Valenka -  foto di Maria Chiara Calvani

Valenka -  foto di Maria Chiara Calvani

I rusniki sono teli stretti e lunghi di lino o di canapa, le donne ucraine li ricamavano con simboli colorati che si tramandavano come fiabe antiche di famiglia in famiglia. Reportage

05/12/2018 -  Maria Chiara Calvani

Valenka va al fiume a lavare i rusniki.

rusniki sono teli stretti e lunghi di lino o di canapa tessuti, le donne ucraine li ricamavano con simboli colorati che si tramandavano come fiabe antiche di famiglia in famiglia. Erano fiori – i notissimi ciornobrivzi, o rose, o ghirlande di fiori e frutti di malina o smarodina o kalina le bacche di quei territori che fioriscono d’estate che prendevano forma in un intreccio di ago, filo e tessuto tra una trama e l’altra.

Valenka - foto di Maria Chiara Calvani

È passato molto tempo ed ancora, il valore dei rusniki è così sentito in questa terra. E li si poggia ancora con cura, sopra le icone dei santi e alle fotografie dei morti come ad incorniciarli per donare a questi e alle loro storie maggiore attenzione, o forse, per condividere lo stesso dolore o lo stesso desiderio di festa nei giorni dei santi.

Valenka ha collezionato molti rusniki, tante donne del suo paese di Velyka Fosnya le hanno fatto dono e lei rammenda qualche piccolo strappo con attenzione fino a farli nuovi. Poi li lascia in una tinozza con acqua e cenere al sole caldo di luglio nel cortile della sua casa del piccolo villaggio del distretto di Ovruč.

Un giorno e una notte quei lunghi teli bianchi ricamati di fiori se ne stanno in ammollo intrecciati come abbracciati e l’acqua si tinge di grigio e piano piano evapora e l’aria profuma di cenere e sapone caldo.

Il giorno seguente si va al fiume con la bicicletta. Si ripongono i rusniki su due secchi e li si appende in equilibrio al manubrio. Il fiume è vicino alla casa, il fiume è quasi uno stagno, l’acqua è ferma e le ninfee fisse sembrano davvero dei palcoscenici predisposti per ospitare il canto delle rane. Valenka si toglie le ciabatte e scende i gradini scavati apposta sulle sponde in cemento.

Porta con sé i due secchi di rusniki ed incomincia la sua danza. È una danza speciale che lei fa con ogni singolo telo. Le sue mani, con una mossa agile lo distendono velocemente sopra la schiena dello stagno e lui come una biscia d’acqua si muove sinuoso galleggiando in superficie. Le sue trame aderiscono allo specchio d’acqua ed è come se vi fosse un momento di riconoscimento tra le due stoffe, l’una fatta di trame di filo, l’altra di molecole umide e compatte. Poi Valenka, chinata, tira a sé il telo e lo porta alle caviglie, a questo punto si susseguono vari strattonamenti impetuosi ma con un ritmo cadenzato; non uno schizzo d’acqua bagna il suo volto. Il telo si accartoccia, si contrae per poi ridistendersi temporaneamente sulla pelle dell’acqua e, in quel momento i fiori ricamati abitano più volentieri il giardino acquatico ed io in lontananza che li osservo, ricordo i tessuti abbandonati nelle acque del fiume degli abiti di Ophelia.

Le trame fitte dei rusniki diventano sempre più bianche a quel percuotere. Sfiniti, vengono riposti uno dopo l’altro nella tinozza come dopo una fatica, esausti, come a seguito di una lunga lotta. 

Come immagini deboli e intermittenti ritornano alla mente alcune parole di mia nonna paterna che sapevano di acqua e cenere e allora so che quelle donne umbre si incontravano allo stagno per rinnovare a giorni alterni la funzione del lavare come fa Valenka e come fanno alcune donne di queste terre fatte di grano e stagni, di sole e girasoli, di canti e cicogne, di diritti negati dalle sue storie e di risveglio giovane di un’identità che ha radici antiche.

Valenka - foto di Maria Chiara Calvani

La storia, sono le storie e non tutte avvengono nello stesso momento, alcune storie accadono prima, altre dopo. Come il grano, che in Lucania matura a luglio, qui in queste terre ha bisogno di più tempo e i canti che un tempo si facevano in onore della sua raccolta a luglio, qui, diversamente e con un’altra lingua, si intonano a metà agosto. Alcune donne oggi, hanno le mani che profumano di acqua di fiume, sapone e cenere, altre non conoscono questi odori e non li hanno mai conosciuti. La storia è un passo lento per alcuni, per altri una corsa…

Valenka si incammina verso casa con la bicicletta, in equilibrio i secchi di rusniki dondolano come sui piatti di una bilancia. La aiuto a distendere sui fili tesi tra i filari d’uva e le mura di casa quei lunghi teli esausti e bianchissimi dopo il bagno.

Sono tanti, in ogni casa ogni donna ne possedeva almeno cinque, li aveva portati con sé assieme agli altri panni del corredo. “La dote”, aveva fatto un lungo viaggio sul carro trainato dai cavalli insieme al suo consorte, ed ancora insieme avevano riposto quel baule di legno decorato con ghirlande di fiori nel posto più sicuro della casa, come un bene prezioso, un tesoro lavorato dalle mani delle madri, delle nonne, delle amiche delle madri e delle nonne in un intreccio di comunità femminili operose che si formavano in occasione del rito lungo del matrimonio ma che durante il corso delle stagioni non si perdeva di vista, passandosi antichi saperi e ingredienti di una cucina semplice che ha le radici solo nella terra.

Quelle donne che erano venute da prima al mondo e che conservavano il talento del ricamo e della tessitura come un sapere prezioso, una benedizione da condividere nelle sere freddissime di inverno, quel sapere di cui tutti i passaggi sono fondamentali come quando le api con naturalezza ed insieme costruiscono il loro alveare.

 

Questo testo è dedicato a Valenka, conosciuta dall'autrice durante una spedizione fatta con Anastasia Pankova (antropologa) e Rusya Assayeva (fotografa) nel villaggio di Velyka Fosnya nel distretto di Ovruč. Tutto il materiale dell’istituto di cultura Ucraina itinerante (testi, videoinstallazioni e performances) sono stati prodotti ed elaborati durante la ricerca artistica di Maria Chiara Calvani presso la Izolyatzia platform for cultural initiatives , Kiev 1 luglio 2018 - 3 agosto 2018.