Nella provincia di Van devastata dal terremoto di domenica scorsa è ancora emergenza, le tende sono poche e le ruspe per la ricerca dei superstiti tra le macerie quasi assenti. E’ polemica intanto sulla gestione degli aiuti e la bassa percentuale di edifici costruita seguendo norme antisismiche
Dopo il violento terremoto di domenica, le inefficienze nei soccorsi e il freddo, ora è la neve a rendere ancora più difficile la vita dei circa 600 mila cittadini della provincia di Van che non rientrano nelle loro case da 4 giorni perché pericolanti o distrutte dal terremoto. Sale intanto a 523 il tragico bilancio delle vittime, 1.650 i feriti. Mentre a Van dopo il caos nel coordinamento dei soccorsi dei primi giorni la situazione sta andando verso la normalizzazione, nei paesi delle zone periferiche è ancora emergenza, le tende sono poche e le ruspe per la ricerca dei superstiti tra le macerie quasi assenti. E’ polemica intanto sulla gestione degli aiuti e la bassa percentuale di edifici costruita seguendo norme antisismiche.
I ritardi nei soccorsi
A quattro giorni dal sisma, dopo la mancanza di tende sufficienti per tutti gli sfollati, il ritardo nel raggiungere tutte le località colpite dal sisma da parte della protezione civile, l’assalto ai camion dei soccorsi e le difficoltà nella distribuzione degli aiuti, ora la situazione si sta lentamente normalizzando a Van e Erciş mentre si registrano ancora carenze nella gestione dei soccorsi nei villaggi della provincia. Gli edifici fatti di mattoni di fango e lamiera non hanno retto e ora a parte le poche tende della protezione civile arrivate nelle ultime ore non è rimasto nulla. Anche le autorità turche, duramente contestate sia dai terremotati che dalle forze politiche d’opposizione, hanno ammesso che qualcosa è andato storto nella gestione dei soccorsi: l’AKP e poi le televisioni hanno cominciato a dire cose come "le tende non ci sono, l’acqua non c’è, questo non c’è, quest’altro non c’è. Nelle prime 24 ore dei soccorsi non siamo stati efficienti, lo confermiamo, però quando succedono eventi di questo genere anche gli errori vanno superati assieme”.
Nei giorni scorsi dure critiche erano arrivate da Kemal Kılıçdaroğlu, leader del più importante movimento d’opposizione il Partito repubblicano del popolo che durante la visita nelle zone colpite dal sisma, dopo aver parlato con i terremotati, aveva chiesto si provvedesse subito alla consegna di più tende. Critici anche i curdi del Partito del partito della pace e della democrazia, Aysel Tuğluk deputata eletta a Van ha dichiarato ieri che: "Le persone provano a creare da sole delle tende unendo pezzi di nylon strappati, sotto ognuno di questi rifugi di fortuna lottano per la sopravvivenza tra le 30 e le 40 persone in condizioni estremamente critiche dal punto di vista sanitario. Le persone sono arrabbiate per quello che viene raccontato in televisione. Nei telegiornali si dice che tutte le località colpite dal sisma sono state raggiunte dagli aiuti, però non è così, la situazione è molto problematica e a Van servono per lo meno 120 tende”.
Il 'sì' agli aiuti internazionali
Resosi conto dell’inadeguatezza dell’intervento di soccorso pianificato nelle ore immediatamente successive al terremoto, il governo è stato costretto a fare marcia indietro anche riguardo agli aiuti internazionali. Molti Paesi tra cui anche Israele si erano detti disponibili infatti a inviare convogli umanitari in Turchia, ma Erdoğan in un primo momento aveva accettato aiuti solamente da Azerbaijan, Iran e Bulgaria, in quanto Paesi immediatamente confinanti rifiutando invece le offerte di tutti gli altri. Ora, vista la carenza di tende, il governo ha rivisto la sua posizione e ieri notte sono giunti a Van i primi aiuti internazionali.
Vai al fotoracconto
Edifici non sicuri
E’ polemica anche sul bassissimo tasso di edifici costruiti rispettando norme anti-sismiche conseguenza dello scarso impegno delle autorità per combattere l’abusivismo edilizio, secondo quanto denunciato infatti dall’Ordine degli ingegneri e degli architetti turco solo il 9% degli edifici a Van erano a prova di terremoto e a livello nazionale solo un edificio su quattro sarebbe a prova di terremoto. Secondo gli architetti turchi è evidente che dopo il terromoto di Adapazarı del 1999 non sono state prese le misure necessarie per mettere in sicurezza gli edifici. La Turchia da “Paese a rischio sismico” si è trasformato nel “Paese del condono” e molti ora si chiedono anche che fine abbiano i fatto i 23 milioni di lire turche raccolti grazie alla “tassa straordinaria per il terremoto” - istituita dal governo Ecevit dopo il sisma del 1999 - e perché non siano stati utilizzati per mettere gli edifici in sicurezza.
Solidarietà ma anche razzismo
Forte la solidarietà mostrata dai cittadini turchi alle popolazioni rimaste senza casa in seguito al terremoto con raccolte di coperte, beni di prima necessità e tende in tutto il Paese. Più di 65 milioni di lire turche sono stati donati dai telespettatori nel corso del programma televisivo trasmesso dall’emittente privata Samanyolu martedì. Alla notizia del terremoto c’è chi ha risposto con commenti razzisti e anti-curdi sui social network, negli editoriali di alcuni giornali e durante le trasmissioni televisive. Hanno fatto molto discutere, in questo senso, le dichiarazioni di una nota conduttrice del canale Atv, Müge Anlı, emittente molto seguita in Turchia soprattutto dagli amanti dei talk show e delle telenovelas. “Prima tirano le pietre e ci danno la caccia e poi chiedono aiuto - ha dichiarato Anlı – i poliziotti sono immediatamente corsi ad aiutarvi e ora da quei poliziotti, a cui di solito tirate le pietre, volete ricevere aiuto”.
Nonostante sia stata unanime la condanna di questi episodi di razzismo da parte di tutti i partiti politici, le parole della Anlı sono indicative dell'opinione della parte più nazionalista della società turca, pervasa da un forte sentimento anti-curdo alimentato anche dalla retorica militarista adottata dai media mainstream da quando il conflitto tra esercito e indipendentisti del Pkk si è intensificato dopo il recente attentato della guerriglia curda dove sono morti 24 militari. Il governo ha risposto dando all’esercito turco l’autorizzazione a una vasta operazione di terra contro il Pkk. 10 mila soldati sono stati inviati nel sud-est del Paese e in nord-Iraq nonostante il terremoto. Più di 350 militanti curdi sono stati uccisi. Solo questa mattina, a quattro giorni dal sisma, il ministro della Difesa Ismet Yılmaz ha annunciato che da oggi nella provincia di Van l’attività dell’esercito si limiterà alla “normale attività di contrasto del terrorismo”.