Pat Yale, scrittrice di guide di viaggio, col suo "Following miss Bell" ripercorre i viaggi e le peripezie in Anatolia di Gertrude Bell - ereditiera, viaggiatrice, fotografa e spia - dal 1899 fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Un'intervista
Come è nata l'idea di scrivere un libro su Gertrude Bell?
È avvenuto tutto per caso nel 2014, in una strana mattinata in cui fui morsa da un cane nel parco di Gülhane, adiacente al palazzo Topkapı. Persi qualche ora alla ricerca di un ospedale che mi potesse somministrare il vaccino contro la rabbia. Una volta risolta la situazione per rilassarmi mi incamminai per viale dell'Indipendenza, la strada che da piazza Taksim, passando per il liceo Galatasaray, corre fino all'ingresso della funicolare che collega lo storico quartiere di Galata con quello sottostante di Karaköy. All'altezza dell'Istituto Koç notai l'insegna di una mostra incentrata sul libro dei visitatori della figlia di Osman Hamdi Bey, il celebre pittore e archeologo ottomano autore tra gli altri de "L'addestratore di tartarughe".
Che cosa la colpì in particolare?
In una pagina del libro degli ospiti mi imbattei in una dedica di Gertrude Bell, senza data, probabilmente risalente al 1907. "The most exalted seat in the world is the saddle of a swift horse and the best companion for all time is a book", una citazione di un verso del poeta arabo di epoca abbaside Al-Mutanabbi. Uscendo dall'edificio cominciai a rimuginare, sapevo che Gertrude avesse più volte visitato l'Anatolia, tuttavia avevo una conoscenza superficiale sulla natura delle sue peregrinazioni.
Chi era Gertrude Bell?
Gertrude Margaret Lowthian Bell, questo era il suo nome completo. Nacque il 14 luglio 1868 a Washington nella contea di Durham, nel nord-est dell'Inghilterra. La famiglia era una delle più facoltose del Regno Unito, grazie all'ingegno del nonno, un industriale che fece fortuna durante l'era vittoriana. Nell'immaginario comune la figura di Gertrude Bell è associata soprattutto al Medio Oriente, ai paesaggi desertici, agli intrighi. La si immagina conversare con Lawrence d'Arabia o Winston Churchill, la si ricorda come spia, ma fu molto altro. Tradusse Hafez dal persiano all'inglese, fu cartografa, escursionista e fotografa, scrittrice prolifica e poliglotta. Fondò il Museo Archeologico di Baghdad e lì vi morì suicida il 12 luglio 1926, dopo aver ingerito una dose di sonniferi. È sepolta nel cimitero militare britannico, a poca distanza dal fiume Tigri. Non si sposò mai né ebbe figli.
Visto che lo menziona, in Turchia e nel Grande Medio Oriente c'è spesso la convinzione che Gertrude Bell fosse una spia. Quanto c'è di vero?
Gertrude Bell durante la Prima Guerra Mondiale lavorò come spia per la Gran Bretagna, non c'è alcun dubbio. Va detto che all'epoca chiunque fosse in possesso di informazioni e dati sulla regione poteva essere considerato un agente straniero, o diventarlo. Tuttavia il mio libro si focalizza sui viaggi che compì in gioventù in Turchia, in questo lasso di tempo, al di là di alcune conversazioni con ambasciatori e consoli in occasioni mondane, non risulta fosse attiva come informatrice.
Quali fonti ha utilizzato per ricostruire i viaggi di Gertrude Bell in Anatolia?
Fotografie, diari e lettere, peraltro liberamente consultabili sull'archivio omonimo, curato dall'Università di Newcastle. Una delle particolarità di Gertrude Bell era proprio la documentazione fotografica, il sito contiene più di 8000 scansioni di lastre fotografiche e negativi. Gertrude era un membro della Royal Photographic Society e portava sempre con sé due macchine fotografiche, di cui una panoramica, con le quali documentava incontri ed esplorazioni.
I diari mi hanno permesso di ricostruire i suoi movimenti ed immergermi nell'atmosfera dell'epoca. Gertrude descriveva con dovizia di dettagli, in maniera meticolosa. Mi cruccio solo per due eventi di cui fa menzione ma senza fornire ulteriori spiegazioni: la visita al Palazzo di Topkapı, allora inaccessibile agli stranieri, e la conversazione con l'ultimo khedivè d'Egitto, nella sua splendida residenza sul Bosforo.
Le lettere inviate alla famiglia ci mostrano una donna dall'umorismo pungente, non è raro imbattersi in commenti sarcastici, ma soprattutto emerge la sua enorme curiosità per tutto ciò che la circondava. Affiora anche un amore per i paesaggi dell'Anatolia e la passione per la lingua turca. Sono convinta che se non fosse scoppiato il conflitto Gertrude Bell avrebbe continuato a viaggiare per la Turchia, esplorando aree in cui non era mai stata ma che di certo suscitavano in lei un grande interesse, come la Cappadocia. La Grande Guerra rappresentò uno spartiacque per milioni di persone e così fu anche per Gertrude, che non tornò mai più nel paese, stabilendosi principalmente in Iraq.
Ripercorrendo le orme di Gertrude Bell che cosa ha scoperto? Quali difficoltà ha incontrato?
Innanzitutto mi sono resa conto di quanto Gertrude avesse viaggiato e conoscesse il paese, si recò in Turchia 11 o 12 volte a seconda di come si interpretano le fonti: Istanbul, Bursa, i principali siti archeologici come Troia e Efeso, la costa Egea e il suo entroterra, Konya e dintorni e ancora l'Anatolia Centrale, la pianura Cilicia e i territori oltre il fiume Eufrate.
Viaggiare nel sud-est del paese è stato per me complicato, in quanto mi sono ritrovata ad esplorare quelle terre nella seconda metà del decennio scorso, proprio durante gli anni in cui gli scontri tra l'esercito turco e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) riprendevano vigore. Le proteste contro l'assedio di Kobane, la strage di Suruç perpetrata dallo Stato Islamico e le operazioni militari delle forze speciali turche per pacificare la regione, c'era parecchia tensione nella regione. Per mia fortuna sono riuscita a portare a termine il lavoro di ricerca senza che le autorità creassero intoppi. Essere una donna per una volta ha avuto i suoi lati positivi, sono riuscita a passare per lo più inosservata, nonostante ciò non posso negarlo, mi sono sentita vulnerabile a tratti. D'altronde Gertrude stessa in più occasioni era stata ammonita da notabili locali, la curiosità in zone poco battute spesso genera diffidenza, un principio valido allora come oggi.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Al momento sto curando l'edizione tedesca del libro, e perché no, un giorno spero che una casa editrice italiana si dimostri interessata. Tuttavia il mio sogno rimane quello di organizzare a Istanbul una mostra delle foto che Gertrude Bell scattò in Turchia.