Borut Pahor

Fermato sul treno Zagabria-Lubiana uno squilibrato, armato di bombe a mano, che sosteneva di voler attentare alla vita del premier sloveno Pahor, per "risolvere" il contenzioso sul confine sloveno-croato. Chiuso l'incidente, il governo sloveno torna a fare i conti con frizioni interne e crisi

16/07/2009 -  Stefano Lusa Capodistria

Venerdì scorso, per i viaggiatori del treno che da Zagabria andava a Lubiana, doveva essere un normale controllo di frontiera. Ad un certo punto il poliziotto sloveno ha fatto scendere uno di loro. I controlli avevano evidenziato che non poteva entrare nell'area Schengen. Si trattava di un croato espulso dalla Germania dopo aver scontato una condanna per un attentato dinamitardo.

Josip Zagajski è un veterano di guerra, che ha combattuto nella zona di Vukovar dove ha riportato ferite alla testa oltre che aver passato un periodo in un campo di prigionia serbo. Ha un'invalidità del 90% e una serie di problemi psichici.

Nella stazione di polizia l'uomo ha estratto una bomba ed ha tolto la sicura. Solo il pronto intervento dell'agente che lo stava perquisendo, ed il repentino arrivo dei suoi colleghi, ha evitato il peggio. Durante il controllo sono stati rinvenuti altri quattro ordigni esplosivi.

Le bombe sarebbero dovute servire per orchestrare un attentato nientemeno che contro il premier sloveno Borut Pahor. L'autore avrebbe tentato di risolvere così il lungo contenzioso confinario tra Slovenia e Croazia ed il recente blocco imposto da Lubiana al cammino europeo di Zagabria.

A suo dire sul treno ci sarebbero stati altri complici. Gli inquirenti hanno subito provveduto a blindare la stazione di Lubiana, dove era arrivato il convoglio. Il treno è stato messo letteralmente a soqquadro, mentre i 105 passeggeri sono stati sottoposti a minuziosi controlli. Alla fine le illazioni di Zagajski si sono rivelate fasulle.

La vicenda ha subito catalizzato l'attenzione dei mass-media sloveni. Il premier Pahor, con il suo solito sorriso smagliante, ha rassicurato i cittadini spiegando di non temere per la sua incolumità; intanto è stato subito annunciato che sarebbero state intensificate le misure di sicurezza. A condannare immediatamente l'episodio anche la nuova prima ministra croata, Jadranka Kosor.

I poliziotti che hanno sventato l'attentato sono subito stati presentati come degli eroi nazionali. Ricevuti in pompa magna dal premier, dal ministro degli interni Katarina Kresal e dal capo della polizia, Janko Goršek sono stati insigniti di un'alta onorificenza per il coraggio dimostrato e di un modesto premio in danaro di 400 euro.

In Slovenia, per ora, non era mai stata presa seriamente in considerazione l'idea che un politico potesse essere preso di mira da un attentatore. Le più alte cariche dello stato girano con scorte ridottissime. Non sono poche, comunque, le occasioni in cui si possono notare il capo dello stato o il premier passeggiare tranquillamente da soli per città o in mezzo alla gente nel corso di manifestazioni.

Dalla sua indipendenza, la Slovenia, registra un solo attentato nei confronti di un politico. Nel luglio del 1992, nel corso di un raduno preelettorale, venne freddato con una fucilata Ivan Kramberger. Si trattava di un candidato indipendente populista che aveva ottenuto, con grande sorpresa di tutti, alle elezioni del 1990, quasi il 19% dei voti. In quell'occasione stava ritentando la scalata allo scranno presidenziale. I retroscena di quell'omicidio, per cui fu condannato un uomo, che in un primo momento ammise di aver sparato in stato di ebbrezza, non vennero mai del tutto chiariti.

La vicenda dell'attentato ha fatto spostare per un attimo i riflettori dai problemi che attanagliano Pahor ed i suoi ministri. I provvedimenti sin qui adottati per arginare la crisi economica non sembrano efficaci. Quelli che erano i colossi ed il vanto dell'industria slovena paiono essere in crisi profonda. Una vera e propria bomba sociale potrebbe essere il fallimento della Mura. L'azienda tessile situata nel nord est del paese dà lavoro ad oltre 3000 persone, che ora potrebbero andare a rimpinguare le fila dei disoccupati. Per loro non ci sarebbero valide alternative per un reinserimento nel mondo del lavoro in regione.

Pahor, poi, deve fare i conti con l'immagine sempre più in declino del suo governo. Per metterlo in ridicolo non serve nemmeno l'opposizione. Alcune settimane fa qualcuno si era dimenticato di chiudere i microfoni durante una riunione dell'esecutivo. I cittadini hanno potuto così ascoltare in internet parte della seduta. Quaranta minuti in tutto in cui la ministra della Pubblica amministrazione Irma Pavlinič Krebs e quella degli Interni Katarina Kresal si sono lasciate andare in un gustoso battibecco sui tagli dei dipendenti pubblici. Pahor, alla fine, non sapendo che pesci pigliare, ha cercato di rimandare la questione ad una delle prossime riunioni dell'esecutivo.

Come se ciò non bastasse è tornato a far parlare di se il controverso ministro delle Finanze, Franc Krizanič. Dopo aver prima promesso una paga minima di 1000 euro entro la fine del mandato e 500 euro di reddito di cittadinanza; poi minacciato di tagliare le sovvenzioni per gli asili per far quadrare i conti, questa volta ha parlato di un'ipotetica tassa per i cittadini senza figli. Sommerso dalle critiche ha cercato di correre ai ripari tirando in ballo sgravi fiscali per i genitori.

Rimane, invece, difficile la posizione del ministro della Scienza e della Tecnologia, nonché leader dei Zares Gregor Golobic su cui adesso l'opposizione chiede l'istituzione di una commissione d'inchiesta, mentre ora anche la ministra degli Interni e presidente della Democrazia liberale, Katarina Kresal si trova nella bufera. Sua madre Friderika Kresal avrebbe, infatti, acquisito in maniera non del tutto trasparente una serie di dati per la sua attività di presidente della Camera dei fisioterapisti.

Intanto anche il delfino di Pahor, il vicepresidente socialdemocratico, nonché ministro dei Trasporti, Patrick Vlačič sta facendo parlare di se. Al centro dell'attenzione ci sono le contestate nomine ai vertici delle ferrovie slovene e del porto di Capodistria. Il giovane ministro, però, si è fatto notare anche racimolando circa 12mila euro di multa. Il suo autista, con lui a bordo, viaggiava sulla corsia d'emergenza dell'autostrada con il lampeggiante blu acceso, un accessorio che non avrebbe nemmeno dovuto essere sulla macchina del suo ministero.