Secondo il ministro turco Selma Kavaf, responsabile della donna e della famiglia, l'omosessualità è una malattia da curare. La reazione alle dichiarazioni del ministro, il dibattito in corso in Turchia sulle modifiche alla Costituzione
Selma Aliye Kavaf, ministro responsabile della donna e della famiglia, lo scorso febbraio aveva attirato l’attenzione su di sé per alcune dichiarazioni alla stampa in cui si definiva “irritata” dalle scene erotiche dei telefilm che vanno in onda sulla televisione turca. Il ministro, in quell’occasione, aveva affermato la necessità per il Consiglio superiore della radio e televisione di “riformare” le politiche sulle trasmissioni, per tutelare i bambini.
Lo scorso mese la Kavaf è tornata di nuovo alla ribalta con un’altra intervista rilasciata al quotidiano “Hürriyet”, in cui ha manifestato la sua opinione sull’omosessualità definendola “una malattia da curare”. Il ministro ha anche aggiunto di non vedere “di buon occhio i matrimoni gay. Al ministero non abbiamo un progetto che li riguardi. Tra l’altro non ci è nemmeno pervenuta una richiesta di questo tipo. Non diciamo però che in Turchia non esistono gli omosessuali, un tale caso esiste”.
La formula che identifica l’omosessualità con una malattia, espressa da un ministro preposto alla lotta contro la discriminazione di genere, ha suscitato non poca perplessità e rabbia in chi, giorno per giorno, quella discriminazione la subisce sulla propria pelle. In Turchia, dove l’omosessualità non costituisce reato, ma la comunità LGBTT (Lesbiche, gay, bisessuali, travestiti e transessuali) non è tutelata da alcuna legge apposita, sono sempre più frequenti i “crimini di odio”, ma i colpevoli, nella maggior parte dei casi, continuano a restare impuniti.
Le parole del ministro hanno sollevato proteste su più fronti, seguite dalla richiesta di dimissioni. L’organizzazione di mutuo aiuto LGBTT Pembe Hayat di Ankara, fondata nel 2003, è stata tra le prime a reagire ed a denunciare il ministro in tribunale “per aver istigato la popolazione all’odio e all’inimicizia umiliando gli omosessuali” – un gesto più che altro simbolico, visto che il ministro è protetto dall’immunità parlamentare. La piattaforma per i diritti LGBTT (LGBTT Hakları Platformu), formata da sei associazioni, ha invece invitato la Kavaf a discutere sui “diversi concetti di famiglia” durante la Settimana dell’orgoglio che si terrà a Istanbul il prossimo 19-27 giugno.
Alle manifestazioni di protesta svolte ad Ankara e Istanbul hanno dato il loro appoggio 53 associazioni tra cui diverse organizzazioni di donne, dei diritti umani, alcuni movimenti politici, nonché l’Unione dei medici turchi (TBB-Türk Tabipleri Birliği). Un sostegno alle associazioni è arrivato anche da alcuni deputati del Partito della pace e della democrazia (BDP) e del Partito repubblicano del popolo (CHP).
“A mio avviso il fatto che una persona responsabile di un simile ambito abbia rilasciato questa dichiarazione è segno di ignoranza” ha detto la dott.ssa Şebnem Korur Fincancı, esperta di medicina legale, psichiatra e presidente della Fondazione turca per i diritti umani. La Fincancı ha aggiunto che “considerata l’area di lavoro del ministro ci si sarebbe aspettato che seguisse le fonti scientifiche”.
Ali Erol tra i fondatori dell’associazione Kaos GL si domanda invece “cosa dovrebbe trattenere l’uomo della strada dal comportarsi in modo discriminatorio visto è il ministro a dare il primo esempio in questo senso”, mentre Cihan Hüroğlu dell’associazione Lambda Istanbul ricorda che “gli omosessuali non vogliono sposarsi per essere santificati dalla società, ma per ottenere agevolazioni pratiche come la gestione dell’eredità o la riduzione delle tasse cui hanno diritto le altre coppie sposate”.
Ma il dibattito suscitato dalle affermazioni della Kavaf ha coinvolto anche alcune organizzazioni di orientamento islamico che, attraverso l’Associazione MAZLUMDER, hanno espresso il proprio sostegno al ministro, investendo un considerevole sforzo nel cercare di avvalorare la tesi anche con argomenti scientifici. Le varie organizzazioni hanno resa pubblica una lettera in cui, attraverso parallelismi con “alcuni Paesi occidentali dove, sebbene la legislazione affermi che l’omosessualità non è una malattia, il caso non è visto con normalità e la società è alla ricerca convulsa di una soluzione da opporre alla sua diffusione”, l’omosessualità è definita “la causa della rovina della famiglia”. Nella lettera, dove viene ricordato che “nell’Islam e in tutte le religioni rivelate l’omosessualità è considerata peccato”, si auspicano delle “politiche corrette nella sanità e nell’istruzione affinché nelle prossime generazioni non aumentino le scelte omosessuali”.
Nonostante il premier Erdoğan sia stato invitato più volte ad esprimere il suo dissenso – se non a condannare apertamente l’affermazione della Kavaf – ciò non è avvenuto. Anche Il ministro della Sanità Recep Akdağ, interpellato sulle affermazioni della ministra, pur riconoscendo “la difficoltà degli omosessuali che vivono Turchia” ha sottolineato che “la relazione più sana è quella instaurata tra un uomo e una donna” e che “la società turca non può accettare i matrimoni gay”. Solo Egemen Bağış, negoziatore capo per le trattative della Turchia con l’Unione europea, in un’intervista alla rivista tedesca “Der Spiegel” ha detto di non ritenere personalmente che l’omosessualità sia una malattia.
L’atteggiamento assunto sulla questione dal governo del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) è apertamente in contrasto con la bozza di legge sull’uguaglianza e lotta alla discriminazione che il governo stesso ha preparato e inviato a metà dello scorso mese alle associazioni della società civile, agli ordini di avvocati e ambienti accademici per riceverne una valutazione.
Se approvata, la legge costituirebbe il primo caso di normativa esplicita per “vietare le discriminazioni in base al sesso, alla razza, al colore della pelle, alla lingua, alla religione, al credo, all’origine etnica, all’identità sessuale, alla visione politica o filosofica, allo status sociale e civile, allo stato di salute, all’invalidità, all’età” e simili nei diversi ambiti della vita pubblica. La legge, secondo gli attivisti, costituirebbe un passo molto importante che però andrebbe sostenuto con un’applicazione coerente e con modifiche coordinate da apportare anche alla Costituzione.
A tal riguardo, i trenta emendamenti alla Costituzione proposti recentemente dal governo, e attualmente in valutazione parlamentare, risultano ancora insufficienti. Due delle modifiche avanzate riguardano l’articolo 10 sull’uguaglianza e l’articolo 41 sulla famiglia, due ambiti strettamente collegati anche ai diritti delle donne.
Nel primo dei due articoli è stata aggiunta l’affermazione per cui “le misure prese dallo Stato per rendere operativa l’uguaglianza tra la donna e l’uomo non sono contrarie al principio d’uguaglianza”. Si tratta di una specificazione avanzata dal movimento delle donne fin dal 2004. Le attiviste fanno però presente che manca ancora una riforma che stabilisca chiaramente i termini dell’uguaglianza nella rappresentanza politica. Manca inoltre nello stesso articolo l'espressione "senza distinzione di inclinazione e identità sessuale", che sarebbe una dichiarazione di esplicita tutela delle persone LGBT.
La linea del governo che, nelle politiche adottate contro la discriminazione di genere, tende a ignorare l’identità sessuale del singolo individuo a favore di un’identità che si acquisisce accettando il modello prefigurato dalla famiglia tradizionale, è tra le critiche fondamentali sollevate dagli attivisti per i diritti umani.
Nell’articolo 41, dove la famiglia viene definita “fondamento della società turca basato sull’uguaglianza dei coniugi”, l’emendamento proposto ha lodevolmente aggiunto un punto per tutelare i bambini. In particolare si stabilisce che “lo Stato prende le necessarie precauzioni per proteggere i bambini contro lo sfruttamento, la sessualità e la violenza”. Pure in questo caso resta il dubbio su cosa si intenda per le “precauzioni” che lo Stato dovrebbe prendere per proteggere i bambini anche dalla “sessualità”, date le dichiarazioni del ministro.