Kurdistan (foto Zbigniew Kosc)

I giovani curdi sembrano riprendere la via della montagna. Un editoriale di Hasan Cemal (Milliyet) si interroga sullo stato del confronto tra Turchi e Curdi riassumendo un dialogo avuto con alcuni intellettuali. Alcuni elementi di riflessione

05/08/2005 -  Anonymous User

Di Hasan Cemal, Milliyet, 20 luglio 2005
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni

Far scendere dalle montagne quelli del PKK Partito dei Lavoratori del Kurdistan, evitare che i giovani dei quartieri popolari delle grandi città dell'Est salgano in montagna. Ma come?

Spezzare il fascino della montagna. Ma come?

Evidentemente questa domanda non ha una sola risposta. Senza tenere presente questa domanda però non si arriva nè alla soluzione della questione curda, nè a quella della democrazia.

Per poter indebolire il PKK che non rinuncia alle armi ed alla violenza, per prima cosa è necessario spezzare il fascino della montagna. Una cosa che non si può fare solamente con le azioni militari, con il rafforzamento delle misure di sicurezza. Ne ho parlato ieri con alcuni intellettuali curdi. Così come ho fatto in precedenza riassumo le loro parole, quello che ho ascoltato, mettendolo tra virgolette e non rivelando i loro nomi. Nella speranza che queste parole possano stimolare le menti verso nuove direzioni.

"Perchè sono saliti in montagna? Anche se non più come in passato perchè continuano a salire? I giovani curdi delle grandi città dell'Est vivono la stessa vita dei loro coetanei turchi?

Non credo. Non hanno le stesse aspettative verso il futuro. Poter studiare, avere un lavoro, farsi una famiglia. I giovani curdi che godono di queste possibilità sono un numero esiguo. In più, per il fatto di essere curdi, vivono il dolore dell'essere umiliati. In città non trovano facilmente un lavoro, e nemmeno i loro padri. Quando si guarda alle loro carte di identità e si vede un luogo di residenza del Sud-Est, non gli si dà facilmente un lavoro.

Nel corso degli anni si è consolidata nella burocrazia, nello stato una radicata paranoia. L'arrivo di un cittadino di origine curda in un luogo qualsiasi del paese provoca fastidio, nella burocrazia, tra i militari, tra i civili. C'è sospetto. Senza lavoro, senza speranze per il futuro, umiliato, il giovane curdo finisce per trovare attraente la prospettiva della montagna. Nelle teste dei giovani prendere le armi, salire in montagna, aderire al PKK, diventano un ideale attraente.

E quindi come interrompere questa spirale?

E' prima di tutto necessario che lo stato si liberi della sua paranoia. Lo stato non deve emarginare queste persone. E' indispensabile che una parte della società turca, solo perchè curda, non subisca discriminazioni. Questo non accade da anni.

Un altro punto è rappresentato dall'amnistia, un'amnistia senza condizioni!

Fin dall'epoca del regime militare del 12 settembre 1980 non si è potuta attuare. E' sempre stata rinviata con la motivazione della presenza del PKK, lo stato di eccezione è così continuato... Invece deve essere un obbiettivo quello di una vera amnistia per i curdi in carcere, per quelli che sono usciti e per quelli della diaspora. Bisogna disincentivare quelli che sostengono la lotta armata, l'uso delle armi. Bisogna indebolire il PKK.

L'amnistia è la condizione per spezzare il fascino della montagna. I passi che si sono compiuti nel passato, le leggi per incentivare il pentitismo, non ci sono riusciti.

Inoltre non bisogna legare troppo questa amnistia al PKK. Ogni volta che in passato si è parlato di metterla in atto, è sempre venuto fuori lo stesso argomento "Non è il momento giusto!" Quando sarà il momento giusto? Non si fa un amnistia quando la situazione è tutta rosa e fiori!

Quando Apo Ocalan, ndt è stato spedito in Turchia nel 1999 ci si è soffermati su alcuni punti.

Primo: non lo si condannerà a morte. E la pena di morte è stata abolita.
Secondo: il PKK abbandonerà le armi. Ed anche questo è successo.
Terzo: una amnistia senza condizioni. Questo non si è verificato.
Nessuno pensava che l'amnistia avrebbe compreso anche Apo. Ma era necessario che l'amnistia permettesse a quelli che stavano in montagna di scendere. Non è successo. La coalizione Ecevit-Yilmaz-Bahceli (la coalizione al governo prima dell'AKP, ndt) non è riuscita a metterla in pratica. Quello che si è fatto è stato troppo poco.

Poi se ne è ritornato a parlare nel 2003, con il governo AKP Partito della Giustizia e dello Sviluppo, ndt. All'inizio si è andati nella giusta direzione, ma poi si è tirato il freno. Per quanto si è potuto capire hanno influito i militari e la burocrazia civile. Non c'è stata una vera amnistia. Gli interventi che si sono fatti non sono serviti a niente.

In realtà ad Est nessuno vuole risentire il suono delle armi. Per tutti il ritorno a quei giorni rappresenta un incubo... Ma nonostante questo, tra la gente, anche se non come prima, il PKK ed Apo sono ancora forti. Possono far mettere in pratica quello che dicono, possono far salire gli uomini in montagna, è così anche se non hanno più la forza di un tempo. E' proprio perchè sono ancora forti che gli intellettuali curdi non riescono a far sentire la loro voce, non riescono ad essere un contrappeso.

Se dovessimo riassumere altri punti importanti: il far luce sul delitto Hikmet Fidan; l'amnistia; la trasformazione dell'atteggiamento dello stato; un impegno sul fronte socio-economico. Tutti questi elementi ricadono tutti in un solo spazio, quello del potere politico.

Il governo lo farà, si comporterà coraggiosamente prendendo l'iniziativa?"