La nuova scossa di terremoto che ha colpito Van il 9 novembre aggiunge morte e desolazione nella regione. Si denuncia ora il mancato rispetto delle norme antisismiche e il diffuso abusivismo
Meno 3 gradi ieri notte a Van. Sono trascorse tre settimane dal primo terremoto del 23 ottobre scorso che ha colpito la provincia causando la perdita di 604 vite. Poi, subito dopo le rassicurazioni delle autorità sul fatto che non era più pericoloso tornare nelle case, il 9 novembre una seconda scossa ha fatto altre 39 vittime.
Mentre numerose famiglie stanno abbandonando la città per raggiungere autonomamente i parenti che abitano in altre zone del Paese, il governo ha messo a disposizione 60 pullman per trasferire gli sfollati in alcune strutture pubbliche di altre città. Intanto, però, un gran numero di persone è ancora privo di una tenda dove ripararsi dal freddo. Le tende prendono acqua e non sono isolate bene come i container, ma sono sempre migliori degli accampamenti di nylon che alcuni terremotati hanno dovuto improvvisare, dato che un qualche centinaio di tende sorvegliate dai militari, sia a Van centro che a Erciş, non sono ancora state assegnate perché “prive di servizi ed elettricità”.
La tassa per la ricostruzione
Quando il 17 agosto 1999 la regione di Marmara assistette a uno dei terremoti più violenti della sua storia (oltre 17mila morti e migliaia di costruzioni sgretolate) la società turca visse un trauma collettivo. Molti pensavano che il Paese sarebbe stato capace di migliorare la gestione dell’edilizia e degli affari che vi girano intorno, ma non è stato così.
La galleria fotografica di Van
Tutta la responsabilità del crollo degli edifici è finita per essere attribuita ad un paio di imprenditori edili, mentre a livello istituzionale non è stato preso alcun provvedimento permanente. Il terremoto di Van ha messo a nudo, dopo 12 anni, quanto il Paese sia ancora impreparato di fronte ai fenomeni sismici.
Persino la tassa speciale istituita “una tantum” nel 1999 per rimediare ai danni economici causati dal terremoto non è mai servita al suo scopo. Fu prolungata annualmente finché nel 2004 il ministro dell’Economia dell’epoca, Kemal Unakıtan, dichiarò che i soldi erano stati raccolti perché servivano ad altre spese dello Stato. I cittadini continuano ancora a versare quella tassa (la “speciale per le comunicazioni”) che oramai è diventata permanente, ma non ha niente a che vedere con la gestione dei terremoti.
prof. Alper İlkiIn tutta la Turchia,
abbiamo degli edifici fragili come a Van.
E’ sicuro che al verificarsi di un nuovo
sisma di questo tipo, qualunque sia
la località, il risultato sarà simile
Abusivismo e norme disattese
La Turchia, dove si registrano in media 20mila scosse all’anno, si trova per il 66% in aree sismiche di primo e di secondo grado. Il 70% della popolazione abita in queste zone dove è situato anche il 75% dei maggiori stabilimenti industriali del Paese. L’ultima regolamentazione sulle norme antisismiche per le costruzioni è del 1998. Secondo gli esperti, sarebbe sufficiente a prevenire i cedimenti degli edifici, se solo venisse rispettata.
Come i suoi predecessori, da quando è arrivato al governo nel 2002, il Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP), ha continuato a chiudere un occhio sulla costruzione di abitazioni abusive sui terreni statali, moltiplicate negli ultimi anni a vista d’occhio, ottenendo in cambio un vasto consenso elettorale.
La devastazione causata dal terremoto sembra però aver indicato una nuova rotta per la linea del governo, dato che il premier Tayyip Erdoğan, ha affermato che verranno abbattute “tutte le abitazioni abusive” del Paese “a costo di perdere voti alle elezioni”.
Forse non saranno proprio “tutte”, perché come spiega il prof. Alper İlki, vice preside della facoltà di ingegneria edile dell’Università tecnica di Istanbul, “ci sono diversi livelli di abusivismo edilizio. In primo luogo, quelli che non hanno il rogito. Vi è compreso ad esempio il 70% dei palazzi di Istanbul, che non dispongono di un certificato di abitabilità. Secondo, quelli che non hanno il permesso per costruire e sono privi di un progetto. Sono questi ultimi quelli completamente abusivi e con un rischio di cedimento più alto. Penso che il premier si riferisse a questo gruppo parlando delle demolizioni, perché altrimenti si dovrebbero includere nella lista quasi tutti gli edifici”.
Per İlki non c’è però dubbio sul fatto che “in tutta la Turchia, abbiamo degli edifici fragili come a Van. E’ sicuro che al verificarsi di un nuovo sisma di questo tipo, qualunque sia la località, il risultato sarà simile”.
Anche l'edilizia pubblica è fuori norma
Il terremoto di Van ha dimostrato ancora una volta che, nell’eventualità di una calamità naturale, non sono solo le case fuori regola dei privati a essere a rischio di crollo, ma anche le stesse strutture statali. Centinaia di strutture sono crollate a Van, e nella città sono rimasti in piedi solo due edifici pubblici: la prefettura e il centro di gestione di crisi. Tutti gli altri, compresi un dormitorio e una scuola – edificio, quest’ultimo, considerato strategico in caso di emergenza – hanno ceduto.
Serdar Harp, presidente del Consiglio d’amministrazione della Camera degli ingegneri edili, spiega che le strutture statali, assieme alla TOKİ e al KİPTAŞ, rispettivamente ente dello stato e della municipalità di Istanbul operanti nel settore edile, sono esenti da controlli esterni e gli ingegneri (o le società) che approvano l’applicazione del progetto non hanno nemmeno l’obbligo di far parte dell’Ordine degli ingegneri edili che ha una funzione di vigilare sulla categoria.
Harp denuncia anche la mancanza di trasparenza nell’affidamento di diversi appalti pubblici, spesso concessi senza gare a pretendenti chiamati su invito, con un sistema di controllo chiuso in se stesso che mette a rischio non solo i soldi dei contribuenti, ma anche la loro vita.
Materiali scadenti e costi in vite umane
Secondo i diversi rapporti presentati dopo il sisma, la ragione principale dei cedimenti degli edifici sarebbe dovuta all’utilizzo di materiale scadente: dalla sabbia non lavata adeguatamente, alla quantità di cemento carente, dall'insufficienza delle staffe nei pilastri assieme al mancato controllo finale da parte degli ingegneri addetti al progetto.
Un guadagno che, dicono gli esperti, sarebbe al massimo del 5% rispetto ad un edificio costruito a norma. Un 5% che vale tante vite umane.
Il ministro dell’Urbanistica e dell’Ambiente, Erdoğan Bayraktar, ha già anticipato le linee generali del progetto di demolizione che coinvolgerà almeno la metà dei 19 milioni di abitazioni del Paese e interesserà inizialmente otto città tra cui, ovviamente, Van, Istanbul, Izmir, e Diyarbakır.
Un rischio da non sottovalutare, riguardo al nuovo progetto di “trasformazione urbana” annunciato dal ministero (il cui ministro Bayraktar, tra l’altro, è stato tra il 2002 e il 2010 il presidente della TOKİ- la statale direzione generale degli alloggi) e già sperimentato in diversi quartieri di Istanbul, è la speculazione edilizia che caratterizza le cosiddette “trasformazioni” che stanno già modificando la composizione sociale della città. La “road map” anticipata dal ministro Bayraktar preannuncia già operazioni di sgombero di quartieri, di statalizzazione dei terreni e il sistema dei mutui. Il costo stimato dell’intera operazione sarà di circa 400 miliardi di dollari e, citando Bayraktar, “parteciperà assolutamente anche il settore [edilizio] privato” che ha dato da subito la sua disponibilità.