La pittura come strumento di critica sociale. La intende così Staš Kleindienst, artista sloveno le cui opere sono in mostra all'Atelier Home Galery, come side event al 28° Trieste Film Festival
Staš Kleindienst , artista sloveno che mercoledì ha inaugurato la sua prima personale in Italia, ci ha parlato della sua visione della pittura come strumento di critica sociale. Nato nel 1979, ha studiato all'Accademia delle Belle arti di Lubiana. Vive e lavora nella capitale slovena. Nel 2014 ha vinto il premio OHO, il più importante riconoscimento per giovani artisti visivi al livello nazionale. La sua mostra personale è stata inaugurata lo scorso mercoledì presso l'Atelier Home Gallery di Trieste, come uno degli eventi esterni del Trieste Film Festival (20 al 29 gennaio). Si tratta di una collaborazione tra l'Atelier Home Gallery e il Consolato Generale della Repubblica Slovena a Trieste che ha supportato, anche economicamente, la produzione della stessa. La mostra è stata curata da Matilde Tiriticco.
Come definiresti il tuo stile? Chi sono gli artisti che ti hanno influenzato di più?
Il mio lavoro non è tanto legato alla tradizione moderna o post-moderna della pittura, vedo invece la pittura nella sua forma funzionalista, come un mezzo che non serve solo per fare domande su di sé ed esprimere la soggettività dell'autore, ma può anche penetrare nelle questioni sociali che non sono legate alla sfera dell'arte. Direi che il mio lavoro unisce l'aspetto materiale della pittura con narrazioni sociali che riguardano il presente in cui viviamo. Per questo motivo preferisco opere che includono aspetti narrativi, come la pittura naif, 'arte outsider' (Henry Darger, Grandma Moses, ecc.) oppure, nell'Olanda Rinascimentale, pittori come Bruegel e Bosch. Ammiro anche il realismo americano e il pittore George Wesley Bellows. Tra gli autori contemporanei, direi Jules de Balincourt, Nicole Eisenman e Peter Doig.
Esiste un argomento che ti ossessiona?
Il tema principale dei miei quadri sono le questioni sociali, o meglio, una molteplicità di singole situazioni in qualche modo collegate tra di loro, anche se non lo sembrano a prima vista. Di solito dipingo scene di massa o scene con diverse cose che accadono contemporaneamente, creando una visione ampia sui temi che tratto. Mi piace affrontare fenomeni che in qualche modo operano dietro i meccanismi di rappresentazione dell'ideologia, come la corruzione, la depoliticizzazione del corpo politico, la recente naturalizzazione dei discorsi radicali, l'impotenza politica del soggetto contemporaneo etc.
Com'è la situazione sulla scena artistica in Slovenia e nell'ex Jugoslavia?
La situazione dell'arte in Slovenia è probabilmente paragonabile con quella degli altri paesi dell'ex-Jugoslavia: la mancanza di un mercato dell'arte circoscrive gravemente la produzione, che dipende fortemente dal finanziamento pubblico. Fondamentalmente, io non sono favorevole al mercato di produzione artistica, ma la sua totale assenza rende la scena meno variegata, per non parlare della distribuzione a volte discutibile dei fondi statali... Ma direi che le cose stanno girando per il meglio ora, anche se ogni anno lo stato fornisce meno fondi, le persone stanno trovando nuove strategie per produrre e presentare il loro lavoro.
Cosa puoi dirmi in merito alle 18 opere esposte in questi giorni all'Atelier Home Gallery di Trieste e il significato che hanno per te?
La mostra Electric Sky collega in qualche modo alcuni miei lavori precedenti (Terzo decennio e Misteri della foresta...) con le mie nuove opere, prodotte nel 2016. Ultimamente sto cercando di allontanare la mia espressione dalla critica dei problemi sociali e di muovermi verso una più approfondita meditazione sulla condizione umana all'interno dell'ideologia tardo-capitalista. Ho cercato di esplorare le tracce di questo anche nei miei lavori precedenti. Intendo la pratica della pittura come qualcosa che è sempre in trasformazione e in questo senso, apprezzo tutto il mio lavoro nello stesso modo, dal momento che ogni lavoro - e in particolare il processo di creazione - è una specie di salto nel vuoto che qualche volta produce qualcosa di nuovo.