La crisi economica ellenica ha favorito il dialogo tra Grecia e Turchia. Incontri al vertice, accordi di cooperazione e aperture nei negoziati ciprioti, lasciano sperare che i due nemici storici divisi da un conflitto durato più di un secolo vogliano ora la pace
Nelle scorse settimane in Turchia i media hanno dato ampio risalto alla crisi economica greca e all’incontro ad Atene, il 14 maggio scorso, tra il premier turco Erdoğan e l’omologo greco Papandreu. Se da una parte l’instabilità del “vicino” e le sue ripercussioni sull’economia europea preoccupano la Turchia, allo stesso tempo questa situazione ha accelerato il riavvicinamento iniziato con la vittoria del Pasok (Movimento socialista Panellenico) alle elezioni greche nell’ottobre 2009.
In Turchia l’opinione pubblica è preoccupata che la crisi greca possa rallentare un processo di adesione all'Unione europea. Sulle colonne del quotidiano turco Radikal, l'editorialista Ceyda Karan incalza però con numerose domande: “Una Grecia nella zona Euro, ora che non ha più una moneta nazionale come la dracma, con quale politica valutaria potrà superare la crisi? Oltre alla Grecia quanti altri paesi europei hanno problemi di bilancio? C’è il Portogallo, la Spagna, l’Italia, l’Irlanda, l’Inghilterra. Il sostegno dell’Europa è sufficiente a salvarli tutti? L’Ue ha ancora bisogno della Turchia? E la Turchia è cosi ingenua da volere ancora entrare in Europa?”.
Per quanto riguarda il rapporto bilaterale tra i due paesi invece, paradossalmente la crisi greca ha favorito il dialogo iniziato con l’elezione di Papandreu. Il primo ministro, a soli tre giorni dalla sua nomina, il 9 ottobre 2009 scelse proprio la Turchia come meta del suo primo viaggio ufficiale e dieci anni prima, nel 1999, da ministro degli Esteri, era stato l’artefice di un primo storico riavvicinamento tra i due paesi insieme all’omologo turco Ismail Cem.
Scopo principale del viaggio dello scorso anno era porre le basi per un accordo col vicino anatolico rispetto ai principali problemi che dividono i due paesi: la condizione della minoranza musulmana in Grecia e di quella ortodossa in Turchia, la sovranità sulle isole egee e la riunificazione di Cipro.
Ora che il Paese ellenico è in bancarotta, il riavvicinamento con la Turchia e il conseguente taglio delle spese militari, 9.7 miliardi di dollari equivalente al 3,3 per cento del Pil, è diventato improrogabile. Questo dialogo è estremamente importante anche per il governo Erdoğan. Gli islamisti moderati hanno bisogno di successi in politica estera per bloccare il calo di consensi dovuto al congelamento del processo di normalizzazione con l’Armenia, al fallimento della “apertura ai curdi” con la ripresa delle operazioni militari nel Sud est e ai licenziamenti legati alla crisi e alle privatizzazioni.
Dopo il viaggio di Papandreu dello scorso ottobre che aveva avuto un valore soprattutto simbolico, è stato il primo ministro turco Erdoğan ad attraversare l’Egeo il 14 maggio accompagnato da un ampia delegazione composta da 320 persone tra cui dieci ministri, facendo un ulteriore passo concreto nella direzione del dialogo. Ad Atene è stato costituito il Consiglio per la Cooperazione di Alto Livello e dopo due giorni di negoziati Erdoğan e Papandreu hanno firmato 22 accordi nei quali i due paesi si impegnano a lavorare assieme nel settore turistico, ambientale, infrastrutturale ed educativo.
Turchia e Grecia coopereranno nella promozione del turismo sulle due coste dell’Egeo. Ulteriori passi avanti sono stati fatti inoltre in campo energetico, i due paesi costruiranno insieme impianti per lo sfruttamento dell’energia eolica e il gasdotto che collegherà Italia e Grecia. Per quanto riguarda il settore immigrazione verranno costruiti campi per richiedenti asilo in Turchia per i migranti diretti in Europa allo scopo di valutare le domande il loco e combattere l’immigrazione illegale, un tema cruciale sia per la Grecia che per l’Unione europea.
La decisione più importante riguarda però il settore educativo. I due governi si sono impegnati a rimuovere dai testi scolastici le espressioni che possano alimentare inimicizia e odio verso i rispettivi popoli, nei prossimi mesi verrà costituita una commissione di storici turchi e greci incaricata di analizzare i libri di storia e rimuovere i contenuti ritenuti offensivi.
Secondo Evren Dede, giornalista del quindicinale turco-armeno Agos questo progetto “è un passo molto importante nella comprensione reciproca, dovrà essere un lavoro di ampio respiro che necessita di molta buona volontà. Non dimentichiamoci che in Grecia un lavoro simile è costato la testa della ministra dell’Istruzione del precedente governo Maretta Yannakou. Nel 2007 la Yannakou si è giocata la propria carriera politica per aver difeso i libri di testo che non contenevano espressioni di odio verso i turchi. La chiesa ortodossa e i circoli nazionalisti si sono schierati con forza contro la distribuzione di questi libri di testo e sono riusciti a impedirne la distribuzione. La ministra è stata costretta a dimettersi. Oggi gli stessi che ieri attaccavano Maretta Yannakou si scagliano contro Anna Diamantopoulou ministra dell’Educazione del Pasok”.
Se è vero, come affermato da quotidiani greci come Elefterotipia o Ta Vima che a parte le dichiarazioni di principio le decisioni prese ad Atene dalle due delegazioni non hanno riguardato i problemi più importanti che dividono i due paesi, il 21 maggio a pochi giorni dalla conclusione del vertice greco-turco durante l’Assemblea dei parlamentari europei e mediterranei a Istanbul il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoğlu
ministro degli Esteri turco DavutoğluSiamo pronti ad aprire tutti i
nostri porti ai greco-ciprioti
ha fatto una ulteriore importante proposta rispetto alla questione cipriota. “Siamo pronti ad aprire tutti i nostri porti ai greco-ciprioti. In cambio vogliamo una cosa sola: che vengano aperti alle rotte internazionali i tre aeroporti di Girne, Magosa e Ercan a Cipro Nord. Il mondo deve aprirsi ai turco-ciprioti. Se l’Unione europea, la comunità internazionale e i greco-ciprioti sono disponibili a farlo, siamo disposti ad aprire i nostri porti a partire da domani” ha dichiarato il ministro.
Né da Cipro Sud, né dalla Grecia sono arrivate ancora prese di posizione ufficiali riguardo alla proposta turca. Intanto, però, il 26 maggio il neo-presidente turco-cipriota Eroğlu e l’omologo greco-cipriota Christofias si sono incontrati per la prima volta per riprendere i negoziati tesi alla riunificazione sospesi per le elezioni a Cipro Nord.
A fine giugno è attesa in Turchia una delegazione greca per continuare il dialogo iniziato il 14 maggio. Se questo incontro avrà un esito positivo e se la situazione a Cipro si sbloccherà significherà che un accordo anche sui problemi più spinosi è possibile e che i due nemici storici divisi da un conflitto durato più di un secolo vogliono davvero la pace.