Ci sono diverse pagine nella storia turca che attendono di liberarsi dalla propria “versione ufficiale”. Quella del massacro di migliaia di aleviti curdi di Dersim compiute durante il primo periodo repubblicano è una di queste. Le scuse offerte da Erdoğan a nome dello Stato turco e i dubbi sulla “sincerità” dell’apologia
Perseguitati durante l’Impero ottomano perché musulmani non sunniti, gli abitanti di Dersim non hanno trovato pace neanche con la proclamazione della Repubblica che ha fondato la nuova nazione-stato su una monolitica “identità turca”. La storiografia ufficiale spiega che nella regione c’erano delle ribellioni e che le operazioni militari furono effettuate per contrastarle. Una fitta bibliografia accumulata negli ultimi vent’anni indica invece che c’erano state solo sporadiche ribellioni, mentre esisteva un decennale progetto di assimilazione di una regione “diversa”.
Le dichiarazioni di Aygün
La questione è tornata in auge dopo un’intervista rilasciata dal deputato del Partito repubblicano del popolo (CHP) Hüseyin Aygün al quotidiano Zaman lo scorso 10 novembre. Già autore di alcuni libri su questo tema, Aygün ha dichiarato che “Dersim è una regione che da 500 anni si trova di fronte a una politica di annientamento per via della sua diversità etnica e religiosa. La proclamazione della Repubblica non ha comportato un cambiamento. (…) Dopo il biennio 1937-38, con un’operazione che sfiorò il genocidio, la questione Dersim ha assunto una dimensione storica, ma neppure in questo modo è giunta a una soluzione e resta ancora attuale”.
Il deputato di Tunceli (nome modificato di Dersim dal 1935) ha inoltre affermato che la responsabilità dei massacri appartiene “allo Stato e al CHP” (quest’ultimo partito unico fino al 1946), e che l’opinione ricorrente tra gli stessi aleviti, secondo cui Atatürk non fosse al corrente delle operazioni perché gravemente malato all’epoca, è “impossibile”.
La spaccatura nel CHP
Le dichiarazioni di Aygün hanno sollevato un acceso dibattito. I primi a scagliarsi contro il parlamentare, evidenziando una spaccatura all’interno del CHP, sono stati alcuni colleghi del suo partito. 12 deputati hanno diffuso un comunicato stampa incitando la direzione del partito a prendere “le misure necessarie” contro Aygün, dal momento che “un silenzio prolungato” avrebbe potuto essere inteso come “l’avvallamento delle sue affermazioni”.
Mentre la direzione del CHP si è limitata a riprendere i deputati per aver diramato un comunicato senza permesso, il leader del CHP Kemal Kılıçdaroğlu ha mantenuto a lungo un silenzio imbarazzante sulla questione, soprattutto perché lui stesso è un alevita originario di Dersim, che però ha sempre sostenuto di avere origini turkmene e non curde. La situazione ha causato quasi una situazione di paralisi nel CHP per via della sua composizione religiosa disomogenea.
Le scuse di Erdoğan
La difficoltà nel prendere una posizione netta manifestata dal leader del CHP è stata messa in risalto dal premier Tayyip Erdoğan che lo ha accusato di rinnegare le proprie origini. Successivamente (23 novembre) Erdoğan, durante una riunione di partito, ha presentato le sue scuse “a nome dello Stato” per i fatti di Dersim, definendoli “massacri”. “Se è necessario chiedere scusa a nome dello Stato e se esiste una letteratura in tal senso”, ha esordito il premier, “allora chiedo scusa”. Erdoğan ha accompagnato il suo discorso con alcuni documenti comprovanti le responsabilità del CHP nei massacri e nella deportazione della popolazione curda nelle zone occidentali della Turchia.
Dopo le dichiarazioni del premier, Kılıçdaroğlu ha inizialmente affermato che non era sufficiente chiedere scusa e che bisognava aprire gli archivi e restituire ai deportati i loro terreni, ma qualche giorno più tardi ha fatto marcia indietro affermando che “se Erdoğan continuerà a mantenere lo stesso atteggiamento, la Turchia potrebbe essere trascinata in una guerra intestina”. Intanto Muzaffer Değer, presidente del CHP nella provincia di Diyarbakır, è stato espulso dal partito per essersi, a sua volta, pubblicamente scusato per Dersim.
Dersim 38
http://youtu.be/M_chFeI0ISM
Nonostante l’apprezzamento generale delle scuse presentate dal premier a nome dello Stato – gesto inedito nella storia turca – diversi osservatori ritengono che abbia avuto essenzialmente la finalità di incastrare il rivale politico, il ché metterebbe in dubbio la “sincerità” dell’apologia. D’altra parte, fu il ministero della Cultura dello stesso governo Erdoğan a impedire solo qualche anno fa (nel 2006) qualsiasi forma di distribuzione del documentario “Dersim 38” di Çayan Demirel affinché non danneggiasse “l’ordine e la morale pubblica e l’onore delle persone”.
C’è poi la politica delle dighe che lo Stato sta conducendo nell’odierna Dersim/Tunceli contrariamente alla volontà dei suoi abitanti. Solo nella Valle Munzur, considerata un luogo sacro della provincia, è prevista la costruzione di 4 dighe. Ne verranno piantate in totale 20 e avranno come effetto l’allagamento di Dersim che causerà nuovi traslochi forzati, riproducendo uno schema già ben noto agli abitanti della zona.
Per la storica Ayşe Hür del quotidiano Taraf “le scuse del premier fatte ‘alla maniera turca’ pur con tutte le sue mancanze e supponendo anche che abbia la finalità di mettere in difficoltà il CHP o il paradigma modernista del Kemalismo, avranno una funzione importante nel processo di democratizzazione della Turchia”, mentre secondo Nimet Tanrıkulu, attivista per i diritti umani a Dersim, “le scuse del premier sono importanti per dare visibilità ad un argomento che molte persone hanno cercato di raccontare per anni pagando anche un caro prezzo per la loro scelta. Quanto poi siano sincere si vedrà da quello che verrà fatto da adesso in poi”.
Mentre l’Associazione per i diritti umani (İHD) ha già preparato una bozza di legge per la formazione di una “commissione indipendente per la verità” in seno al parlamento che si occupi di Dersim e porti la Turchia a confrontarsi con il suo passato, le vittime sopravvissute di Dersim e i loro discendenti chiedono ora di sapere innanzitutto dove sono sepolti i parenti giustiziati. Poi ci sarebbe la restituzione del nome Dersim a Tunceli, quella dei beni alla popolazione deportata, l’apertura degli archivi dello Stato maggiore…
Sulla questione degli archivi ufficiali si è pronunciato il Prof. Taner Akçam, docente al Centro studi sull'olocausto e sul genocidio dell’Università Clark negli USA. “Gli archivi più importanti sono quelli della presidenza dello Stato maggiore, aperti in teoria e chiusi nella pratica. Penso che nemmeno il premier abbia l’autorità necessaria a farlo aprire”, ha affermato Akçam.
Ci sono però altri due archivi fondamentali. Quello del ministero degli Esteri, che risulta ancora chiuso – “A mio avviso il ministro Ahmet Davutoğlu dovrebbe porre fine a questa situazione imbarazzante. Non si può dare lezioni di democrazia e di giustizia nella propria regione e nel mondo per poi tenere gli archivi del proprio ministero chiusi”, ha commentato il professore – e quelli della Presidenza del consiglio, accessibili al pubblico ma dove “il problema è quello di classificare e rendere disponibili ai ricercatori i documenti conservati senza registrazione, se nel frattempo non sono stati distrutti”, spiega Akçam.
Per lo storico “sarebbe molto utile istituire una commissione di storia all’interno del parlamento con l’autorizzazione ad accedere a tutti gli archivi. E dovrebbe essere il CHP a farsene immediatamente promotore”.