Durante la scorsa campagna elettorale, i media mainstream hanno blandito il presidente Erdoğan e trascurato l'opposizione. Pochi giorni dopo le elezioni, il Consiglio Superiore dell'Audiovisivo ha aperto un'inchiesta contro diverse emittenti indipendenti. Intervista con Erol Önderoğlu, rappresentante in Turchia di Reporter senza frontiere
(Originariamente pubblicato da Le Courrier des Balkans , il 7 giugno 2023)
Qual è stato il ruolo dei media nella campagna elettorale per le ultime elezioni presidenziali?
I tempi di parola concessi ai vari candidati non solo nei media pubblici, come la Radio televisione turca (TRT) e l’agenzia di stampa Anadolu, ma anche nell’85% dei media privati, sono stati del tutto sproporzionati. Abbiamo calcolato che tra il 1° aprile e il 1° maggio 2023 Recep Tayyip Erdoğan aveva a disposizione 32 ore su TRT, mentre a Kemal Kılıçdaroğlu la stessa emittente ha concesso solo 32 minuti, quindi sessanta volte di meno. Questa differenza nell’esposizione mediatica ha sicuramente avuto un impatto sul voto. All’opposizione è stato sì dato spazio nei media, ma non uno spazio sufficiente che permettesse di informare l’opinione pubblica in modo adeguato.
Ad esempio, la popolazione delle aree più isolate del paese segue esclusivamente i canali pubblici, se non altro perché questi ultimi dispongono di una rete di diffusione migliore [rispetto ai media privati]. Questa dinamica ha senz’altro inciso sull’esito delle elezioni. Erdoğan però trae un più ampio vantaggio dalla forte condiscendenza nei suoi confronti che va ben al di là dei media pubblici. Così lo scorso 12 maggio il presidente è stato ospite di una trasmissione nel corso della quale è stato intervistato da ben quattordici giornalisti, i quali però si sono limitati a porgli domande banali.
Quale trattamento è stato invece riservato a Kemal Kılıçdaroğlu?
Il principale candidato dell’opposizione non ha goduto di un trattamento equo nei media tradizionali – fatto che trovo deplorevole – ed è stato il canale Babala TV a provare a rimediare a questa disparità. Certo, il fatto che un media indipendente abbia rispettato le regole deontologiche della professione giornalistica è incoraggiante, ma non basta.
Perché non c’è stato alcun dibattito televisivo tra i due candidati che si sono sfidati al ballottaggio?
Questo tipo di dibattito non fa parte della cultura politica della Turchia. Diversi esponenti dell’opposizione hanno a più riprese invitato il potere al dialogo. Lo stesso Kılıçdaroğlu ha invitato Erdoğan a confrontarsi in un dibattito, ma il presidente non ha mai risposto, anche perché non ha mai fatto propria una cultura del dialogo. Erdoğan non è abituato ad essere sfidato in diretta e francamente non so come se la caverebbe. È solito parlare solo con i giornalisti che gli sono vicini e che hanno un atteggiamento condiscendente nei suoi confronti.
Lo scorso 31 maggio, pochi giorni dopo la vittoria di Erdoğan alle presidenziali, il Consiglio supremo dell’audiovisivo [RTÜK, il principale ente regolatore delle trasmissioni radiotelevisive in Turchia] ha avviato un’indagine nei confronti di diversi media indipendenti. È stata una sorpresa?
No, me l’aspettavo. Nell’attuale sistema iper-presidenziale non ci si può aspettare che il regime si dimostri clemente nei confronti di chi osa criticarlo. In una precedente indagine, la RTÜK ha rimproverato al giornalista Çiğdem Toker il fatto di aver affermato, nella notte delle elezioni, che i cittadini non si devono limitare a imbucare la scheda nell’urna. Quindi, non possiamo più nemmeno invitare apertamente alla protesta.
Cosa rischiano i media sottoposti a indagini?
La RTÜK dovrebbe riunirsi in questi giorni per decidere della sorte dei media indagati. Non vi è però alcun dubbio che queste testate si troveranno costrette a pagare multe astronomiche. Simili indagini si moltiplicheranno nel prossimo periodo, fino alle elezioni amministrative del 2024. Mi aspetto che la repressione diventi sempre più forte per creare le condizioni favorevoli ad una netta vittoria del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP).
Anche lei è finito nel mirino della magistratura turca…
Vengo perseguitato dal 2016 per aver partecipato ad una campagna di solidarietà con il giornale curdo Özgür Gündem che era stato chiuso in modo autoritario dopo il tentato golpe del 2016. Il giornale non era stato in alcun modo coinvolto in quell’evento, ma alcuni decreti approvati dal regime avevano permesso che diversi media curdi e di sinistra venissero messi a tacere. Nel 2016, dopo aver trascorso dieci giorni in carcere, sono stato rilasciato con la condizionale grazie ad una mobilitazione nazionale e internazionale. Poi nel 2021 sono stato assolto insieme agli altri imputati. A quel punto però è intervenuto il presidente Erdoğan e il tribunale di Istanbul ha annullato il verdetto. Quindi, siamo ancora sottoposti a procedimento penale e aspettiamo il processo, rimandato all’ottobre 2023.
Sembra che ad essere presi di mira siano soprattutto i media curdi…
Assistiamo al tentativo di eliminare i media curdi. C’era da aspettarsi che [il regime] con varie manovre poliziesche cercasse di indebolire la coalizione di opposizione guidata da Kılıçdaroğlu. L’organizzazione Reporter senza frontiere si è però resa conto che queste azioni sono state estese anche agli ambienti filo-curdi. Più di quindici milioni di cittadini della Turchia sono di origini curde e parlano la lingua curda. Pur essendo vittima di continue repressioni, i media curdi svolgono un ruolo fondamentale nell’incarnare la pluralità del paese. I media devono rispecchiare la nazione turca nel suo insieme, ed è una nazione molto eterogenea dal punto di vista culturale, politico e sociale.
Com’è la situazione dei giornalisti curdi arrestati negli ultimi mesi?
Dal giugno 2022 sono stati incarcerati circa trenta giornalisti. Di questi nove sono stati rilasciati a metà maggio, e venticinque sono ancora sottoposti alla misura della custodia cautelare. Il prossimo 11 luglio sedici giornalisti compariranno per la prima volta davanti ai giudici della Corte d’assise di Diyarbakır.
Lei ha ancora fiducia nella giustizia turca?
Prima ho citato l’esempio del procedimento nei miei confronti, il cui esito è stato messo in discussione dopo l’intervento di Erdoğan. Finché il potere politico continuerà ad esercitare un’influenza sul potere giudiziario non sarà possibile avere fiducia nella giustizia. La separazione dei poteri costituisce le fondamenta della democrazia.
Quali media turchi dovrebbe seguire chi vuole conoscere la situazione nel paese?
Considerando la polarizzazione dei media turchi, il mio consiglio è di seguirne diversi! Ad ogni modo, la mancanza dei media indipendenti contribuisce ad un’immagine della Turchia che resta inevitabilmente incompleta.