Dopo aver mostrato il suo sostegno precipitoso e incondizionato a Donald Trump, il primo ministro sloveno sta accorrendo ora in sostegno di Ungheria e Polonia, che rifiutano ogni controllo dello stato di diritto e che stanno bloccando il bilancio comunitario e il piano di rilancio europeo
(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 19 novembre 2020)
Lunedì Janez Janša non si è opposto all'adozione del bilancio europeo e del Recovery fund. Ma il giorno dopo, il primo ministro ha preso in mano la sua penna migliore per annunciare a Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, che la Slovenia sostiene Ungheria e Polonia nella loro opposizione al meccanismo che collega l'assegnazione di fondi comunitari al rispetto dello stato di diritto nei paesi membri. "Solo un organismo giudiziario indipendente può dire cosa sia lo stato di diritto, non una maggioranza politica", ha sottolineato il primo ministro sloveno.
In un'altra lettera, questa volta indirizzata a Ursula von Der Leyen, presidente della Commissione, Janez Janša ha spiegato ampiamente la sua posizione, riferendosi all'esperienza di coloro "che hanno trascorso parte della loro vita sotto un regime totalitario", prima di evocare la scomparsa dell'Impero Romano e di chiamare all'unità europea di fronte alla "reale" minaccia rappresentata dall'Islam.
Nelle ultime settimane il capo del governo sloveno si è distinto per il suo fermo sostegno a Donald Trump. Janša, utilizzatore compulsivo di Twitter fin dal suo ritorno al potere in primavera, si è distinto congratulandosi con l'inquilino della Casa Bianca il giorno dopo le elezioni americane per la sua vittoria "certa". Un entusiasmo tanto frettoloso quanto appariscente che aveva sorpreso, soprattutto perché proveniente dal capo del governo di un piccolo paese di due milioni di abitanti, noto soprattutto per la sua discrezione e moderazione.
Figura della destra slovena dall'indipendenza della Slovenia, Janez Janša è tornato al potere nel marzo 2020, in seguito al crollo della variegata coalizione centrista guidata da Marjan Šarec il cui governo era stato istituito proprio per impedirgli di assumere la guida del paese dopo le elezioni legislative del giugno 2018. Il suo Partito democratico sloveno (SDS) le aveva vinte dopo una campagna apertamente xenofoba. Un discorso anti-migranti modellato su quello del Fidesz dell'umo forte di Budapest Viktor Orban a cui la crisi migratoria ha permesso di aumentare notevolmente la propria influenza nell'Europa sud-orientale.
Già nel settembre 2018 tre eurodeputati SDS avevano dato il loro appoggio all'Ungheria di Viktor Orban, opponendosi all'attivazione dell'articolo 7 del Trattato sull'Unione Europea, che punisce "gravi e persistenti violazioni di valori dell'Unione ”. La Slovenia ora fa un altro passo verso gli ultraconservatori del gruppo Visegrád.