Per la prima volta dopo quasi cinquanta anni un premier greco va in visita ufficiale nella capitale della Turchia. L'incontro storico tra Karamanlis e Erdogan, la questione di Cipro e le relazioni tra i due paesi nella cronaca della nostra corrispondente
Per la prima volta dopo mezzo secolo, un premier greco è sbarcato in visita ufficiale ad Ankara. Nel 1959 era stato l'allora primo ministro conservatore Konstantinos Karamanlis, dal 23 al 25 gennaio scorsi di nuovo un Konstantinos Karamanlis: suo nipote e omonimo. Ad accoglierlo, il collega Recep Tayyp Erdogan. Un summit storico. "La Grecia stringe relazioni con la Turchia" ha commentato, entusiasta, il settimanale americano Newsweeek nella rubrica Pillole di saggezza spicciola (Conventional Wisdom) "perché non possiamo farlo noi con il nostro vicino di scrivania?"
In realtà, il processo di distensione fra i due Paesi dura da quasi dieci anni. A inaugurarlo è stato l'ex ministro degli Esteri socialista George Papandreu, oggi leader dell'opposizione. Era stato Papandreu a lanciare nel 2001 la politica dello "zeibekiko", dal nome di una danza tipicamente maschile che affonda le sue radici nella millenaria comunità ellenica di Istanbul.
Cosa c'entra il ballo nella politica estera dei due Stati? C'entra, perché in quell'anno, sull'isola greca di Samos, in una cena di gala seguita a un convegno fra economisti greci e turchi sullo sviluppo della regione, Papandreu si era messo a danzare un "a solo". Ad applaudirlo, a cadenzare il ritmo dei suoi passi con entusiastici lanci di fiori, c'era proprio il collega anatolico Ismail Cem. Insieme, i due ministri degli Esteri hanno avviato la strategia dei sorrisi, degli accordi commerciali e di cooperazione tecnologica e culturale, evitando di affrontare di petto le grandi questioni in sospeso fra due Paesi che, solo nel 1996, avevano sfiorato la guerra per il possesso di uno scoglio in mezzo al mare fra Rodi e la costa anatolica: l'isolotto Imia (Karnak per i turchi).
La ricetta della nuova Ostpolitk dell'Egeo? A piccoli passi verso la risoluzione dei conflitti (Cipro, il limite delle acque territoriali e dei rispettivi spazi aerei, lo sfruttamento petrolifero della piattaforma continentale). Mentre la Grecia sceglieva di togliere il decennale veto all'ingresso di Ankara nell'Unione europea, di cui Atene è membro dal 1981. "Una Turchia che aspira a entrare nell'euroclub ha tutto l'interesse ad avere rapporti di buon vicinato" è stata la parola d'ordine dell'allora premier ellenico Costas Simitis.
Il governo attuale, in carica dal 2004, non ha cambiato rotta. E se Karamanlis ed Erdogan non hanno ballato insieme, il leader turco ha già fatto una visita ufficiale ad Atene tre anni fa. Mentre, sul piano personale, i due premier sono amici, al punto che Erdogan ha invitato Karamanlis alle nozze del figlio.
Se l'atmosfera è cambiata, i grandi temi che dividono le due sponde dell'Egeo sono gli stessi. E questo viaggio non li ha risolti. Anche se il primo ministro greco, tornato ad Atene, ha dichiarato che "Ormai abbiamo imparato a dialogare serenamente. Il bilancio di questo viaggio è abbastanza positivo".
Cipro è ancora presidiata per un terzo da 36mila soldati turchi, mandati da Ankara nel 1974 in seguito a un tentativo di golpe nell'isola dell'allora dittatura dei colonnelli di Atene. Nonostante reiterate condanne e risoluzioni dell'Onu, la linea verde taglia ancora in due la capitale Nicosia. In questi 34 anni, Ankara ha portato nell'autoproclamata "Repubblica di Cipro nord", non riconosciuta dalle Nazioni Unite, più di 80mila coloni anatolici che nulla avevano a che fare con la nativa comunità turco-cipriota che costituiva il 12% degli abitanti prima dello sbarco militare e che da allora è stata concentrata nella parte settentrionale dell'isola. Con una differenza rispetto al 1974: la parte a maggioranza greco-cipriota (i 750mila cittadini della "Repubblica di Cipro") è entrata a pieno titolo nell'Unione europea dal 2004. Ankara, invece, non la riconosce.
Nel summit dei giorni scorsi, Karamanlis ha ricordato al collega l'obbligo di farlo, per un pieno ingresso della Turchia nell'Ue. Da parte sua, Erdogan non ha più parlato di "due stati autonomi a Cipro", aprendo spiragli a uno sblocco della situazione. La comunità internazionale mira, infatti, a una Federazione, i cui requisiti sono ancora in discussione a Nicosia. Dopo la bocciatura, da parte greco-cipriota, di un primo piano per la riunificazione presentato dall'Onu, giudicato troppo favorevole alle richieste turche, le trattative sono in stallo.
Karamanlis ha ribadito che lo scopo del negoziato sull'isola di Cipro dovrà essere la sua riunificazione, e ha confermato la richiesta della riapertura del seminario ortodosso di Hebelyada (chiuso da decenni dalle autorità turche), sottolineando l'importanza primaria del problema delle minoranze. Erdogan ha assicurato che l'ipotesi della riapertura di Hebelyada "è allo studio", manifestando un atteggiamento possibilista di Ankara.
Oltre alla riapertura del seminario, molto importante è la quasi accettazione dell'appellativo Ecumenico per il patriarca di Costantinopoli (Istanbul) Bartolomeo I, capo spirituale di 300
milioni di cristiani ortodossi nel mondo secondo una tradizione millenaria, quando Costantinopoli era la capitale dell'impero romano d'Oriente prima e bizantino poi. "L'appellativo ecumenico del
Patriarca è una cosa che riguarda il mondo ortodosso" ha dichiarato Erdogan, ponendo di fatto fine alla linea dura che vede Bartolomeo come un semplice parroco dei cristiani ortodossi di Istanbul, e che l'ha persino trascinato davanti ai tribunali turchi per insistere a fregiarsi del titolo di ecumenico.
Quanto allo spazio aereo e alle acque territoriali, non è un caso che durante la visita greca ad Ankara, si è fatto di tutto per evitare un nuovo "incidente", uno scontro fra due aerei come quello avvenuto nell'estate 2006 (gli sconfinamenti dei jet di Ankara durante esercitazioni militari raggiungono i 50 al mese nel cielo sull'Egeo), o un altro caso Imia. Non sarebbe stata una novità, durante il soggiorno di un politico ellenico in Turchia. Ma ora, con un primo ministro in visita ufficiale per la prima volta dopo 50 anni, l'affronto sarebbe stato scottante. "Siamo l'unico Paese al mondo che ha un'estensione dello spazio aereo diverso da quello della propria fascia di piattaforma continentale" scrive Pavlos Eleftheridis, docente di Legge all'università di Oxford, sull'autorevole quotidiano ateniese "To Vima". In pratica: lo spazio aereo greco è fissato a 10 miglia, quello marino a 12 miglia da una serie di trattati internazionali di cui l'ultimo sotto l'egida Onu del 1982 (che la Turchia non ha firmato, sostenendo che al massimo si può arrivare a 6 miglia. La Grecia ribatte che Ankara deve discuterne davanti al Tribunale internazionale dell'Aja).
Quanto alla piattaforma continentale, si tratta di un punto dolente dal 1973, da quando sono stati scoperti i primi giacimenti di petrolio e di gas naturale racchiusi nella "zolla" in fondo al mare fra i due Paesi. Idrocarburi trovati nel 2003 anche al largo di Cipro, per una probabile quantità stimata intorno agli 8 milioni di barili.
Fin qui i problemi ancora aperti. Ma ci sono anche le note positive. Il volume di interscambio economico fra Grecia e Turchia è passato da 592,9 milioni di dollari del 2000 a quasi 2 miliardi di euro del 2007, di cui un miliardo e 39 milioni sono esportazioni di Ankara verso Atene. Lo scorso novembre i due premier hanno inaugurato un gasdotto che dall'Azerbaigian arriva in Grecia attraverso la Turchia. Nel 2006 la Banca nazionale ellenica ha comprato un corposo pacchetto (47 per cento) di azioni di una delle maggiori banche anatoliche, la Finansbank. "La cooperazione economica apre la strada a un ulteriore avvicinamento fra i nostri due Paesi e aiuta a riparare i danni causati da scontri e tensioni politici" ha perciò detto Karamanlis nel suo ultimo giorno a Istanbul. Erdogan ha aggiunto: "I nostri popoli trarranno beneficio dal processo che abbiamo iniziato per assicurare stabilità nel Mediterraneo, nei Balcani e anche in Europa".