e Turnšek erano stati invitati ad andarsene alla fine dell’aprile scorso e a quel punto non hanno potuto che obbedire al pontefice. Potrebbe essere il preludio dell’inizio di una operazione di pulizia più ampia messa, in campo da papa Francesco, che potrebbe toccare lo IOR e culminare con la resa dei conti con la curia romana.

Ad ogni modo il prezzo pagato dalla chiesa slovena è altissimo. Nel giro di pochi anni ha visto uscire di scena alcuni dei suoi uomini migliori. Per loro non c’è più nemmeno posto nella Conferenza episcopale slovena, oramai ridotta all’osso. Tra tutte le teste servite su un piatto d’argento spicca quella dell’arcivescovo Stres, un raffinato intellettuale, un abile negoziatore con lo stato e una delle menti più brillanti di tutto il paese. Se n’è andato cospargendosi il capo di cenere, ma anche dicendo che né lui né l’arcivescovo Turnšek sono i principali responsabili per la situazione che si è venuta a creare a Maribor. Gli è stato “consigliato” di non farsi vedere in pubblico per un anno. È stato già annunciato che se ne andrà all’estero e che tornerà ad occuparsi di filosofia.

A seppellirlo, probabilmente, anche le affermazioni del responsabile finanziario dell’arcivescovado di Maribor, Mirko Krašovec, su cui erano, inizialmente cadute tutte le colpe per il disastro. Dopo un silenzio durato per mesi è stato proprio lui a parlare delle responsabilità collettive dell’arcidiocesi ed a puntare il dito su Stres, che all’epoca era a capo del Consiglio economico dell’arcivescovado stiriano.

Attesa per le nuove nomine

La defenestrazione di Stres è stata accolta con soddisfazione dai suoi detrattori e da coloro che avevano criticato, anche dall’interno della chiesa cattolica, le peripezie finanziarie dell’arcivescovado. Molti invece non hanno mancato di ostentare palesemente la loro rabbia. Senza peli sulla lingua don Ivan Štuhec, un influente teologo morale, ha definito la decisione del Vaticano troppo veloce e troppo dura e non ha mancato di criticare il poco riguardo usato da Roma nei confronti della chiesa slovena.

Più diplomatico, ma comunque chiaro, anche il nuovo  amministratore apostolico dell’arcivescovado di Lubiana, Andrej Glavan, chiamato a reggere le sorti dell’arcidiocesi fino alla nomina del nuovo vescovo. Il prelato ha definito la decisione sorprendente e difficilmente comprensibile. Parlando del crac finanziario e di quanto sta accadendo alla chiesa slovena è persino arrivato ad evocare l’opera di oscure forze del male.

Ora i tempi per la nomina dei nuovi arcivescovi di Lubiana e Maribor non sembrano per nulla brevi. Trovare i successori di Stres e Turnšek non sarà facile. La Conferenza episcopale slovena oramai è ridotta a sei membri, di cui solo quattro sono vescovi ordinari. Lo stesso Glavan, che esclude per ragioni d’età e di salute una sua nomina, dice di temere che chi potrebbe avere le qualità necessarie potrebbe non avere il coraggio di accettare il gravoso incarico.

Non è nemmeno escluso che il nuovo metropolita sloveno possa arrivare dall’estero. In Slovenia era già accaduto nel 1997, quando tornò in Slovenia Franc Rode: cresciuto in Argentina, in una famiglia fuggita dal paese dopo la Seconda guerra mondiale e ritornato in patria, per una breve parentesi, nella seconda metà degli anni Sessanta, prima approdare in Vaticano. Il suo predecessore Alojz Šuštar, con grazia ed eleganza, era riuscito a dialogare, già negli anni Ottanta, persino con le autorità comuniste. Con Rode i rapporti tra stato e chiesa si radicalizzarono e si inasprirono anche i rapporti della chiesa con  l’opinione pubblica laica ed i mass-media. Fu tollerato più che amato, forse, anche all’interno della stessa chiesa slovena.

Dopo quella parentesi Rode assunse, sino al 2011, il  prestigioso incarico  di prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata. Poi venne rimosso “per raggiunti limiti di età”. Ad ogni modo per lui, nel 2006, arrivò addirittura la porpora cardinalizia. Oggi l’esponete sloveno più in vista nella curia romana commenta la vicenda in maniera ambigua. Nel rimarcare la sua fedeltà assoluta al papa e la sincera accettazione delle sue decisioni, esprime anche la sua vicinanza fraterna ai vescovi defenestrati e precisa di aver fatto tutto quello che era nelle sue forze, per trovare una soluzione adeguata, nella consapevolezza, che la decisione finale è nelle mani del santo padre.