Il video ormai gira in rete. L'eurodeputato sloveno Zoran Thaler che accetta da giornalisti presentatisi come lobbisti soldi in cambio della presentazione di emendamenti legislativi. Non è il solo ad essere cascato nella trappola, ma per la Slovenia è comunque una brutta figura in Europa
Zoran Thaler era rientrato in politica dalla porta principale. Dopo una pausa di dodici anni a lui, che fu uno degli artefici dell’ingresso della Slovenia nell’Unione europea, era stato regalato un comodo e ben remunerato seggio al Parlamento europeo. Borut Pahor lo aveva voluto come capolista alle elezioni europee.
I socialdemocratici avevano storto il naso, avrebbero preferito qualcuno dei loro vecchi compagni, qualcuno che aveva fatto la gavetta e che c’era stato anche quando le cose non andavano benissimo. Pahor però aveva deciso diversamente e ai suoi uomini non era rimasto altro che assecondarlo, candidando quello che era stato un uomo di punta della Democrazia liberale degli anni novanta.
La trappola dei falsi lobbisti
La scorsa settimana lo hanno però pescato con le mani nel sacco. Per centomila euro l’anno avrebbe fatto il gioco di alcuni lobbisti, che altro non erano che giornalisti del Sunday Times, che avevano teso trappole anche ad altri deputati europei. Thaler su pressione dei falsi lobbisti aveva presentato in parlamento un emendamento su una normativa che riguardava il settore bancario.
Il video dell’incontro tra Thaler ed i “corruttori” oramai gira in rete e non manca di risvolti divertenti. Oltre alla soddisfazione per l’avviata collaborazione, il politico sloveno ha pensato bene di benedire con un “God Bless You” i suoi “benefattori”. Nei suoi ulteriori contatti poi ha persino proposto al “magnate russo” che sarebbe stato dietro ai lobbisti, di investire un milione e mezzo di euro nell’agriturismo di cui è comproprietario.
Le strategie di difesa
Quando è uscito l’articolo, che faceva i nomi di altri due deputati che ci sarebbero cascati, Thaler si è difeso spiegando che qualcuno tentava di compromettere la sua reputazione a causa del suo lavoro di relatore per la Macedonia al Parlamento europeo. Il tutto sarebbe stato orchestrato perché nel suo rapporto recentemente approvato dal Comitato esteri avrebbe posto l’accento sulla questione della libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura, il dialogo politico e i rapporti interetnici.
Thaler, che comunque non aveva intascato compensi o emesso fatture per “servizi di consulenza”, ha poi spiegato di aver capito subito che si trattava di qualcuno che gli stava tendendo una trappola e pertanto aveva deciso di stare al gioco per capire chi ci fosse dietro. Lui, del resto, era già stato nell’occhio del ciclone alcuni mesi fa per una faccenda di presunte consulenze all'ex presidente macedone Branko Crvenkovski per la sua campagna elettorale. Su di lui però, in quest’ultimo caso, non sembrano esserci argomentati riscontri.
Le dimissioni
Sta di fatto che il racconto del politico sloveno sarebbe stato credibile se avesse denunciato a qualcuno quanto stava accadendo. A quanto sembra ne avrebbe solo fatto qualche accenno ad alcuni suoi collaboratori. Le sue spiegazioni sono sembrate quindi molto poco convincenti.
E così, dopo qualche iniziale tentennamento e continuando a rivendicare la sua innocenza, si è dimesso. Ora saranno le indagini che sono scattate sia al Parlamento europeo sia in Slovenia ad appurare cosa sia realmente accaduto.
Da Bruxelles hanno anche fatto capire abbastanza chiaramente che seguiranno attentamente come si svilupperà in Slovenia la vicenda giudiziaria, mentre a mettere di fatto alla porta Thaler sarebbero state proprio le pressioni arrivate dalla capitale europea.
Per la Slovenia è l’ennesima brutta figura in Europa. Il fatto che nello scandalo siano coinvolti anche un parlamentare romeno, uno austriaco e da questa settimana anche uno spagnolo è una magra consolazione. Come se ciò non bastasse anche il primo dei non eletti, che avrebbe dovuto essere chiamato a sostituire Thaler, è al centro di un’indagine della commissione anticorruzione. Pahor gli ha chiesto di restarsene in Slovenia per continuare a fare il segretario di stato nel suo governo.
Il premier, che per giorni non ha voluto commentare la vicenda, lasciando una volta tanto ai suoi rincalzi le luci della ribalta, ha dovuto ingoiare qualche mugugno nel suo partito e qualche commento molto critico sulla sua capacità di scegliersi i collaboratori. Basti dire che alcuni mesi fa anche il suo capo di gabinetto, Simona Dimic se ne è andata tra le polemiche a causa di un mutuo a tasso molto vantaggioso concesso da una banca in mano allo stato per la ristrutturazione della sua casa a Lubiana.
Questo, del resto, non è che l’ennesimo colpo contro una classe politica che viene percepita sempre più dai cittadini come incapace di risolvere i problemi del Paese e pronta soprattutto a fare i propri interessi.
Chi è il politico Zoran Thaler
Certo è che la carriera politica di Zoran Thaler sembra definitivamente finita. Aveva cominciato a muovere i suoi primi passi in politica negli anni ottanta nella Lega della gioventù socialista. Era stato uno dei tanti, anche se non di primissimo piano, fieri oppositori del regime.
Nel 1990 aveva coordinato la campagna elettorale per quella che stava diventando la Democrazia Liberale. All’epoca sotto i manifesti che reclamizzavano i faccioni dei candidati c’era lo slogan: “La prima generazione di veri politici”. Lui sicuramente pensava di poter essere uno di loro.
Divenne presto viceministro degli Esteri e poi nel 1995 assunse la guida della diplomazia slovena. L’incarico gli venne affidato in un momento di altissima tensione con l’Italia. Roma stava bloccando l’ingresso della Slovenia nell’Unione europea a causa della questione dei beni abbandonati dagli esuli. Alla fine il problema fu risolto con l’apertura del mercato immobiliare sloveno ai cittadini dell’Unione europea.
Thaler dovette incassare una serie di pesanti accuse ed alla fine, nel 1997, quando nulla più avrebbe potuto fermare la via di Lubiana verso Bruxelles decise di abbandonare la politica per dedicarsi agli affari. Era il primo politico che sceglieva questa strada. Altri avrebbero poi tentato di seguire il suo esempio.
Di lui, inizialmente, si sentì parlare poco. Si occupò di servizi internet e di agriturismo in Istria. Alla fine ottenne anche un’importante incarico dirigenziale in una grossa azienda slovena di telefonia mobile. Insomma era uno che sembrava passarsela piuttosto bene e che non pareva intenzionato a rientrare in politica. Alla fine però non ha saputo resistere al richiamo di Pahor e oggi si ritrova alle prese con quelli che porrebbero essere seri guai giudiziari.