Janez Janša © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Janez Janša © Alexandros Michailidis/Shutterstock

La Slovenia è sull'orlo di una crisi di nervi, l'opposizione cerca in tutti i modi di buttare giù Janez Janša. Tuttavia le mozioni di sfiducia contro il suo governo e i suoi ministri sono finite in un nulla di fatto. Nel frattempo si fa il countdown per le elezioni di primavera

02/12/2021 -  Stefano Lusa Capodistria

Ogni mattina sugli account social del centro-sinistra compaiono i giorni che mancano alle elezioni. Oramai il sole deve tramontare 143 volte per arrivare all’alba del 24 aprile, data in cui, il Capo dello stato, Borut Pahor, ha annunciato che si andrà al voto.

La Slovenia intanto è sull’orlo di una crisi di nervi. È dall’ottobre del 2020 che l’opposizione sta cercando di fare di tutto, senza riuscirci, per defenestrare Janez Janša. Oltre una decina le mozioni di sfiducia che sono state promosse contro il suo governo e i suoi ministri. Tutte si sono risolte con un nulla di fatto.

L’unica ad andarsene con una mozione di sfiducia sul capo è stata la ministra dell’Agricoltura Aleksandra Pivec, ma lei se ne è andata prima che la faccenda arrivasse in aula. Ad onor del vero bisogna dire che più che le bordate dell’opposizione hanno fatto i dissidi all’interno del Partito dei pensionati. Dopo di lei ha gettato la spugna solo la debole ministra della Giustizia, Lilijana Kozlovič.

L’esponente capodistriana del Partito del centro moderno non era riuscita a far digerire al governo la nomina di due magistrati sloveni nella procura europea. I due erano invisi al premier Janez Janša. Nel corso della loro carriera erano stati coinvolti in contese giudiziarie che lo vedevano implicato. Il governo, in armonia con il principio di indipendenza della magistratura, avrebbe solo dovuto prendere atto della loro nomina ma non lo ha fatto; in compenso ha annullato tutto il procedimento, ma con insolita solidarietà gli unici due magistrati che si sono ripresentanti sono stati proprio i due che l’esecutivo non voleva mandare a Bruxelles.

A causa del lungo ritardo nella procedura di nomina, la Slovenia è stata al centro di una serie di critiche sempre più dure. Marjan Dikaučič, il successore della Kozlovič, ha cincischiato sin che ha potuto; ma alla fine il governo, con una buona dose di creatività, ha dato luce verde a Matej Oštir e Tanja Frank Eler, nominandoli solo temporaneamente, mentre immediatamente è stata messa in procedura una norma che di fatto toglierebbe alla magistratura qualsiasi possibilità di scelta, demandando il tutto al governo. Una volta approvata, Lubiana potrebbe chiedere ai due di tornare a casa e Janša ed i suoi uomini potrebbero mandare a ricoprire quegli incarichi a magistrati di loro gradimento.

Dikaučič, intanto, indagato per evasione fiscale, non ha avuto difficoltà a superare indenne l’ennesima mozione di sfiducia alla Camera. L’inconsistente ministro ha ottenuto pochi consensi anche tra i sostenitori del governo, ma l’opposizione ancora una volta non è riuscita a trovare tutti e 46 i voti necessari per farlo fuori. Nella storia della repubblica tanti se ne erano andati per molto meno. Un'altra ministra del Partito del centro moderno si era salvata da un'altra mozione di sfiducia alcuni giorni prima. Simona Kustec, a capo del dicastero dell’Istruzione è da tempo del mirino dell’opposizione per il modo in cui ha gestito il suo settore in tempo di pandemia. Lei si è difesa buttandola anche sulla discriminazione di genere, mentre i sostenitori del governo sono arrivati addirittura a paragonarla a Maria Teresa, l’imperatrice d’Austria che diede un impulso fondamentale per lo sviluppo della scuola nell’Impero e quindi anche in Slovenia.

Adesso toccherà al controverso ministro dell’Interno, Aleš Hojs e poi a quello dell'Ambiente, Andrej Visjak. Quest'ultimo è al centro di uno scandalo per una serie di colloqui poco istituzionali con un magnate sloveno risalenti a 15 anni fa, quando ricopriva l'incarico di ministro dell'Economia. All'epoca avrebbe definito “stupido” il pagamento delle tasse. A ballare è soprattutto il posto di Visjak, anche se appare improbabile che gli alleati dei Democratici votino a favore della defenestrazione del ministro, mentre l’astensione lo farà rimanere in sella come accaduto con Dikaučič.

Intanto il governo procede spedito e con la delicatezza di un Caterpillar nel suo progetto di riforma della Slovenia. Grazie ad una nuova norma, approvata dalla sua risicata maggioranza, sono stati destituiti tutti i capi delle stazioni di polizia; alla Corte costituzionale è stato nominato un giudice a cui era stato imputato di aver detto che si sarebbe potuto anche sparare ai migranti che tentano di passare illegalmente il confine (lui ha giurato e spergiurato di aver mai affermato una cosa simile); mentre stanno saltando uno dopo l’altro i vertici delle aziende eletto-energetiche del paese. In ballo ci sarebbe la gestione di un sacco di soldi. I direttori cacciati puntano il dito contro il Partito Democratico di Janez Janša e uno dei dirigenti dice addirittura di essere stato chiamato a rapporto nell'ufficio del gruppo parlamentare del partito, dove gli sarebbe stato raccomandato di rassegnare le dimissioni. Lui non l'ha fatto ed è stato immediatamente rimosso.

Niente riconferma nemmeno per Robert Golob alla guida della GEN-I, uno dei colossi della distribuzione di energia elettrica in Slovenia ed anche in tutto il resto della regione. Il pittoresco personaggio era stato uno degli uomini del premier Janez Drnovšek e poi aveva ricoperto posti importati in Slovenia Positiva di Zoran Janković e nel partito di Alenka Bratušek. In ogni modo sotto la sua direzione la GEN-I ha letteralmente preso il volo. Aveva in tasca un progetto di “riconversione verde” del paese, eliminando il carbone dalla produzione nazionale di energia elettrica per puntare sulle energie rinnovabili e sul nucleare (sic!). A schierarsi con lui anche un vecchio amico di Janša, il generale Anton Krkovič. Fu lui a guidare il picchetto d’onore in piazza della Repubblica al momento della proclamazione dell’indipendenza. Era considerato uno dei più fidati collaboratori del premier, tanto da finire in carcere assieme a lui a causa dello scandalo legato alle tangenti per la fornitura all’esercito dei blindati finlandesi Patria. La sentenza venne poi cancellata dalla Corte costituzionale. Ora Golob viene indicato come un possibile frontman del centrosinistra, ma è difficile che gli ambiziosi ed inconsistenti leader del centrosinistra, bramosi di giocare un ruolo da primedonne, possano lasciare ad altri la bacchetta del comando.

Il governo intanto sta riuscendo ad imporre anche le sue regole nei media. Dopo il lungo braccio di ferro tra l’esecutivo e l’agenzia di stampa nazionale, la STA, il contenzioso si è risolto con l’uscita di scena del direttore Bojan Veselinovič, che è stato costretto a bussare alle porte dell’Ufficio di collocamento, mentre il suo successore, Igor Kadunc, di fronte alla prospettiva di dover dichiarare fallimento, dopo quasi un anno passato senza sovvenzioni governative, ha immediatamente accettato le condizioni imposte dal governo.

Situazione tesa anche nella TV nazionale. Dopo la nomina del nuovo direttore dell’ente e il siluramento della direttrice della TV, diventata il capro espiatorio per gli ascolti in calo, hanno lasciato anche gran parte dei redattori. Il piano per il “rilancio”, che prevede il trasferimento sulla seconda rete di una parte dei programmi giornalistici, il taglio di alcune trasmissioni e nuovi contenuti giornalistici non ha convinto la redazione, dove 134 giornalisti su 144 hanno firmato un appello contro le riforme. La promessa è che si continuerà a discutere, ma intanto il piano è stato approvato.

Così, i cani abbaiano alla luna, mentre la carovana passa. Janša ed i suoi continueranno a marciare almeno fino alle prossime elezioni. Con i partiti del centrosinistra fin troppo convinti di avere oramai la vittoria in tasca e sempre più impegnati a darsi battaglia per conquistare la leadership nella coalizione, non è detto che non debbano continuare ad abbaiare anche dopo il voto.