Aziz Nesin, Kaleydoskop

Aziz Nesin, Kaleydoskop

Scrittore dalle tendenze socialiste e dall’umorismo irriverente, ha dedicato gran parte della vita alla difesa della libertà di espressione e alla lotta contro ogni fondamentalismo religioso. Un ritratto di Aziz Nesin

27/11/2018 -  Emanuela Pergolizzi

(Quest'articolo è stato originariamente pubblicato dalla rivista Kaleydoskop il primo novembre 2018)

"Spesso mi chiedono: ‘come fai a scrivere tanto?’ Si dice che alcuni scrittori abbiano delle peri (fatine) a ispirarli soffiando sulla loro anima l’arte della scrittura. […] Per me non c’è nessuna peri. Ho demoni, streghe, diavoletti. […] I miei demoni sono quelli che chiedono l’affitto, quelli che mi chiedono soldi, sono i miei creditori, le necessità da soddisfare. Cosa posso fare se non scrivere? Non c’è niente che ispiri più l’artista dei buchi che ha nelle scarpe […] Ma se potessi rinascere, credetemi, vorrei essere stremato così come lo sono adesso e prenderei ancora questa strada, accetterei ancora la stanchezza mista a felicità che mi dà questo lavoro” (Nesin, 1977).

Presenta così la sua attività di scrittore Aziz Nesin, uno dei più famosi autori di narrativa e di satira della Turchia moderna, intellettuale dalle tendenze socialiste, dall’umorismo irriverente, che ha dedicato gran parte della vita alla difesa della libertà di espressione e alla lotta contro ogni fondamentalismo religioso. Tataro di Crimea di origine, vissuto tra il 1915 e il 1995, Nesin è stato autore di un centinaio di libri, inventore di versi e battute sottili che echeggiano ancora tra pubblicità, racconti, sceneggiature e serie televisive, tenendo tuttora in uso l’espressione “bu olay tam Aziz Nesinlik!”, “questa è proprio una cosa da Aziz Nesin!”.

Tra i temi chiave della sua satira pungente vi sono le differenze di classe, la rigidità che cristallizza i poveri nella loro condizione. “L’umorismo aiuta l’uomo povero, colui che possiede pochi mezzi, a liberarsi dal rancore, dalla rabbia provocata dalla sua condizione. Certo, non tutti coloro che vivono delle difficoltà diventano scrittori umoristici, ma le difficoltà affinano certamente l’arte della satira.” (Milliyet Sanat, 1975).

Nesin trascorse la gioventù a cavallo tra la fine dell’Impero Ottomano e l’inizio della Repubblica, ed è anche uno degli scrittori a documentare con maggiore ironia e autoironia i drammatici cambiamenti innescati dalle riforme di Mustafa Kemal. “Nel 1933, quando entrò in vigore la Legge sui Cognomi, i più intimi sentimenti di inferiorità vennero a galla: i più tirchi si fecero chiamare Eliaçık (Mano generosa), i codardi scelsero di chiamarsi Cuor di Leone, i più pigri presero il cognome di Çalışkan (operoso). Il razzismo incalzante spinse molti nati da matrimoni misti a correre per registrarsi con un cognome che suonasse il più possibile turco. […] Io arrivai alla fine della fiera dei cognomi, non ne era rimasto più nessuno di cui potessi andare fiero, allora scelsi il cognome Nesin (letteralmente “che cosa sei”?). Desideravo non smettere di riflettere su chi fossi e ricompormi ogni volta qualcuno avesse esclamato: “Nesin!”” (Nesin, 2001).

In questa ricerca ironica ed esistenziale, dopo un periodo nell’esercito, da cui fu allontanato, Nesin iniziò a scrivere per le principali riviste satiriche critiche del governo monopartito degli anni quaranta. Collaborò con pubblicazioni dai nomi tuttora conosciuti come Yedigün, Karagöz, Tan e la discussa rivista Markopaşa, critica dell’influenza americana sulla Turchia, vicina ai movimenti di opposizione minoritari di sinistra e diretta da un giornalista, Sabahattin Ali , dalle aperte tendenze filo-comuniste. Markopaşa fu chiuso e molti dei membri finirono in prigione, Aziz Nesin con loro. Nesin fu più volte incarcerato e sorvegliato dalle autorità per la sua vicinanza a movimenti di opposizione di sinistra e l’accusa di pubblicare, sotto falso nome, sui giornali nazionali, le poesie del poeta in esilio Nazim Hikmet .

Nonostante le difficoltà, la penna di Nesin non cessò mai di scrivere, esprimendo apertamente le proprie posizioni anche in momenti critici della storia politica turca come il colpo di stato del 1980. In quest’occasione, insieme ad un gruppo di intellettuali, Nesin pubblicò un manifesto apertamente contrario al governo del generale Kenan Evren, contro cui in seguito si scagliò apertamente.

Accanto al suo impegno politico, Nesin è conosciuto per la profonda opposizione ad ogni fondamentalismo religioso, e per aver rischiato la vita durante il massacro di Sivas nel 1993, quando una folla conservatrice, uscita dalla preghiera del venerdì, bruciò l’albergo dove soggiornavano artisti, scrittori e intellettuali riunitisi per un evento in celebrazione del poeta alevi Pir Sultan Abdal. Due mesi prima, nel maggio del 1993, Nesin aveva iniziato a pubblicare, sul giornale Aydınlık, la traduzione dei Versi Satanici di Salman Rushdie sollevando fortissime critiche da parte delle frange conservatrici della società.

“Non voglio una Turchia a due facce […], voglio che il nostro sia un paese realmente laico. Non desidero fare una guerra all’Islam, mi batto per la libertà di espressione. […] Finché alevi, sciiti, siriaci, atei, le diverse anime della nostra società non saranno tollerate e accettate, non potremo vivere in pace. L’unica condizione per vivere in pace è la tolleranza”, dichiarò ad un’intervista recentemente riportata in onda dalla BBC turca.

Tra pubblicità ironiche ma dal contenuto serio, Nesin ha anche pubblicato, nel corso della vita, diversi scritti diretti ad un pubblico più giovane, dal linguaggio semplice ma sempre critico ed originale. Tra i titoli più celebri “Şimdiki çocuklar harika!’’ (“I bambini d’oggi sono fantastici!”), una raccolta epistolare tra bambini che scambiano impressioni riguardo al mondo degli adulti, uno dei suoi titoli più letti e discussi in Turchia. L’attenzione di Nesin per il mondo dell’infanzia è testimoniata da un altro suo lascito, la Fondazione Nesin, una casa-scuola creata da lui stesso negli anni Settanta, a pochi chilometri da Istanbul, per offrire un rifugio e un’opportunità a bambini abbandonati, orfani o provenienti da famiglie poco abbienti. La fondazione, ancora attiva, ospita attualmente una quarantina di bambini e ragazzi.