Mentre la Russia continua la sua campagna di distruzione delle infrastrutture energetiche ucraine, Kyiv cerca nuove strade per soddisfare i propri bisogni di energia esplorando le possibilità fornite dalla resilienza e decentralizzazione delle fonti rinnovabili
Nell’ultimo mese, in Ucraina non è passato un giorno senza che missili o droni russi si abbattessero sul territorio del paese aggredito, colpendo ora obiettivi militari, ora palazzi e strutture civili (anche ospedali) o siti energetici.
Mosca sta proseguendo con la propria campagna di distruzione e danneggiamento delle infrastrutture strategiche ucraine, soprattutto energetiche, iniziata due anni fa ma che negli ultimi mesi ha raggiunto una maggiore efficacia e precisione.
Secondo il ministro dell’Energia Herman Haluschenko, a metà settembre gli attacchi subiti dalla rete energetica ucraina erano oltre il migliaio e il sistema elettrico aveva ormai perso 9GW della propria capacità totale: una situazione che provoca continue interruzioni e disfunzionalità, oltre all’esigenza di dover ricostruire e riparare i danni nel minor tempo possibile.
La situazione genera paure e timori per la stagione invernale in arrivo, che potrebbe lasciare una grossa parte della popolazione al freddo, con enormi disagi quotidiani. A fine luglio, il presidente Volodymyr Zelens’kyj aveva annunciato nuove opportunità per migliorare la situazione di fornitura di energia elettrica, assicurando come si stesse lavorando per rafforzare la protezione di importanti strutture e annunciando nuove opportunità per le regioni.
Più recentemente, le istituzione europee e in particolare la Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo si sono impegnate a compensare il più possibile le perdite di Kyiv.
Un ruolo importante potrebbe essere giocato dalle rinnovabili, in un’ottica di riforma del sistema energetico basata su una maggiore autonomia locale. Abbiamo approfondito il tema con gli esperti di Razom We Stand - associazione ucraina attiva a livello internazionale - nata per favorire la transizione verso i sistemi energetici decentralizzati rinnovabili e far sì che l’Ucraina arrivi nel dopoguerra a mettere le energie rinnovabili al centro della propria politica energetica.
Una delle missioni principali del progetto è la richiesta di un embargo totale e permanente sui combustibili fossili russi e la fine immediata di tutti gli investimenti nelle compagnie petrolifere e del gas russe.
“Due sono i nostri obiettivi: tagliare tutti i rapporti energetici con la Russia, che grazie all’energia sta finanziando la guerra e concentrarsi sul fatto che, visto che l’anno prossimo proprio l’Italia ospiterà la Ukraine Recovery Conference (tenutasi a Berlino nel 2024 e a Londra nel 2023) contribuire a mobilitare il mondo degli affari italiani interessato a investire nelle rinnovabili. In Italia, vorremmo lanciare una sorta di “rinascimento ucraino”, esordisce Maksym Bevz, responsabile delle campagne per le energie rinnovabili e la ricostruzione verde dell’Ucraina di Razom We Stand.
“Cerchiamo di dare impulso a una riprogettazione dell’economia globale e a una grande mobilitazione finanziaria per investimenti in nuovi sistemi energetici puliti, intelligenti ed efficienti, basati sulle energie rinnovabili”, scrivono nel loro sito .
Decentralizzazione energetica: una via percorribile?
“Se per i tre milioni di persone che vivono a Kyiv potrebbe essere un inverno ancora ‘normale’ e sostenibile, nelle realtà regionali, probabilmente, sarà fuori controllo. Prima avevamo 53 gigawatt a disposizione, ora ne abbiamo 9. Lo scorso inverno ne avevano 18 per l’intero paese”, ci spiega Maksym.
Quindi, dove si va a prendere la capacità energetica mancante per l’imminente inverno e come evitare che la Russia colpisca (nuovamente) le infrastrutture che generano energia in Ucraina?
Secondo diversi esperti del settore, tra cui Maksym Bevz di Razom We Stand, la decentralizzazione sarebbe una possibile soluzione: ci sarebbero infatti alternative alla semplice riparazione della vecchia rete elettrica ucraina, abbracciando un modello più diversificato e decentralizzato per il settore energetico del paese.
Decentralizzare il sistema può aiutare a ovviare a molti problemi. “Tre mesi fa, nella mia casa nei pressi di Buča (che è stata occupata e saccheggiata dai russi), quando ho capito cosa stava succedendo coi tagli elettrici, ho deciso di acquistare un sistema a energia solare da installare sul tetto”, racconta Maksym.
Una soluzione che si può adottare facilmente fuori città, ma a Kyiv o in altri grossi centri è pressoché impossibile, come anche nelle zone a ridosso del fronte o adiacenti ai territori occupati.
Tuttavia, non sono poche le realtà che stanno cercando una “soluzione verde” al problema: a Žytomyr, capoluogo dell’omonima regione a centoquaranta chilometri da Kyiv, è già in atto da anni una transizione verde e a un’indipendenza energetica che, come afferma anche il primo cittadino Serhij Suchomlyn, tutela da qualsiasi blackout.
Qualcosa, insomma, si sta muovendo e un modello simile potrebbe funzionare in futuro, ma non sarà certo sufficiente per il fabbisogno energetico dei prossimi mesi a venire.
Attualmente si sta affrontando il problema giorno per giorno, continuando a ricostruire le centrali (operazione che richiede mesi, se non anni) e prendendo quanta più energia possibile dall’Occidente, ma una nuova ondata di emigrazione non è da escludere.
“Ad oggi abbiamo una capacità di 1,7 gigawatt e, tecnicamente, possiamo aggiungere altri 2,3 gigawatt con l’aiuto dell’Occidente; ma non è ancora sufficiente”, ci spiega Maksym. “Il prossimo inverno avremo delle interruzioni di corrente sistematiche in Ucraina: in una situazione ottimale sarebbero 4 ore con elettricità e 4 ore senza, oppure 2-3 con elettricità nello scenario peggiore”.
La (lenta) corsa agli investimenti
L’Ucraina dovrebbe perciò puntare a costruire una rete nazionale con centinaia di centrali elettriche molto più piccole. Questo aggiornamento energetico nazionale dovrebbe incorporare le tecnologie più recenti e sfruttare al massimo le notevoli capacità di produzione di energia elettrica rinnovabile del paese.
Da un punto di vista militare, per la Russia sarebbe molto più difficile infliggere danni critici a una rete elettrica ucraina così decentralizzata, tanto più che con un gran numero di potenziali obiettivi sparsi in tutto il paese, anche i costi sarebbero probabilmente proibitivi.
Per essere, però, all’avanguardia nella costruzione di una nuova generazione di centrali elettriche, gli imprenditori hanno bisogno di accedere agli strumenti finanziari necessari. Ed è qui che entrano in gioco gli alleati occidentali.
“L’Europa sta facendo moltissimo, è indubbiamente il maggior sostenitore dell’Ucraina”, sottolineano gli esperti di Razom We Stand. “Le risorse allocate ammontano a 15 miliardi all’anno ed è davvero una cifra considerevole. Se teniamo in considerazione la burocrazia europea, i tempi con cui si stanno prendendo le decisioni sono rapidissimi e tutto ciò ha un impatto positivo notevole sulla situazione generale del paese, che sta attraversando un periodo particolarmente turbolento”.
Razom We Stand assieme a BankWatch e ad altre Ong europee sostengono un orizzonte progettuale in cui il 20% circa delle risorse ucraine (9,8 miliardi del budget nazionale) possa essere dedicato alla transizione verde.
Ci spiega il direttore marketing Oleksandr Romanišyn: “Il 20% per la transizione verde è molto, magari non ancora sufficiente, ma è un’ottima base di partenza. Quello che vogliamo da parte della Commissione Europea è probabilmente che ci si impegni per creare degli strumenti finanziari più flessibili. Per ora ci sono prestiti e misure governative, ma ci servono sicuramente investimenti privati”.
A tal proposito entra in gioco il programma di recupero dell’energia verde , parte integrante della più ampia strategia del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), volto non solo a ripristinare i servizi essenziali, ma anche a gettare le basi per un sistema energetico sostenibile ed ecologico in Ucraina.
Concentrandosi sulle soluzioni di energia rinnovabile e sulla generazione decentrata di energia, il programma mira a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili tradizionali e a creare un settore energetico più solido e adattabile. Questa iniziativa è in linea con gli impegni globali per combattere il cambiamento climatico e sostiene la visione dell’Ucraina per un futuro sostenibile nel dopoguerra.
Si tratta di aspetti interessanti perché permetterebbe all’Ucraina di diventare la nazione più “verde” d’Europa. Un impegno difficile perché permangono tendenze opposte: nuove figure interne al ministero dell’Energia, per esempio, sono a favore di costruzioni di reattori nucleari dalla Bulgaria, che utilizza ancora le vecchie infrastrutture sovietiche.
Completa autonomia dalla Russia
Secondo Razom We Stand l’Ucraina, pianificando attivamente una ricostruzione verde del proprio sistema energetico, riuscirebbe anche a porre fine alla sua dipendenza dal gas russo, contribuendo al contempo alla transizione energetica dell’Europa.
Se gli investitori occidentali fornissero all’ecosistema dell’innovazione ucraino i capitali necessari a promuovere questa transizione, potrebbero creare insieme un hub per l’energia pulita in Europa e un ambiente di prova per l’innovazione energetica in grado di sostenere gli sforzi di decarbonizzazione in tutto il continente e oltre.
Sebbene l’industria energetica ucraina abbia ricevuto un notevole sostegno finanziario dal 2022 da parte di donatori internazionali e istituzioni per lo sviluppo, la maggior parte dei finanziamenti è andata al settore pubblico.
Ciò è comprensibile, data la necessità di mantenere in funzione le infrastrutture critiche gestite dallo Stato. Tuttavia, per passare alla fase successiva, le autorità ucraine e i partner internazionali devono cercare di rendere i nuovi progetti economicamente sostenibili per il settore privato ucraino.
Il finanziamento della decentralizzazione del settore energetico ucraino dovrebbe essere riconosciuto come una priorità strategica: la Russia mira chiaramente a distruggere la rete elettrica ucraina e spera che questo possa compromettere la capacità di resistenza del paese. Resistere agli attacchi russi costanti alle infrastrutture energetiche ucraine è quindi vitale per il più ampio sforzo bellico.
“L’Ucraina ha già gli strumenti, le menti e le infrastrutture per farlo. Ciò di cui ha bisogno sono i finanziamenti e il sostegno dei partner internazionali”, dichiarano a Razom We Stand.