Una ricerca che esamina l'accordo Ue-Turchia del marzo 2016 attraverso i nodi problematici e gli effetti sulla condizione dei profughi siriani in Turchia

14/06/2017 -  Fazıla Mat

L’accordo UE-Turchia, raggiunto oltre un anno fa, continua a essere contestato sotto diversi aspetti. Ma nonostante le critiche, i contrasti e le minacce di sospensione dalla parte turca è rimasto in piedi, raggiungendo in buona misura l’obiettivo principale dell’UE: fermare le partenze dei profughi diretti dalla Turchia alle isole greche.
Mentre l’UE appare sempre più orientata a relegare la gestione del fenomeno migratorio a paesi terzi, la Turchia, i cui tratti autoritaristi sono diventati ancor più marcati nell’ultimo anno, continua a mantenere il primato mondiale riguardo al numero di rifugiati ospitati.

Oltre 3 milioni di siriani hanno trovato rifugio nel paese con uno statuto che li pone sotto “protezione temporanea”. Ma negli ultimi due anni il governo di Ankara ha anche adottato politiche rivolte ad una maggiore integrazione della popolazione siriana nel tessuto sociale turco. In che modo l’accordo UE-Turchia ha contribuito a questo orientamento? Quali sono gli effetti del finanziamento dei 3 miliardi di Euro previsti dall’accordo e come gli aiuti economici dell’UE possono incrociare le numerose necessità dei profughi siriani, dall’accesso al lavoro e alla sanità fino alla scolarizzazione? Infine, quali sono gli ostacoli all'integrazione presentati dalla politica e dalla stessa società turca?

 

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