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Nella guerra in Ucraina finora sono andate distrutte almeno la metà delle infrastrutture costruite per la transizione energetica. Il consorzio di aziende che fa parte dell’Associazione ucraina per le energie rinnovabili intende portare davanti ai tribunali internazionali competenti le autorità russe per chiedere un risarcimento

23/03/2022 -  Piergiorgio Pescali Mykolaiv

La guerra in Ucraina ha fatto deragliare i piani energetici di molti paesi europei, ma mentre in Occidente gli impianti di energia rinnovabile rimangono comunque intatti e funzionanti, qui in Ucraina i bombardamenti hanno distrutto almeno la metà delle strutture costruite per ottemperare alla transizione energetica voluta dal governo. L’89% della capacità energetica da fonti eoliche, il 37% degli impianti solari e il 48% delle centrali a biomassa sono concentrate nelle regioni meridionali di Odessa, Mykolaiv, Kherson, Dnipro e Zaporizhzhia, dove il conflitto è più violento e persistente.

Negli ultimi dieci anni l’intero reparto di energia rinnovabile ucraino ha attratto investimenti per circa 12 miliardi di dollari e secondo la road map di Kiev, entro il 2035 la produzione interna di energia da fonti rinnovabili avrebbe dovuto raggiungere il 25% del totale (nel 2021 era pari al 12,5%).

I principali attori nella scena delle energie rinnovabili sono la norvegese Scatec Solar, il cui principale azionista è la compagnia petrolifera Equinor, la francese Total e la cinese CMEC, sussidiaria della SINOMACH, un conglomerato impegnato nella produzione di macchine agricole.

Anche la DTEK, il maggior gruppo ucraino nel settore energetico (fornisce il 20% dell’energia prodotta in Ucraina con otto centrali a carbone e altre alimentati con gas naturale), si è lanciato con entusiasmo nel lucroso business delle rinnovabili che permette di godere di una tariffa onnicomprensiva (feed-in) fino al 1° gennaio 2030 con enormi incentivi per le aziende che investono nel settore.

Sebbene nel 2021 l’energia prodotta dagli impianti solari ed eolici della DTEK sia stata inferiore dell’11,8% rispetto all’anno precedente “a causa di una minore insolazione e un calo dei venti”, come spiega la stessa compagnia in un suo comunicato, a maggio dello scorso anno ha iniziato a costruire nella regione di Mykolaiv il parco eolico di Tiligulska che, con una capacità di 564 MW, sarebbe dovuto diventare il più grande centro di produzione di energia rinnovabile nazionale.

La guerra non solo ha interrotto i lavori, ma ha anche distrutto gran parte delle turbine già installate. Con parchi fotovoltaici, eolici, centrali termoelettriche e depositi petroliferi bombardati o messi fuori uso, “l’Ucraina deve contare per la propria fornitura elettrica solo su fonti nucleari, qualche centrale a carbone ancora funzionante e su impianti idroelettrici” spiega un tecnico della Ukrhrydroenergo, il quale aggiunge che “le centrali idroelettriche sono per il 42% anch’esse situate in regioni interessate al conflitto e rischiano di chiudere”. La centrale elettronucleare di Zaporizhzhia, pur essendo controllata dall’esercito russo, continua, assieme alle altre tre (South Ukraine, Rivne e Khmelnytskyi) ad essere connessa alla linea elettrica ucraina fornendo energia al paese fintanto che un guasto non interrompa la rete.

Tutti i nostri approfondimenti nel dossier "Ucraina: la guerra in Europa"

Il carbone, assieme al gas naturale (materie prime di cui la DTEK ha il monopolio in Ucraina) rimangono ancora oggi le fonti principali di produzione energetica, sebbene l’invasione abbia fatto crollare l’apporto di queste singole fonti a favore del nucleare. L’Ucraina è il decimo produttore al mondo di carbone e può contare sul 3% delle riserve mondiali fornendo i maggiori proventi della stessa DTEK.

Il proprietario della DTEK, Rinat Akhmetov, il controverso uomo d’affari ucraino più ricco del paese con un patrimonio stimato sugli otto miliardi di dollari e proprietario della squadra di calcio Shakhtar Donetsk, è sceso in campo per difendere il suo paese e la sua azienda. Nonostante Akhmetov sia russofono, abbia militato per breve tempo nelle file russofile del Partito delle Regioni e ancora oggi sia molto critico su Zelensky, sin dal 2014 ha mostrato di essere uno strenuo sostenitore dell’indipendenza e dell’unità ucraina. In una recente intervista rilasciata a Forbes ha ripetuto chiaramente che l’unica soluzione possibile del conflitto è “un cessate il fuoco, il ritiro completo delle truppe russe dal territorio ucraino e il ripristino dei confini ucraini riconosciuti dalla comunità internazionale, compresa la Crimea e il Donbas”. Alla domanda precisa se stesse aiutando il presidente Zelensky, Akhmetov ha diplomaticamente glissato, affermando genericamente di voler “aiutare l’Ucraina, il popolo ucraino e (…) il nostro esercito”.

Il consorzio di aziende che fa parte dell’Associazione ucraina per le energie rinnovabili ha già annunciato di avere intenzione di portare ai tribunali internazionali competenti le autorità russe per chiedere loro il pagamento dei danni subiti: “I danni causati dagli occupanti russi alle aziende ucraine ed estere devono essere compensati tramite contenziosi internazionali” ha fatto sapere l’organizzazione.