Partito in Turchia il controverso processo a un gruppo di attivisti, arrestati durante un workshop di Amnesty e accusati di sostegno al terrorismo. Nella prima udienza gli imputati hanno ottenuto la libertà su cauzione
Libertà su cauzione per tutti e otto gli attivisti per i diritti umani, dopo 113 giorni di detenzione cautelare di cui un mese in cella d'isolamento. Così ha deciso il tribunale di Istanbul nella notte tra il 24 e il 25 ottobre, al termine della prima udienza del processo che vede gli attivisti accusati di sostegno a gruppi terroristici senza esserne membri effettivi.
Dal 5 luglio scorso la direttrice di Amnesty Turchia Idil Eser, Özlem Dalkıran e Nalan Erkem dell'Assemblea dei cittadini, gli attivisti Ali Gharavi e Peter Steudtner, Günal Kurşun e Veli Acu dell'associazione Agenda per i diritti umani, erano tutti detenuti nel carcere speciale di Silivri, mentre İknur Üstün di Coalizione delle donne si trovava nel carcere femminile di Sincan.
Gli attivisti, insieme a Nejat Tastan dell'Associazione per il monitoraggio dell'uguaglianza dei diritti e Seyhmus Ozbekli di Iniziativa per i diritti, già a piede libero, sono tutti accusati di associazione terroristica ed erano stati arrestati ad Istanbul nel corso di un workshop organizzato da Amnesty e dedicato al tema della protezione dei dati e della sicurezza informatica per i difensori dei diritti umani. Per le accuse a loro carico rischiano fino a 15 anni di carcere.
I giudici, al termine di una lunga giornata di interrogatori, hanno così accolto la richiesta del procuratore di rilasciare gli attivisti e concesso la libertà anche a Veli Acu, per il quale l'accusa aveva invece chiesto la proroga dell'arresto.
Reazioni internazionali
Durante il processo un messaggio di sostegno era arrivato anche da Edward Snowden, rifugiato politico in Russia perché ricercato dagli Stati Uniti per aver divulgato informazioni riservate dell'agenzia NSA. Snowden ha scritto attraverso Twitter: “Ci sono cose a questo mondo che semplicemente sono ingiuste. Non significa che debbano restare tali. Amnesty si è mossa a mio favore in un momento in cui era difficile esporsi. Ora è tempo che siamo noi a batterci per loro”.
Sollievo per la decisione dei giudici è stato espresso dalle molte organizzazioni internazionali che in questi mesi hanno perorato la causa della liberazione degli attivisti attraverso intense campagne sui media. Il governo tedesco, attraverso il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel, ha definito la decisione dei giudici “un segnale incoraggiante” dopo mesi di tensioni crescenti con Ankara. Il ministro ha però ricordato che se Steudtner è libero, restano nelle carceri turche molti altri cittadini tedeschi.
A gettare un'ombra sulla liberazione degli attivisti c'è poi la rivelazione secondo cui a facilitarne il rilascio avrebbe contribuito una missione diplomatica da parte dell'ex cancelliere tedesco Schröder che, secondo numerosi media tedeschi, avrebbe personalmente incontrato Erdoğan. L'aiuto arrivato dall'ex cancelliere è stato confermato da un ringraziamento pubblico del ministro Gabriel. Al di là del sollievo per la scarcerazione, significa che ancora una volta è l'intervento politico a dettare la linea nelle aule di tribunale e che lo stato di diritto in Turchia è alla mercé dell'esecutivo.
Kılıç e gli altri
In carcere rimane invece Taner Kılıç, presidente di Amnesty Turchia, per il quale in un'udienza separata in un tribunale di Smirne è stato confermato il carcere in misura preventiva. I procuratori hanno chiesto infatti più tempo per acquisire ulteriori elementi di colpevolezza, nonostante i cinque mesi di detenzione preventiva già trascorsi. I giudici hanno inoltre deciso di unire il fascicolo di Kılıç con quello degli altri attivisti e trasferire l'intero processo ad Istanbul.
Kılıç è detenuto dal 6 giugno scorso, accusato di far parte della rete dell'imam Fetullah Gülen, che le autorità turche considerano dietro il tentato golpe dell'anno scorso. L'accusa contesta al presidente di Amnesty l'uso dell'applicazione Bylock e il possesso di un conto corrente presso Bank Asya, che le autorità giudiziarie considerano prove di affiliazione gulenista nonostante i pronunciamenti diversi della corte costituzionale turca.
Perizie indipendenti richieste da Amnesty hanno cercato di confutare la presenza dell'applicazione sul cellulare di Kılıç e l'associazione continua la campagna in favore della sua liberazione, definendone la detenzione un'assurdità. Anche Idil Eser, appena rilasciata, ha speso parole di sostegno verso il collega e gli altri attivisti e giornalisti ancora in carcere, promettendo che Amnesty continuerà a lavorare per ottenere il loro rilascio.
Perché nel frattempo molti continuano a restare dietro le sbarre. Ahmet Şık, reporter del quotidiano Cuhmuriyet, è al suo trecentesimo giorno di detenzione e, per lui e per gli altri giornalisti, il gruppo d'iniziativa Journalists Outside ha indetto un giorno di mobilitazione per il prossimo 28 ottobre, con una marcia che partirà dal quartiere di Kadıköy ad Istanbul. Obiettivo ridare forza alle voci che chiedono il ritorno ad uno stato di diritto che in Turchia appare ancora lontano.