Il 10 aprile si vota per la presidenza dell’Ossezia del Sud. La piccola repubblica secessionista georgiana si è dichiarata indipendente nei primi anni ’90 ed è stata riconosciuta come stato indipendente da Mosca e un pugno di altri stati dopo la guerra russa georgiana del 2008. Un voto che sarà all’ombra di tutti i fantasmi dell’aggressione all’Ucraina
La piccola repubblica secessionista (circa 50.000 abitanti) andrà al voto sullo sfondo di una delle numerose crisi di politica interna che hanno caratterizzato la sua indipendenza de facto. A gennaio 14 membri del parlamento locale, che conta in tutto 34 seggi, hanno firmato una lettera per chiedere le dimissioni del presidente in carica, Anatoly Bibilov. La lettera arriva negli ultimi 100 giorni di mandato e rappresenta quindi l'avvio della campagna elettorale contro la presidenza uscente e serve per rafforzare l’assalto elettorale delle fazioni spinte ai lati degli interessi dall’attuale dirigenza.
Il casus belli che ha causato l'invio della lettera sono gli esiti dell’indagine della Commissione Investigativa Parlamentare sulla demarcazione e delimitazione del presunto confine con la Georgia. Il rapporto finale preparato dalla Commissione d'inchiesta parlamentare ha concluso che la linea preliminare delineata del confine dell'Ossezia del Sud con la Georgia nell'area dell'insediamento di Uista nel distretto di Znaur, nonché nell'area dell'insediamento di Sinaguri nel distretto di Dzau è stata erroneamente definita perché ha ignorato il decreto n. 2 del Comitato esecutivo centrale georgiano e del Consiglio dei commissari del popolo della Repubblica socialista sovietica georgiana "Sulla formazione dell'Oblast' autonoma dell'Ossezia meridionale" del 20 aprile 1922, nonché numerosi materiali d'archivio dalla formazione dell'Oblast' Autonoma dell'Ossezia del Sud. Secondo la documentazione del periodo sovietico citata dai firmatari il tracciato parziale del confine attuale sarebbe stato delimitato a scapito degli interessi territoriali dell'Ossezia del Sud. Insomma, si sono delimitati male da soli un confine che per Tbilisi non esiste nemmeno.
Lo spettro sovietico di territori e confini
Questo casus belli fra opposizione e presidenza si ascrive nella tematica tanto vasta quanto esplosiva della delimitazione di confini statali e amministrativi nell’ex Unione Sovietica. Durante il periodo sovietico i confini sono stati spesso modificati, ritracciati, emendati al punto che anche il numero delle repubbliche federate è cambiato, 15 (da cui i 15 stati indipendenti) al momento dello scioglimento dell’URSS, ma 16 fino al 1956, con anche la Carelia federata. Insomma, una grande vischiosità nello stabilire gli spazi delle singole territorialità locali che hanno assunto tutta un’altra problematicità quando l’URSS si è sciolta, e ancora di più in territori contesi.
Il fantasma dei confini, dei potenziali secessionismi, delle politiche frontaliere e di autonomie si aggira per tutta l’ex Unione Sovietica, non solo lungo i presunti confini dell’Ossezia del Sud. Negli ultimi anni la questione si è riaccesa soprattutto su iniziativa moscovita, nonostante dal passato sovietico ci si stia sempre più allontanando. Infatti mentre la linea politica di Boris El’stin era stata distensiva, che ciascuno si tenesse i confini che c’erano al momento della dissoluzione dell’URSS, Vladimir Putin ha cominciato a erodere gli equilibri territoriali post-sovietici e nel recente discorso alla nazione ha di fatto delegittimato l’esistenza di autonomie territoriali - nei tempi trasformatesi in territori autonomi, confini e statualità - rispetto all’area non solo dell’ex URSS, ma anche retroattivamente dell’impero russo. In sostanza sarebbe tutta Russia e solo per errore ed opportunismo i bolscevichi avrebbero prima creato stati dove non ce ne erano, poi dato il diritto di secessione a territori che non l’avevano.
Di fatto le questioni territoriali, legate alle affiliazioni amministrative o statuali degli spazi o agli spostamenti per la presenza di minoranze, sono così diffusi per tutto lo spazio ex sovietico che ovunque si può aprire un contenzioso. Putin ha aperto il vaso di pandora che El’tsin aveva tenuto chiuso.
Le strumentalizzazioni
I contenziosi possono avere lo scopo di scardinare dinamiche di politica internazionale transfrontaliera, o anche di delegittimare politiche interne. Nel caso della lettera dei 14 ossetini, entrambe le cose. Da un lato non si perde occasione per stuzzicare i rapporti con Tbilisi sulla demarcazione di un confine che solo a Tskhinvali è percepito come tale, dall’altro si accusa il presidente uscente Bibilov di aver ignorato gli esiti dell’indagine della Commissione e non aver difeso gli interessi nazionali.
L’amministrazione di Bibilov ha definito la lettera una farsa, una provocazione elettorale e ha ricordato che le stesse forze che ora cercano di rovesciare il presidente uscente sono quelle che in passato si sono rivolte agli omologhi russi per tentare di nuovo di rimuovere Bibilov, togliendogli il supporto che gli deriva dall’essere una garanzia sufficiente per Mosca perché questa continui a foraggiare la piccola area secessionista. E infatti nella lotta elettorale Bibilov ha già incassato il supporto russo.
A inizio febbraio Vladimir Putin lo ha chiamato in occasione del suo compleanno, cogliendo l’occasione per prospettare future cooperazioni, di fatto già un’investitura. Il supporto russo per la continuità di potere in Ossezia del Sud si è reso ancora più manifesto quando la telefonata di Putin è stata seguita dalla notizia che il Partito Ossezia Unita, il partito di Bibiov, avrebbe tenuto l’VIII congresso ospitando gli omologhi russi. Si sono presentati quindi al congresso del partito ossetino affiliato a Russia Unita una delegazione dalla Russia guidata dal senatore Andrey Turchak, Vice Segretario del Consiglio Generale di Russia Unita, una delegazione dell'Ossezia del Nord guidata dal Capo della Repubblica dell'Ossezia del Nord Sergey Menyaylo, il Capo della Repubblica popolare di Donetsk Denis Pushilin, il deputato del Consiglio popolare della Repubblica popolare di Lugansk Denis Kolesnikov e primo presidente dell'Ossezia del Sud (1996-2001) Lyudvig Chibirov. Andrey Turchak ha poi visitato da lì a pochi giorni un’altra area secessionista: il 23 febbraio è arrivato a Donetsk .
Durante il congresso Bibilov si è profuso in lodi sull’importanza delle relazioni russo-ossetine e ha dichiarato che: “Continuo a considerare il lavoro quotidiano per l'integrazione con la Federazione Russa come il mio compito più importante”.
La recentissima richiesta di candidatura georgiana all’Unione Europea è stata così commentata dal ministro degli Esteri de facto dell’Ossezia del Sud : “Questo è un altro bluff dei sognatori georgiani, ovviamente è anche di orientamento anti-russo. Ciò è chiaramente dimostrato dal fatto che è apparso sullo sfondo dell'operazione militare per denazificare l'Ucraina.”