Manifestazione per la morte di Berkin Elvan - F.Mat

Manifestazione per la morte di Berkin Elvan - F.Mat

La morte di Berkin Elvan, 14enne colpito alla testa da un candelotto sparato dalla polizia ad Istanbul, durante i violenti scontri che hanno accompagnato le proteste di Gezi Park, ha riaperto profonde ferite in Turchia alla vigilia delle amministrative del prossimo 30 marzo

14/03/2014 -  Fazıla Mat Istanbul

Berkin Elvan ölümsüzdür”, Berkin Elvan è immortale. Berkin, 14 anni, lo scorso 16 giugno - durante le manifestazioni di Gezi Park - era uscito di casa per comprare del pane quando fu colpito da un candelotto di gas lacrimogeno sparato dalla polizia. È morto martedì scorso, dopo essere rimasto in coma per 269 giorni, nel corso dei quali ha ricevuto un costante pensiero solidale ed affettuoso da amici e sconosciuti che lo ricordavano sui social media, scrivendo graffiti sui muri delle città, con le visite all’ospedale in cui era ricoverato e dal quale, dopo le prime settimane di degenza, lo vollero rispedire a casa. Una settimana fa era arrivata la notizia che le sue condizioni erano peggiorate. Pesava 16 chili quando è spirato.

Il 12 marzo scorso una marea di manifestanti gli ha reso l’ultimo saluto in un corteo che lo ha accompagnato al cimitero di Feriköy a Istanbul. Nel paese, scosso da scandali di corruzione e con un governo sempre più contestato, la morte del giovane Berkin ha causato un dolore inesprimibile. Il ragazzo ha lasciato dietro di sé lutto, rabbia e volontà di giustizia con decine di migliaia di persone di tutte le estrazioni sociali nuovamente per le strade in numerose città dopo le manifestazioni di Gezi della scorsa estate.

“Berkin Elvan è il nostro onore, è immortale!”, “AKP dimettiti!”, “Ladri! Assassini!” tra gli slogan lanciati dai contestatori. Ma nella tratta tra Şişli e Osmanbey, sotto la redazione del quotidiano Agos dove nel 2007 è stato assassinato il giornalista turco-armeno Hrant Dink, si cantava anche “Contro il fascismo, sei mio fratello Hrant”. Un funerale che ha ricordato a molti quello di Dink, e non solo per il numero dei presenti. Lui armeno, il giovane Berkin alevita. Entrambi membri di “minoranze” della Turchia e i cui assassini restano a tutt’oggi “ignoti” e impuniti.

Indagini senza sbocchi

Per oltre otto mesi non vi è stato alcun passo avanti nelle indagini sulla morte di Berkin. La polizia e la magistratura hanno dichiarato di non avere trovato nessuna video registrazione della strada in cui la mattina del 16 giugno il ragazzo è stato colpito alla testa dal candelotto, sparato dalla polizia a distanza ravvicinata. I pubblici ministeri hanno ascoltato i tre testimoni presentati dagli avvocati della famiglia Elvan solo dopo cinque mesi. I 14 poliziotti che risultavano in servizio quel giorno nel quartiere Okmeydanı (noto per essere abitato prevalentemente da aleviti e membri di formazioni della sinistra radicale) dove abitava Berkin, si sono difesi affermando di non aver utilizzato lacrimogeni, di non essere stati presenti o oppure di “non ricordare” niente.

Mentre il presidente della Repubblica Abdullah Gül ha chiamato la famiglia Elvan qualche giorno prima della morte del ragazzo e successivamente per presentare le condoglianze, il premier Tayyip Erdoğan non ha espresso alcuna considerazione sulla vicenda di Berkin. Nelle ore in cui si svolgeva il funerale il premier si trovava a Siirt in un comizio per le elezioni amministrative del prossimo 30 marzo ed elencava i successi economici raggiunti dal suo governo negli ultimi anni, rinnovando le accuse nei confronti dei propri oppositori che complotterebbero contro il suo esecutivo.

Intanto, il deputato AKP ed ex ministro per gli Affari europei Egemen Bağış (dimessosi dopo che il suo nome è stato coinvolto nello scandalo di corruzione dello scorso 17 dicembre) scriveva su twitter un messaggio che aveva dell’incredibile: “I necrofili che sono disturbati dalla nostra fratellanza e dalla fine del terrorismo riceveranno dal popolo la risposta che si meritano alle prossime consultazioni elettorali”. Il messaggio è poi stato cancellato dopo un paio d’ore.

Nuovi scontri

Sempre su twitter, il governatore di Istanbul Avni Mutlu, noto per il suo coinvolgimento nella repressione estremamente violenta delle manifestazioni di Gezi da parte della polizia, ha invece incitato le forze dell’ordine a “comportarsi in modo sensibile” durante il funerale del ragazzo. Comportamento mantenuto da questi ultimi fino alle 17.30 circa, quando un gruppo di manifestanti ha voluto proseguire in direzione di piazza Taksim – già circondata dai cordoni della polizia dalle prime ore del giorno – per lasciare dei garofani nel parco Gezi per Berkin.

Idranti e lacrimogeni scaricati a raffica e con indiscriminata violenza sui manifestanti hanno riprodotto le ormai consuete scene delle proteste turche. A Osmanbey decine di persone crollate a terra, con difficoltà a respirare; centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa a rincorrere i gruppi di manifestanti più agguerriti, con scontri durati nella notte fino a tarda ora in diversi quartieri della città.

Alcuni gruppi hanno spaccato le vetrine di qualche banca per protesta, rispondendo agli attacchi della polizia con fuochi d’artificio, mentre questi ultimi continuavano a sparare lacrimogeni e pallottole di gomma ad altezza uomo. A Taksim, un venditore ambulante di riso, un altro adolescente, è stato colpito alla testa da un candelotto, proprio come Berkin.

Intanto si sono registrati scontri anche tra civili di diverse fazioni politiche. Burak Can Karamanoğlu, un ragazzo di 22 anni, è rimasto vittima di uno sparo nel quartiere Okmeydanı, mentre la DHKP-C (un partito di estrema sinistra considerato illegale) ha assunto la responsabilità dell’accaduto. Numerose proteste e scontri si sono verificati anche in città come Ankara e Izmir, dove la polizia ha effettuato fermi dalle prime ore del giorno. A Tunceli (Dersim) un poliziotto è morto d’infarto per l’effetto dei gas lacrimogeni lanciati dai propri colleghi.

Amministrative del 30 marzo, test politico controverso

Nell’atmosfera tesissima che si respira nel paese il governo appare completamente sordo all’esasperazione dei propri cittadini e alla loro richiesta di giustizia. Per l’esecutivo si tratta di una fase di tumulto che troverà fine con le elezioni del 30 marzo, quando il “popolo” riconfermerà la sua fiducia nei suoi governanti. Ma sarà davvero così? Non è escluso, dal momento che per l’opposizione risulta difficile persino esporre i propri manifesti elettorali e le reti televisive cancellano i programmi dove sono invitati a parlare i loro leader, mentre a reti unificate continuano a essere trasmessi in diretta i vari comizi del premier.

Il giorno in cui è stato ferito, Berkin si era offerto di andare a comprare il pane al posto della madre, chiedendole anche il permesso di portare con sé un amico a casa, nel caso lo avesse incontrato per strada. Berkin non è più tornato a casa, ma ha portato con sé tanti amici che continueranno a chiedere giustizia per lui.