Anche questa estate rimarranno i controlli di frontiera tra Slovenia e Italia e di conseguenza anche tra Slovenia, Croazia e Ungheria. La sospensione degli accordi di Schengen di libera circolazione viene giustificata con una presunta minaccia terroristica. In realtà si cerca di tenere a bada i migranti irregolari
Dureranno almeno fino al 21 dicembre prossimo i controlli al confine tra Slovenia ed Italia e di conseguenza anche quelli degli sloveni ai valichi con Croazia e Ungheria. L’ultimo vertice tra i ministri degli Interni di Slovenia, Italia e Croazia, in programma a Gorizia, non ha portato novità significative, se non la volontà dei tre paesi di continuare a collaborare per far fronte all’“emergenza” emigrazione. Non si è realizzato, quindi, l’auspicio di ritornare alla normalità prima dell’inizio dell’estate, evitando ai vacanzieri chilometriche code al rientro dalla Croazia.
Il provvedimento era scattato l’ottobre scorso e doveva essere solo temporaneo. All’epoca c’era chi ottimisticamente prevedeva che tutto sarebbe finito prima delle vacanze di Natale. Non è stato così. Il ripristino dei controlli al confine era stato chiesto a più riprese da alcuni esponenti del centrodestra del Friuli-Venezia Giulia. Si credeva così di porre un argine all’immigrazione irregolare o almeno di dare ad intendere che si era intenzionati ad agire con ogni mezzo.
I politici locali, del resto, farebbero volentieri a meno degli immigrati, che arrivano a Trieste, dopo aver percorso la rotta balcanica. Anche con la polizia e l’esercito messi a presidiare i valichi i migranti, però, non hanno smesso di giungere in città. Il capoluogo giuliano non è certo la meta finale del percorso, ma solo una delle tappe intermedie di un viaggio che come punto di arrivo non ha quasi mai nemmeno l’Italia.
La sospensione di Schengen con la Slovenia non è arrivata inaspettata, ma Roma ha deciso di farlo solo all’indomani dell’attacco di Hamas a Israele. Lubiana ha subito fatto altrettanto con Croazia e Ungheria. La scusa è stata quella di far fronte ad una presunta minaccia terroristica proveniente dai luoghi del conflitto. In otto mesi non risulta che alcun “terrorista” o presunto tale sia stato fermato dalle autorità slovene o italiana.
Per alcuni è un provvedimento necessario vista la complicata situazione a livello internazionale; per altri è invece solo una teatrale e costosa esibizione di muscoli, per dare la sensazione che si stia facendo qualcosa; per altri ancora si tratta di un inutile spreco di risorse e uomini, che potrebbero essere impiegati nel pattugliamento dei boschi e dei sentieri da dove effettivamente passano i migranti.
All’atto pratico, tra Slovenia ed Italia molto spesso ad essere fermati sono gli autobus, i furgoni e le macchine con targhe o occupanti dall’aspetto “esotico”. Tutti gli altri passano davanti alle forze dell’ordine soltanto decelerando.
L’Italia così ha emulato l’Austria, che da tempo ha sospeso l’accordo di Schengen con la Slovenia. Lì la polizia era stata rispedita ai confini nel 2015, al culmine della crisi migratoria lungo la rotta balcanica. Doveva restarci solo sei mesi, ma non ha mai abbandonato le frontiere slovene e nemmeno quelle ungheresi.
In Slovenia, comunque, nessuno per ora ipotizza di rimettere i controlli al confine con Austria e Italia. Lubiana, a dire il vero, non aveva però esitato a chiudere i confini italiani o almeno a limitare notevolmente l’ingresso in Slovenia al tempo dell’emergenza covid. All’epoca aveva fatto il giro del mondo l’immagine di Piazza della Transalpina, che unisce Gorizia a Nova Gorica, divisa da una rete.
Sta di fatto che la libera circolazione diventa di giorno in giorno meno libera ed i cittadini si stanno nuovamente abituando ai controlli di frontiera. Per ora nessuno è in grado di ipotizzare quando spariranno. Quello che è certo, però, è che uno dei fondamenti su cui è costruita l’Unione europea pare sempre più irreversibilmente incrinarsi. Per molti è il segno che l’epoca dei sovranismi (ma sarebbe meglio dire nazionalismi) sta nuovamente prendendo piede.
Paradossalmente, però, erano anni che non si vedevano tanti sloveni e croati per le vie di Trieste. La città è apprezzata per i suoi locali e per la sua poliedrica offerta culturale. Qualcuno ha anche acquistato casa. Grazie all’impennata dei prezzi in Slovenia e Croazia, Trieste è diventata abbordabile ed anche interessante, da tutti i punti di vista: anche per andarci a cena.
Dopo l’avvento del libero mercato in Slovenia e Croazia e il conseguente arrivo di prodotti occidentali nei negozi dei due paesi, la popolazione si era quasi disabituata ad andare a fare acquisti oltrefrontiera. Una usanza che era invece praticamente settimanale per molte famiglie al tempo della Jugoslavia socialista. Oggi sono tornati ad affollare i supermercati italiani. Quando i prezzi sono aumentati in Slovenia e Croazia si è tornati a fare quello che si faceva una volta, si passava il confine e si andava a fare acquisti.
Accade spesso così che nei centri commerciali triestini e goriziani si senta parlare più sloveno che italiano. Acquirenti con carrelli stracolmi fanno incetta di generi che a casa loro sono notevolmente più cari: pasta, super alcolici, detersivi e persino prodotti sloveni che vengono venduti in offerta. Così un lunedì in un supermercato sorprendentemente vuoto e con pochi prodotti sugli scaffali, alla considerazione rivolta alla cassiera: “Ma cos’è successo!”. La scontata risposta in triestino è stata: “Podevi vegnir ieri. I se ga calado dalla Slovenie a dalla Croazia come cavallette e i ga svodado tutto”.