La centrale nucleare South Ukraine

La centrale nucleare South Ukraine - CC BY-SA 4.0, Wikimedia

Le truppe russe si stanno avvicinando alla seconda centrale nucleare, quella di South Ukraine, nei pressi di Yuzhnoukrainsk, nella parte sudoccidentale del paese. Se cadrà il 50% del potenziale energetico nucleare ucraino sarà sotto il controllo di Mosca

07/03/2022 -  Piergiorgio Pescali Yuzhnoukrainsk

Le prime colonne militari russe sono a circa 30 chilometri dalla centrale e l’esercito ucraino, aiutato dalle milizie, si sta preparando alla difesa del sito.

Se anche questo dovesse cadere in mano russa, il 50% del potenziale energetico nucleare ucraino sarebbe sotto controllo di Mosca, che avrebbe quindi la possibilità di governare la quantità di energia a disposizione dell’intera nazione.

“Non lasceremo che i russi ci dicano come e quando possiamo utilizzare la nostra energia. Combatteremo, così come i nostri fratelli hanno combattuto a Zaporizhzhia” afferma un miliziano lungo la strada che da Nova Odessa porta alla centrale. Nella chiesa degli Apostoli Pietro e Paolo, il prete locale ha chiesto ai suoi parrocchiani di accogliere rifugiati e al tempo stesso di preparare cibo per i militari e miliziani ucraini.

L’Energoatom , l’agenzia nucleare ucraina, ha di nuovo richiesto all’Agenzia per l’energia atomica internazionale (IAEA) di dichiarare zona libera da combattimenti un’area di un raggio di 30 chilometri dalle centrali nucleari ucraine di Zaporizhzhia, South Ukraine, Khmelnitski e Rivne.

Naturalmente, è chiaro ormai a tutti che l’ONU, a cui l’IAEA appartiene, è un organismo a cui tutti si appellano in caso di bisogno, ma a cui nessuno dà retta. Non ha quindi sorpreso nessuno che la richiesta dell’organismo per l’energia atomica fatta il 3 marzo alle forze russe di cessare immediatamente le azioni belliche attorno alla centrale di Zaporizhzhia, sia caduta nel vuoto.

“Sappiamo che l’Europa e l’Occidente ci avrebbero abbandonato prima o poi. Non avete il coraggio (per la verità ha utilizzato un altro temine, ndr) per fronteggiare uno come Putin. Non importa, lo faremo noi.” Mi apostrofa un miliziano appena mostro il mio passaporto in un posto di blocco.

Prima del 3 marzo, nessun reattore nucleare è stato oggetto di contesa di eserciti e sino ad oggi nessuna azione bellica è stata compiuta così vicino ad una centrale atomica operativa.

La battaglia per la conquista di Zaporizhzhia è stata la prima in assoluto ad aver portato alla luce un potenziale pericolo nucleare derivato da impianti ad uso civile. Ma è stata anche quella che ha messo in chiaro che non è poi così semplice far esplodere il contenitore in calcestruzzo e un vessel (recipiente che contiene il nocciolo del reattore nucleare) in acciaio di un reattore a fissione. Occorre una buona dose di sangue freddo, una deliberata intenzione nel compiere un’azione criminale e grande coordinazione tra i diversi attori.

“Putin non avrebbe nessun problema nel provocare un disastro nucleare” dice con troppa nonchalance il gestore di un supermercato a Yuzhnoukrainsk. In realtà nessun governo, neppure il più abietto, avrebbe convenienza nel creare un disastro nucleare distruggendo una centrale. Ma l’attacco a Zaporizhzhia (e quelli che seguiranno alle altre centrali ucraine se la guerra si prolungherà) ha anche chiarito all’opinione pubblica che i reattori oggi in uso non possono mai in nessun modo esplodere come fossero bombe nucleari.

Questo non significa che il pericolo di una catastrofe atomica sia allontanato, ma solo che non è così semplice che accada.

Il modo più conveniente e facile per causare un disastro nucleare non è quello di bombardare direttamente il reattore, quanto quello di provocare un completo blackout degli impianti di raffreddamento del reattore stesso per raggiungere una criticità tale da fondere il materiale nucleare, sull’esempio di ciò che è accaduto a Fukushima l’11 marzo 2011. In tal caso, però, dovrebbero essere completamente distrutti gli impianti di refrigerazione ausiliari e quelli di emergenza, impedendo al contempo ogni possibilità, da parte dei soccorsi, di raggiungere la centrale allacciando in tempo utile nuovi generatori. Insomma, una serie di raid altamente coordinati tra loro non certo impossibili, ma dal successo altamente improbabile, mancando anche l’effetto sorpresa. Nonostante i toni allarmistici da imminente scenario nucleare disegnato da più parti (Zelensky ha parlato di “evacuazione dell’intera Europa”), il pericolo proveniente dalle centrali nucleari è più psicologico che reale.

L’incendio di Zaporizhzhia ha scosso anche la Cina, impegnata in un programma di sviluppo energetico che include anche il nucleare. Zhang Jun, rappresentante cinese all’ONU, dopo aver espresso preoccupazione per l’incidente al sito atomico, ha chiesto a Russia e Ucraina di collaborare assieme all’IAEA per assicurare la sicurezza delle centrali presenti sul territorio.

Tra poche ore l’attenzione e le preoccupazioni che si erano focalizzate su Zaporizhzhia si sposteranno a Yuzhnoukrainsk.

 

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