Una statua raffigurante Janez Janša durante le proteste antigovernative a Lubiana nel 2020 © B7 Photography/Shutterstock

Una statua raffigurante Janez Janša durante le proteste antigovernative a Lubiana nel 2020 © B7 Photography/Shutterstock

Il consenso per il partito del primo ministro sloveno Robert Golob è sceso a un terzo di quando ha vinto le elezioni solo un anno e mezzo fa. Il centro sinistra è in crisi, ma non lo è da meno il centro destra. Lo spauracchio è ancora Janez Janša

14/12/2023 -  Stefano Lusa Capodistria

I sondaggi sono impietosi. Ormai da settimane il consenso per Movimento Libertà è in caduta libera. Il partito che aveva stravinto le elezioni dell’aprile del 2022, ottenendo quasi il 35% dei consensi, oggi si attesta intorno al 13%. In repentino calo anche l’indice di gradimento per il premier Robert Golob, l’ennesimo volto nuovo della politica nazionale che doveva raccogliere l’eredità di Janez Drnovšek.

Il leader della Democrazia Liberale era riuscito a traghettare il paese verso la Nato e l'Unione Europea. Aveva saputo soprattutto dare credibilità al centrosinistra sloveno, che dopo la sua morte è entrato in profonda crisi rimanendo senza idee e senza un vero e proprio progetto politico per il paese.

Golob in un anno e mezzo di governo ha promesso molto e realizzato poco. La sua scarsa conoscenza degli equilibri che regolano la politica nazionale e la macchina istituzionale lo hanno portato spesso e volentieri a far inceppare il delicato ingranaggio. Il manager goriziano non sembra proprio aver capito che la gestione dell’esecutivo è cosa ben diversa da quella di un consiglio di amministrazione.

Con fare da padrone ha cambiato cinque ministri del suo partito. Non tutti se ne sono andati di buon grado ed adesso si trova a dover rispondere davanti ad una commissione d’inchiesta parlamentare sulle presunte ingerenze che avrebbe voluto esercitare sui servizi segreti, magistratura e la polizia.

Lui ed i suoi uomini se la prendono con i media, colpevoli di non presentare nella “giusta” maniera il suo operato e quello del suo governo. Si tratta, quindi, dell’ennesimo politico sloveno che ai giornalisti preferirebbe una pletora di addetti stampa pronti a curare la comunicazione strategica per far crescere i consensi per lui ed il suo partito.

Nel centrosinistra, intanto, la tensione è palpabile. Da una parte c’è chi lo critica pesantemente e dall’altra chi tenta una poco convincente difesa d’ufficio. Lo scenario del resto è inquietante. All’orizzonte ci sono le elezioni europee. A questo appuntamento in Slovenia tradizionalmente la partecipazione è scarsa. Potrebbe profilarsi così una netta vittoria del centrodestra. Le conseguenze per l’esecutivo potrebbero essere catastrofiche: Sinistra e Socialdemocratici potrebbero distanziarsi da Movimento Libertà, mentre nel paese potrebbe ancora una volta ripetersi l’affannosa ricerca dell’ennesimo volto nuovo della politica per impedire che Janez Janša torni a prendere in mano le redini del paese.

I democratici sono saldamente primi nei sondaggi, ma anche loro vivono un momento incerto. Nel partito Janez Janša resta il leader incontrastato, ma nessun altro pare volerlo nuovamente alla guida del paese, nemmeno i suoi potenziali alleati. Alle sue spalle sembra stagliarsi la sempre più ingombrante figura di Anže Logar. Quello che era stato un suo fedele scudiero, dopo le elezioni presidenziali, è diventato un suo potenziale antagonista. Lì Logar è stato sconfitto da Nataša Pirc Musar, ma ha dimostrato di poter raccogliere consensi trasversali, che mai sarebbero andati a Janša.

L’ex ministro degli Esteri per un po' se ne è rimasto tranquillo, poi ha fondato una sua piattaforma civica con uomini di varia provenienza politica ed alla fine ha lasciato la guida di un importante organismo del partito. Contrariamente alla granitica coesione dei deputati democratici in parlamento ha persino avuto l’ardire di votare in dissenso con il suo gruppo parlamentare. A quel punto Janša ha dato ad intendere che le posizioni di Logar non sono più necessariamente quelle dei democratici e lo ha accusato apertamente di stare lavorando per fondare un suo partito.

Negli ultimi tempi, d’altronde, sono in molti a tirarlo per la giacca ed a chiedergli di scendere nettamente in campo, magari mettendo in piedi una forza di centrodestra alternative a quella di Janša. Lui per ora non si è sbottonato. I precedenti, comunque, non giocano a suo favore.

Una simile operazione era stata messa in atto nel 2011 da Gregor Virant, potente ministro della Pubblica Amministrazione del primo governo Janša e promotore di una radicale riforma del settore. Il suo movimento passò come una meteora nel firmamento politico sloveno, dopodiché Virant sparì dalla scena pubblica.

Logar non pare intenzionato a fare la sua fine. Qualcuno, così, auspica che se ne continui a stare in disparte in attesa che Janša si ritiri e gli ceda la barra del comando. Una prospettiva, questa, che potrebbe anche essere molto lontana. Oggi i sondaggi dicono che Logar è il politico più apprezzato nel paese. Dalle presidenziali in poi si trova quasi costantemente al primo o al secondo posto negli indici di gradimento dei politici.

La cosa non preoccupa solo i fedelissimi di Janša, ma anche il centrosinistra, angosciato che possa emergere una figura non direttamente legata ai loro centri di potere. Proprio per questo non mancano di dire che il suo distacco da Janša è tutt’altro che reale, ma che si tratta solo di un’abile mossa del diabolico leader del centrodestra per conquistare consensi laddove non ne avrebbe mai avuti.

L'anno si chiude così tra i soliti corsi e ricorsi della storia nazionale. Al di là dei protagonisti che vanno e vengono, tutto continua a ruotare intorno ad una sola stella. Se tutto nel paese può essere messo in discussione, l’unica certezza pare essere la centralità di Janez Janša intorno a cui gira tutto il firmamento politico sloveno.