Il discorso di Papa Ratzinger a Regensburg e le reazioni dei musulmani. Il punto di vista dell'autorevole quotidiano turco Radikal. La difesa della religione, il rapporto con la violenza, il dogma. Nostra traduzione
Di Levent Tezcan, Università di Bielefeld, per Radikal (inserto domenicale), 24/09/2006
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni
Le reazioni provenienti da diversi ambienti musulmani alle parole del Papa o di un comune cittadino indirizzate al profeta Maometto oppure all'Islam mostrano l'impreparazione dei musulmani di fronte al mondo culturale contemporaneo. Di più, queste reazioni, crescendo, contribuiscono ad innalzare la tensione e mostrano quanto facilmente possano trasformarsi in strumenti per altri giochi. E' vero, non tutti i musulmani hanno mostrato la stessa reazione ma la maggior parte di loro non si è opposta a questo genere di reazioni e le piazze sono cadute nelle mani di coloro che si sono sentiti offesi. O perlomeno è così che si percespisce dalla Germania. E purtroppo ai nostri giorni il sentirsi offesi non costituisce più un valore.
L'esistenze di diverse religioni e credenze significa di per sè che esse si provocheranno a vicenda. L'Islam è per il Cristianesimo una religione sbagliata, per l'Islam lo è il Cristianesimo. Il riferimento alle comune radici rappresentate da Abramo e dalla tradizione di Cristo non è di grande aiuto. Il libro sacro dei cristiani, il Vangelo, dal punto di vista dell'Islam non è altro che una falsificazione. Per un musulmano il Papato e Cristo come rappresentanti di Dio rappresentano un insulto. Non è possibile comprendere l'Islam senza fare riferimento ai fondamenti teorici, al dogma. Bene, sostenere che il Vangelo, il più alto dei valori per i cristiani, non è altro che un errore non rappresenta forse una provocazione? Per i musulmani la santa Trinità, per i Cristiani la riduzione di Cristo ad un semplice profeta non rappresentano ugualmente una provocazione? In linea di principio la stessa cosa vale per ebrei e cristiani e per ebrei e musulmani. E allora che dobbiamo fare? Di questo passo tutti in ogni momento possono ritenersi offesi.
E non si può certo risolvere il problema chiedendo scusa, ci si può scusare una o due volte, poi si arriva ad una situazione di stallo. Del resto poi anche i Cristiani cominceranno a chiedere delle scuse per ogni provocazione. E ci sono già dei segnali in questo senso. Un telogo tedesco stanco delle critiche e dei riferimenti alle Crociate ha chiesto polemicamente a Bardakoglu presidente del Direttorato degli Affari Religiosi turco, ndt: "E tu come sei arrvato fino ad Istanbul, l'antica Costantinopoli?", per ricordargli che i musulmani non ci sono arrivati in pace.
La cosa più preoccupante è che qualsiasi argomento storico, sociale e culturale viene ridotto ad una questione religiosa. Alla fine non ci rimarranno altre possibilità che gli appelli al dialogo interreligioso ed alla diplomazia. L'altra faccia della medaglia del dialogo però è rappresentato dallo scontro.
Per quanto facciate riferimento al dialogo tra culture vi costringete sempre all'interno della logica dello scontro tra culture, perchè finite per vedere voi stessi e chi vi sta di fronte solamente come un rappresentante di una certa cultura. Prima o poi ci sarà anche qualcuno che parlerà in nome della cultura. Visto che la cultura non è qualcosa che si può delimitare, alla fine si arriverà inevitabilmente alla religione. Chi parla in nome di una religione rappresenta una cultura e gli argomenti e le sensibilità religiose diventano gli elementi intorno ai quali parlare di dialogo tra culture.
La cosa peggiore è l'assenza di una visione politica in grado di impedire che le questioni religiose diventino l'elemento che determina una data società e il dialogo tra società diverse. Come è accaduto una volta di più nella questione del Papa, i musulmani invece di dare una risposta sul piano intellettuale si sono ritrovati nella parte di chi è stato offeso. Questo non significa approvare le parole del Papa. Resta poi il fatto che nel suo discorso il Papa non critica solo l'Islam ma anche e soprattutto il Protestantesimo e l'Illuminismo. Cerca anche di dimostrare per quale ragione ritiene che il Cattolicesimo sia l'autentica religione trovando legami con il pensiero ellenistico. Un discorso teologico fatto all'interno di un ambiente accademico.
Di fatto il Papa cerca di fare quello che i cosidetti "musulmani illuminati" cercano ogni giorno di fare per la loro religione.
Il problema, al di là del fatto che le parole del Papa siano giuste o sbagliate, riguarda il diritto di una persona di dire se una religione è sbagliata oppure no. Essere musulmano, cristiano od ebreo significa, anche non volendolo, una presa di posizione in questo senso. Se voi mettete in primo piano la vostra fede islamica, significa che considerate sbagliate le altre religioni, il cristianesimo e l'ebraismo. L'idea dell'inferno per i musulmani o per i cristiani non è altro che una minaccia indirizzata alle altre religioni o a coloro che non credono affatto. In base allo stesso principio si può sostenere la stessa cosa per la credenza cristiana secondo cui non c'è salvezza al di fuori di Cristo. Acrobazie teologiche in qualche modo possono ammorbidire questa realtà ma non la possano eliminare completamente.
Il pluralismo della vita sociale sta mettendo però in crisi la discriminazione che è insita in ogni dogma. Aleviti e sunniti, cristiani e musulmani nella vita quotidiana riescono ad entrare in relazione tra loro a patto di non mettere in primo piano le loro identità religiose.
Il punto è riuscire a comprendere come una persona, il Papa o un cittadino qualunque, possa sostenere che esiste una relazione tra l'Islam e la violenza. Paradossalmente le reazioni alle caricature o alle parole del papa finiscono per confermare questa affermazione. Coloro che vogliono difendere la propria religione in modo civile invece di arrivare alle minacce devono discutere queste posizioni e cercare di dimostrare se esiste oppure no una relazione tra l'Islam e la violenza. Ancora più importante, invece di perdere tempo con dichiarazioni tipo "L'Islam è una religione di pace", devono mostrare nella pratica il loro atteggiamento in favore della pace. Del resto è così chiaro che tutte le religioni hanno una qualche relazione con la violenza che non è credibile sostenere il contrario. La storia ci mostra una quantità innumerovole di esempi in questo senso. Anche noi non abbiamo forse studiato in questo modo a scuola? Siamo tutti cresciuti con le avventure di guerra del Profeta, abbiamo imparato, orgogliosi, come l'Islam si è diffuso ai quattro angoli del pianeta. Noi abbiamo studiato la conquista come "portare la pace" oppure "portare la civiltà". Chi è stato conquistato invece ha una percezione diversa.
Il problema non è quello di mettere oggi sotto processo la storia ma piuttosto se vogliamo dare spazio nel nostro mondo a concetti di questo genere.
Che la questione della religione non si risolverà facilmente nè facendo ricorso ai buoni propositi liberal-pacifisti nè stabilendo una relazione tra il cristianesimo e la cultura ellenica, è un'altro problema.
Ma è il problema sul quale vale veramente la pena discutere. Ricorrere alla minaccia ad ogni occasione, rende impossibile l'apertura di una discussione simile.
Rischiamo la polemica, ma i musulmani per prima cosa non dovrebbero applicare il primo comandamento dell'Islam, leggi? E allora quantomeno per prima cosa leggi il testo del Papa e dopo rispondi. Ma leggere non basta. Dai una risposta civile in modo che la tua risposta sia comprensibile per la controparte. Altrimenti tutto finisce su di un livello molto basso, cioè le persone finiscono per difendere la propria fede in mezzo ad una strada.
Ormai il mondo si è fatto piccolo. Le parole dette in un seminario accademico a Ratisbona trovano rapidamente eco in tutto il mondo. Servono serenità e fredda razionalità e non semplici appelli a non cadere nelle provocazioni. Solo così sarà possibile discutere anche gli aspetti politici del discorso del Papa e le sue conseguenze. Allora sarà possibile comprendere anche che è sbagliata l'immagine di un Occidente aggressivo, che qui ci sono molte persone che non la pensano come il Papa. In definitiva potremo comprendere meglio anche come la preoccupazione del Papa non sia tanto l'Islam quanto quella di recuperare la forza della chiesa che nelle società occidentali si sta indebolendo.
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