Il collettivo durante una manifestazione - Foto Пряма Дія

Il collettivo durante una manifestazione - Foto Пряма Дія

Si chiama Priama Diia (Azione diretta) ed è un collettivo studentesco di ispirazione anarchica. Molto attivo nonostante la guerra e la legge marziale, organizza manifestazioni con l'intento di rivitalizzare la comunità studentesca traumatizzata dal conflitto

24/07/2024 -  Francesco Brusa

Nel perpetuo “stato di eccezione” in cui l’Ucraina è sprofondata da oltre due anni a causa dell’invasione russa esistono comunque “spazi” per impegnarsi politicamente e pensare al futuro. L’università è uno di questi: collettivi studenteschi come Priama Diia (“Azione diretta”), con cui abbiamo conversato, sono infatti riusciti a organizzare proteste ed eventi culturali, con la partecipazione di oltre 2mila persone, nonostante la legge marziale, a portare avanti riflessioni sulle questioni sociali più urgenti nel paese e addirittura a fondare e lanciare una rivista, il cui primo numero è uscito lo scorso aprile.

È stata lo scoppio della guerra a far capire a Maksym e Katya, due dei membri più attivi del collettivo, che ci fosse bisogno di un movimento ampio e plurale, capace di intercettare le nuove istanze generate dal conflitto e di “rivitalizzare” una comunità studentesca investita dal trauma dell’invasione, dal ricollocamento di massa delle persone che si trovavano vicino al fronte all’inizio dell’ostilità e da una generale incertezza di quanto succederà nel paese.

Ci volete raccontare brevemente la storia del collettivo Priama Diia?

La storia dell'attivismo studentesco in Ucraina risale agli anni '90, quando quella che potremmo chiamare la “prima generazione” dei membri di Priama Diia ha fondato il movimento. Da quel momento in poi si sono alternate diverse fasi, la più importante delle quali si è sviluppata forse attorno al 2011 quando si è verificata una grossa partecipazione che ha consentito di bloccare alcune riforme del governo.

Dopo l’inizio dell’invasione su larga scala, ci siamo ritrovati a discutere che cosa potevamo fare in quanto studenti. Ci è sembrato sensato provare a rivitalizzare il movimento studentesco, soprattutto pensando alla crisi di disponibilità dei dormitori nel paese e ai diversi attacchi contro il diritto allo studio. Dunque, Priama Diia esiste in questa sua rifondazione da ormai un anno e mezzo. Abbiamo ottenuto dei successi, ma abbiamo anche incontrato difficoltà. Al momento contiamo un centinaio di membri: non si tratta di un numero altissimo, ma ci sono persone attive nella grandi città di Lviv e Kyiv e la tendenza sembra in crescita (soprattutto negli ultimi sei mesi). Questo ci fa dire che ci siamo indirizzati su una buona strada.

Qual è la vostra identità politica?

Priama Diia è stata creata come un gruppo di chiara ispirazione anarchica. Tuttavia, quello che abbiamo notato in seguito all'invasione è che molte persone si stanno politicizzando in maniera molto spontanea e sulla scorta della volontà di opporsi all’aggressione della Russia. Questo crea una sorta di "identificazione negativa" in termini di valori politici: se in Russia c'è un regime autocratico, noi dobbiamo difendere la democrazia; se là la comunità Lgbt viene oppressa, invece noi dobbiamo sostenerla e così via...

Ora, quello che consideriamo essere un po' il nostro compito è dunque riunire le persone che si politicizzano in questa maniera puramente reattiva, senza prendere troppo in considerazione il loro specifico orientamento politico, e formare una piattaforma di richieste comuni basata sul diritto all'educazione gratuita, sulla contrarietà a qualsiasi tipo di discriminazione e anche su una certa spinta a rendere le tendenze pedagogiche presenti nel paese maggiormente libertarie.

Avete portato avanti una protesta contro le dichiarazioni nazionaliste e discriminatorie di Iryna Farion; inoltre, durante alcune presentazioni della vostra rivista, avete subito attacchi e intimidazioni da parte di gruppi di estrema destra. Come vedete il problema del nazionalismo nel paese?

È una questione molto complicata. Diciamo che dopo l’invasione c'è stata una diminuzione delle attività dei gruppi di estrema destra perché la maggior parte di essi è andata a combattere al fronte. È vero però che sussiste una buona fetta di popolazione studentesca che condivide opinioni di destra estrema e che si impegna in azioni di disturbo anche contro di noi. Inoltre gli esponenti della fazioni più nazionalistiche che hanno fatto ritorno dal fronte, magari perché feriti, spesso si impegnano in azioni di promozione delle proprie idee, nella propaganda e nell’attivismo sociale. Quindi credo che in futuro avremo un problema con l'estrema destra e con un nuovo ruolo che occuperà nella vita politica del paese.

Più in generale, all'inizio dell'invasione la propaganda governativa ha provato a dire che l'esercito russo sarebbe stato respinto in poco tempo e nel giro di un mese la guerra sarebbe finita, ma invece siamo entrati nel terzo anno. Può essere che non ci sarà neanche una vittoria per come l’avevamo immaginata all’inizio della guerra e molte persone stanno sviluppando un forte risentimento. Non è un mistero che il risentimento sia una base emotiva che tende a favorire le forze politiche di destra.

L'invasione ha cambiato la vostra idea di cosa debba essere la "sinistra" in Ucraina?

Ci sembra utile ripensare al nodo del 2014, quando di fatto la sinistra in Ucraina si è disinteressata alla guerra che era già arrivata e non è stata in grado di avanzare alcuna proposta e iniziativa se non dopo due o tre anni. Chiaramente la lezione è che, se la sinistra vuole esistere in questo contesto, dobbiamo in qualche modo contribuire all'autodifesa della popolazione contro le aggressioni esterne. Dal nostro punto di vista, però, c'è una grossa differenza fra sostenere le persone che sono al fronte e sostenere il governo Zelensky.

Crediamo che la guerra spazzerà via molte delle “illusioni neoliberali” che hanno caratterizzato le politiche nel nostro paese: pensiamo alle ricostruzioni delle case, alla contrazione del welfare, alla questione del debito che stiamo accumulando con altre nazioni, ecc. [il collettivo ha partecipato a un contro-vertice per la ricostruzione del paese che si è svolto a Berlino all’inizio di giugno, organizzato da altre sigle di sinistra e da diversi sindacati indipendenti, ndr]. In quel momento forse ci sarà una possibilità di espansione per noi e per la sinistra in generale, perché si svilupperanno delle condizioni diverse che potranno presumere all'emergere di una sensibilità politica nuova.

In ogni caso, non abbiamo alcuna certezza sul futuro e anzi ci interessa agire nella maniera più pragmatica possibile, sapendo che occorre una nuova ideologia progressista. A volte si tende a concepire l'orientamento politico come se fosse un'identità rigida, e si creano conflitti addirittura attorno ai simboli. Ma la realtà è che, se si chiede alle persone, sono in pochi a essere sicuri di cosa pensano e di cosa si sentono di essere a livello politico. Perciò è importante ricordarci che le idee non vengono generate direttamente nelle nostre menti, con un processo astratto, ma si formano attraverso le lotte politiche e sociali. Solo così si può capire quali sono le ragioni per cui le persone si impegnano e che cosa vogliono ottenere nel futuro.