Quali le conseguenze dell'annuncio della mobilitazione parziale in Russia nei territori occupati dell'Ucraina? E quali reazioni vi sono state a Kyiv? Un'analisi
(Questo articolo viene pubblicato in collaborazione con Meridiano 13 )
A seguito alla decisione delle amministrazioni locali dei territori ucraini (parzialmente) occupati dalla Russia di tenere i referendum per l’adesione alla Federazione russa tra il 23 e il 27 di settembre, il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto alla nazione. Con questo discorso, nel tono e nelle parole molto simile a quello dello scorso 24 febbraio, ha annunciato l’avvio di una mobilitazione parziale , una mobilitazione che coinvolgerà anche i cittadini che popolano le aree occupate.
Il Cremlino, probabilmente rendendosi conto delle difficoltà nella campagna militare in Ucraina, ha deciso di annettere (con due referendum, che di democratico hanno ben poco) i territori che è riuscito a conquistare e di procedere per una mobilitazione all’interno del paese per cercare di sopperire alla mancanza di uomini al fronte. Nel contempo, i cittadini delle regioni occupate oggi sono piuttosto confusi: a quale esercito saranno obbligati a rispondere e quali sono le conseguenze per chi non vuole né andare al fronte, né tanto meno combattere al fianco delle truppe nemiche?
La Russia si prepara a una nuova annessione?
Lo scorso 20 settembre, le repubbliche separatiste di Donec’k e Luhans’k e le autorità locali dei territori conquistati delle regioni di Cherson e Zaporižžja (ad oggi solo parzialmente occupate) hanno annunciato simultaneamente lo svolgimento di referendum per l’adesione alla Federazione russa, proposta ben accolta da Vjačeslav Volodin, presidente della Duma di Stato russa. Se, infatti, lo scorso agosto l’idea dei referendum era stata accantonata, in quanto il Cremlino era ancora fiducioso che avrebbe conquistato molti più territori ucraini (tra cui le intere regioni di Cherson, Zaporižžja e Charkiv), nelle scorse settimane la situazione si è ribaltata: la controffensiva ucraina è stata un successo e le forze armate ucraine sono riuscite a liberare quasi interamente la regione di Charkiv, nonché numerosi altri insediamenti nelle regioni del Donbas e dell’Ucraina meridionale. Perciò, non riuscendo ad avanzare ulteriormente, Mosca ha dovuto ritornare sui propri passi: l’annessione (attraverso un referendum che ne dimostri la “libertà di scelta”) è la via più facile per imporre senza mezzi termini la propria autorità. Uno scenario già visto nel marzo 2014, quando Mosca decise di annettere la penisola di Crimea.
Alcuni osservatori ucraini sono dell’avviso che le dure leggi sulla mobilitazione in tempo di guerra sono progettate soprattutto per accontentare gli ardenti sostenitori dell’invasione contro l'Ucraina, dal momento che una mobilitazione segreta in Russia è, in realtà, in pieno svolgimento da tempo, come aveva già riferito il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj al quotidiano Bild. Tuttavia, questa mobilitazione non sembra possa influenzare lo stato delle cose al fronte: il giornalista militare israeliano Serhij Auslender scrive su Telegram che per 100mila persone mobilitate sono necessari almeno cinquemila ufficiali: maggiori, tenenti colonnelli e generali, ma la Russia non ha più un tale numero di uomini. Inoltre, le nuove reclute devono essere addestrate e ben equipaggiate (e sappiamo bene come le attrezzature belliche russe siano obsolete).
Cosa significa questo per gli ucraini sotto occupazione?
“I cittadini ucraini in Crimea e in altri territori temporaneamente occupati dopo il 24 febbraio saranno mobilitati con la forza se i russi terranno dei referendum in queste aree” dichiara convinta Al’ona Lun’ova del centro per i diritti umani ZMINA. La mobilitazione forzata per l'esercito russo avviene in continuazione e, soprattutto in Crimea, non è una novità, anche se pochi ne parlano: “Alla fine di agosto, ad esempio, il 55% degli uomini nella regione temporaneamente occupata di Luhans’k era soggetto a mobilitazione forzata” ha affermato il vice primo ministro Iryna Vereščuk.
E poco importa se si sia o meno in possesso di un passaporto russo. Sempre secondo Lun’ova, i cittadini della Crimea saranno i primi a finire sotto la cosiddetta “pista di mobilitazione”, in quanto de facto già soggetti alle autorità russe.
In Ucraina intanto il ministero per la Reintegrazione dei territori temporaneamente occupati e l'Ufficio nazionale di informazione chiedono a tutti gli ucraini di denunciare i casi di mobilitazione forzata. Naturalmente, consigliano vivamente ai cittadini di nascondersi per sfuggire alla mobilitazione russa, se non tentare di scappare verso l’Ucraina o paesi terzi. Se ciò non fosse possibile, li incoraggiano a evitare di ricevere personalmente chiamate da "commissari militari" di occupazione; modificare il numero di telefono o interromperne temporaneamente l'utilizzo; cambiare luogo di residenza; dimostrare all’occupante di non potersi arruolare (credenze religiose, inidoneità).
Il ministero consiglia anche dei comportamenti nel caso in cui la mobilitazione sia già avvenuta con la forza: rifiutarsi di arruolarsi, con la conseguenza di venir reclusi nei territori occupati; non seguire ed eseguire gli ordini e cercare di arrendersi alle forze armate ucraine il prima possibile.
La reazione dell'Ucraina ai "referendum" e alla mobilitazione
“Mosca ha davvero paura che nel giro di un mese una difesa di successo lungo l’Oskol’ (il fiume che passa nella regione ucraina di Charkiv e in quella russa di Kursk e Belgorod, ndr) possa concludersi con una brillante difesa lungo l’Ajdar (che divide la regione di Luhans’k da nord a sud - e da cui deriva anche il nome del famoso battaglione, ndr), se non addirittura lungo il Derkul (fiume che scorre lungo il confine con la regione di Rostov, in Russia, ndr). E questo potrebbe accadere proprio prima del compleanno di Putin", ha commentato la notizia sulla mobilitazione il consigliere del ministro della Difesa ucraino, Oleksij Kopyt’ko.
Il ministro degli Affari Esteri, Dmytro Kuleba ha chiarito su Twitter che nulla cambierà nell'atteggiamento ucraino: “Né falsi 'referendum' né una 'mobilitazione' ibrida cambieranno nulla. La Russia era e rimane uno Stato aggressore che occupa illegalmente una parte del territorio ucraino. L'Ucraina ha tutto il diritto di liberare i propri territori e continuerà a liberarli qualunque cosa dica la Russia”.
Inoltre, il rappresentante della Direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa, il generale maggiore Vadym Skibytskyi, in un'intervista al Kyiv Post ha posto una questione a suo avviso rilevante: la mobilitazione rappresenterebbe un duro colpo per il regime di Putin perché significherebbe ammettere che la cosiddetta “operazione speciale” non ha ottenuto risultati e che è in corso una vera guerra.
La mobilitazione in Ucraina è alla seconda ondata
A causa dell'invasione russa su vasta scala, l'Ucraina è soggetta sia alla legge marziale che alla mobilitazione generale sin dal 24 febbraio, durante la quale gli uomini in età di leva non possono lasciare il paese, se non con alcune eccezioni. Lo scorso 15 agosto, la Verchovna Rada ha approvato l'estensione della legge marziale e la proroga del periodo di mobilitazione generale per 90 giorni, ovvero fino al 21 novembre 2022.
Parlando di mobilitazione in Ucraina, la seconda ondata di mobilitazione è iniziata il 15 marzo scorso.
La prima ondata, o riserva operativa, è costituita da personale militare che ha esperienza pratica di combattimento. Gli uomini della prima ondata hanno fino a 40 anni e per lo più hanno servito nelle forze congiunte (OOS) e nell’operazione anti-terrorismo (ATO).
La seconda ondata è composta invece da ex coscritti e lavoratori a contratto con esperienza militare antecedente il 2014.
La terza ondata è la riserva di mobilitazione e include ufficiali di riserva che non hanno partecipato alle precedenti ondate di mobilitazione e uomini che si sono laureati nei dipartimenti militari delle università.
La quarta ondata è composta dalla riserva pubblica e chiama tutti gli uomini che possono combattere e che non hanno problemi di età o salute.
La mobilitazione - che riguarda esclusivamente il corpo militare – è distinta dalla legge marziale, un regime speciale che va a toccare qualsiasi ambito della vita quotidiana di un cittadino: dall’economia, che può essere dedicata all’ambito bellico in modo parziale o totale (nei casi più estremi), all’introduzione di un coprifuoco e del controllo di documenti, bagagli o merci al fine di rafforzare i controlli, dalle limitazioni sulla libertà di circolazione al divieto di manifestazioni o raduni. Infine durante questo periodo non è possibile apportare modifiche alla Costituzione e tenere elezioni o referendum.