Gli hanno perquisito casa, uffici del comune e le aziende di famiglia. Non è stato un giovedì facile per il sindaco di Lubiana Zoran Janković. Lui palesa tranquillità ma le accuse che gli potrebbero essere mosse alla fine dell'inchiesta sembrano gravi. Un nostro approfondimento
23 perquisizioni, 6 fermi, telecamere e giornalisti in fibrillazione per la spettacolare azione della polizia di giovedì scorso. Gli inquirenti hanno perquisito la casa del sindaco di Lubiana, Zoran Janković e dei suoi figli, poi gli uffici del comune, delle aziende di famiglia e delle imprese coinvolte nella costruzione del complesso sportivo di Stožice, che ospita il nuovo stadio di Lubiana. Alla fine gli inquirenti se ne sono andati con una serie di computer sequestrati e scatoloni di documenti. La polizia ha subito annunciato che avrebbe sufficienti elementi per far scattare le denunce.
Stadio e terreni
La faccenda riguarda il pagamento che il comune di Lubiana avrebbe fatto all'impresa che doveva costruire l'impianto sportivo e le strane transazioni che sarebbero poi partite da quest'ultima verso un’azienda di un dipendente di uno dei figli del sindaco e da questa a quelle legate alla famiglia Janković.
In ballo ci sarebbe, poi, anche una compravendita di terreni che da agricoli sono diventati edificabili e che erano stati acquisiti da srl cipriote che secondo ipotesi giornalistiche sarebbero in realtà di proprietà dei figli del sindaco, nonché altre transazioni finanziarie con ditte straniere.
Delle indagini su Janković si speculava da tempo. La questione era stata tirata in ballo pesantemente in campagna elettorale, dove più che del suo programma si è parlato dei suoi affari e anche dei suoi ingombranti figli, lanciati nel business.
Janković, che giura sulla sua innocenza e sulla trasparenza di tutte le operazioni fatte, aveva lui stesso invitato gli inquirenti ad indagare ed a fare definitiva chiarezza. Adesso è stato accontentato e così probabilmente ora dovrà vedersela con i giudici.
Una giornata felice
Sorriso stampato sulle labbra, sicuro di sé e apparentemente rilassato, Janković, sbrigate le pratiche con la polizia, è corso a firmare un megacontratto d'appalto per la costruzione di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti e poi non ha mancato di dire che per lui giovedì è stato anche un giorno felice visto che era appena nata la sua nipotina. Il vincitore delle ultime elezioni politiche, nonché leader dell’opposizione non ha urlato al complotto politico, ed ha sottolineato la correttezza delle forze dell’ordine.
Il raffazzonato movimento del sindaco, messo insieme su due piedi alla vigilia del voto politico, gli ha giurato subito incondizionata fedeltà e Janković ha ribadito che non ci pensa per nulla a rassegnare le dimissioni dalla presidenza del suo partito o dalla carica di sindaco di Lubiana.
I suoi seguaci hanno fatto, però, qualche illazione: hanno detto che se lo aspettavano, che è inusuale che si perquisisca la casa del leader dell’opposizione e hanno parlato del momento contingente in cui l’operazione è stata orchestrata. In parlamento era in pieno corso il dibattito sulla costituzione di una Bad bank, che dovrebbe accollarsi miliardi di euro di cattivi investimenti fatti dalle banche controllate dallo stato, e quello sulla costituzione di una holding che dovrebbe andare a gestire le imprese a partecipazione statale. Provvedimenti questi su cui l'opposizione di centrosinistra mostra di nutrire più di qualche dubbio.
Non è passato inosservato nemmeno il fatto che il tutto è avvenuto alla vigilia dell'avvicendamento ai vertici della polizia e subito dopo che il ministro degli Interni, Vinko Gorenak, aveva fatto una sibillina dichiarazione in parlamento in cui diceva che era giunto il momento della verità, almeno per i primi della fila. La polizia dal canto suo ha negato che ci siano state pressioni politiche e ad onor del vero l'inchiesta su Janković è partita ben prima che il governo i centrodestra si insediasse e anche prima che si decidesse a scendere in campo.
A fine carriera? Proprio no
Il salvatore del centrosinistra, alle scorse elezioni, per ora non sembra affatto politicamente spacciato, del resto, in Slovenia, la guerra culturale tra “bianchi e rossi ” (la versione in salsa slovena degli scontri tra guelfi e ghibellini) non lascia molti spazi a sottili ragionamenti sul rapporto tra etica e politica.
Oggi il paese, che si era presentato dopo l’indipendenza, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, come una tranquilla ed ordinata parte centroeuropea, molto distante dal pantano balcanico, sembra ripiombare lì dove, forse, era sempre stato: nel profondo sud est d’Europa.
I fatti parlano da soli. Il capo del governo Janez Janša è coinvolto in un processo per corruzione legato alla fornitura di blindati finlandesi all’esercito sloveno. Il procedimento penale è in pieno corso, ma lui in questi mesi è stato troppo impegnato a governare per farsi vedere con regolarità alle udienze. Ha fatto intendere, comunque, che il procedimento nei suoi confronti non è una cosa seria, che nulla potrà essere provato e che si tratta di una congiura ordita dalle "toghe rosse".
Come se ciò non bastasse sul premier continuano ad aleggiare pesanti illazioni che lo presentano come uno degli uomini chiave dei traffici d'armi che sarebbero passati, al tempo della guerra, attraverso la Slovenia verso Croazia e Bosnia. L'accusa, a lui e a tutta la classe politica dell'epoca, è stata rilanciata recentemente da due giornalisti, Matej Šurc e Blaž Zgaga, che hanno pubblicato un'inchiesta di ben tre volumi, corredata da una miriade di documenti.
Adesso di fronte ai giudici, probabilmente, ci finirà anche Janković, presumibilmente con accuse pesanti come quelle di truffa, di riciclaggio ed altro ancora. La stessa Unione europea, che aveva finanziato in parte il progetto del centro sportivo di Lubiana, ha subito chiesto di vederci chiaro e se ci fosse del marcio sarebbe l'ennesima brutta figura di Lubiana a Bruxelles.
Così mentre il capo del governo e quello dell'opposizione attendono le sentenze definitive per tirarsi eventualmente indietro, centrosinistra e centrodestra continuano la loro lotta senza quartiere e senza esclusione di colpi. Ai cittadini, invece, non rimane che sperare che la mediocre classe politica, oltre che a risolvere le sue beghe ideologiche e giudiziarie, riesca a trovare soluzioni adeguate per la crisi economica che sta pesantemente colpendo il paese.