La guerra e il conflitto, eterni paradossi, creano dolore morte, ma anche la necessità del racconto, in versi o in prosa. L'Ucraina invasa vive oggi una vera fioritura letteraria, pagata però col sangue di scrittori e poeti impegnati nella difesa del proprio paese
Ogni conflitto, ogni guerra, porta con sé una sorta di mobilitazione “naturale” di scrittori, poeti e personalità della cultura che si uniscono alla difesa dei propri valori e del proprio Paese, ciascuno abbracciando modi, ragioni e ideologie diversi.
Con l’aggressione russa dell’Ucraina del 2022, alcuni hanno imbracciato le armi, arruolandosi nella difesa territoriale o nelle forze armate ucraine; altri si sono dati al volontariato e agli aiuti umanitari; altri ancora hanno iniziato - o spesso sarebbe meglio dire continuato - a combattere sul fronte culturale, in patria o all’estero. Stiamo parlando principalmente di scrittori e poeti, che in guerra e dalla guerra, raccontano le proprie esperienze belliche sui social media o tramite altre iniziative di stampo culturale.
Questa fioritura letteraria sta subendo però un prezzo terribile. Il 1° luglio 2023, un missile russo ha ucciso la scrittrice ucraina Viktorija Amelina (1986-2023) nella città orientale di Kramators’k, mentre documentava i crimini di guerra russi in Ucraina con l’organizzazione per i diritti umani Truth Hounds. Aveva iniziato da poco a scrivere poesie, in risposta alla guerra. Proprio pochi mesi prima della sua morte, fu lei a ritrovare, sotto un ciliegio, il diario dell’occupazione del poeta e scrittore per bambini Volodymyr Vakulenko (1972-2022), che i soldati russi avevano rapito e giustiziato nei pressi di Charkiv.
A inizio 2024, invece, è la volta di Maksym Kryvcov (1990-2024), conosciuto con il nome di battaglia “Dali”: ucciso in combattimento all’età di 33 anni, era un poeta e un volontario di spicco, la cui morte ha scosso la nazione intera. Aveva appena pubblicato la raccolta di versi “Poesie dalla balestriera” (Virši z byjnyci) che sognava di regalare all’(ex) comandante delle forze armate Valerij Zalužnyj.
Considerando che la letteratura, quella di guerra in particolare, sta perdendo giorno dopo giorno figure molto importanti, tra giugno e ottobre 2022, il gruppo PEN Ucraina e il progetto Čytomo, con il sostegno del National Endowment for Democracy (NED), hanno lanciato l’iniziativa Slova i kuli (Parole e proiettili) per dare voce a scrittori e giornalisti ucraini che si sono arruolati nelle forze armate o sono diventati volontari in seguito all’invasione russa su larga scala.
Dal fronte figurano diversi nomi noti, come gli scrittori Artem Čech e Artem Čapaj, il regista originario della penisola di Crimea Oleh Sencov (prigioniero dei russi dal 2014 al 2019) e il giornalista di origini georgiane Vachtang Kipiani.
Impegnati nell’opera di volontariato ci sono invece il poeta e cantautore Serhij Žadan, in Italia conosciuto grazie alla casa editrice Voland che ha pubblicato diversi suoi romanzi, e lo scrittore Andrij Ljubka, che raccoglie fondi per fornire auto alle forze armate e mette in scena spettacoli gratuiti per bambini sfollati sul tema della guerra; fino a luglio 2023, anche Viktorija Amelina faceva parte della squadra.
Dalla rivoluzione di Majdan alla guerra di oggi
Raccontare la guerra a parole non è un compito facile; eppure, è necessario. E oltre che necessario, diventa inevitabile quando ci si ritrova con la guerra in casa. Ma come si possono descrivere i massacri, le trincee disumane, il fuoco dell’artiglieria e la tragica realtà del fronte? Come trasmettere il dolore, la sofferenza, la rabbia e la paura in pochi versi? E, soprattutto, chi riesce ad adempiere a questo compito e perché è importante mantenere questa memoria culturale?
Uno dei primissimi poeti dell’Ucraina indipendente a scrivere dal fronte è Borys Humenjuk, che entra nella storia della letteratura ucraina di guerra con la raccolta “Poesie dalla guerra” (Virši z vijny) pubblicata nel 2014, anno cruciale per la storia ucraina. Dal 27 dicembre 2022 risulta disperso . Nella sua ultima intervista , uscita solo nel febbraio 2023, il poeta dichiarava di sentirsi pronto per una guerra con la Russia: “Non mi aspetto di tornare indietro. Se accadrà, sarà un miracolo”.
Come artista, Humenjuk ha saputo sfruttare appieno le opportunità della guerra nel nuovo mondo dell’informazione sin dal primo conflitto: scriveva su Facebook dal fronte, di eventi più o meno importanti, qualche pensiero politico, senza mai dimenticare versi e poesia.
La parola per uno scrittore è un vero motore di vita, anche in trincea, ma scrivere in guerra e sulla guerra è qualcosa di complesso: “Non basta avere esperienza di combattimento ed essere un eroe di guerra, ci vuole talento letterario. Abbiamo bisogno di un Hemingway ucraino” faceva notare Humenjuk, tessendo le lodi dei colleghi Artem Čech, Serhij Pantjuk, Olena Herasymjuk, e di Vasyl’-Žyvosyl Ljutyj (suonatore di bandura) e Ihor Dvyhalo, un bardo soprannominato “maestro”.
I versi di Humenjuk, dal tono calmo ma intenso e ricchi di sentimentalismo, si differenziano da quelli più ingenui e originali di Marija Starožyc’ka, giornalista e drammaturga che ora dedica la maggior parte del suo tempo al volontariato e alla scrittura, e le cui poesie compaiono regolarmente sulla sua pagina Facebook . Nel volume “Per cosa” (Navyšo. What for) del 2015, Starožyc’ka documenta un anno e mezzo della sua vita e del suo lavoro legati al Majdan e allo scoppio delle operazioni militari sul territorio orientale dell’Ucraina, mentre l’opera teatrale “La sacca” (Kotel - che fa riferimento al termine bellico) narra le vicende di un gruppo di combattenti accerchiati durante la dura battaglia di Ilovajs’k .
“La mia esperienza di scrittore mi aiuta, perché a volte [la realtà della guerra] può essere difficile dal punto di vista psicologico. Cerco di cogliere i dettagli, a volte scrivo qualcosa sul telefono per non dimenticare. Per esempio, frasi divertenti o interessanti”: è così che Artem Čech spiega il suo bisogno di scrivere e contemporaneamente combattere per difendere il proprio Paese sin dal 2015-2016, quando è partito per la prima volta come soldato volontario. Nel 2022, nonostante continui a definirsi un civile, è tornato nelle file delle forze armate, ma la scrittura non lo abbandona.
“La poesia è il mio modo di esprimere la verità e le idee che si scoprono in prima linea. Scrivo sempre poesie in una condizione di dolore. Non scrivo quando sono felice” afferma Yaryna Čornohuz , poetessa e paramedico al fronte dal 2014, nota per la sua protesta in solitaria del marzo 2020, in piena pandemia, “La primavera sul granito” (omaggio alla Rivoluzione sul granito ) contro la decisione dell’amministrazione presidenziale di conferire uno status quasi legale alle repubbliche separatiste di Luhans’k e Donec’k. Nel 2020 è stato pubblicato il suo libro “Come si spiega il circolo vizioso” (Jak vyhynajet’sja vojenne kolo) che contiene una raccolta di poesie in versi liberi sulla guerra di trincea.
Molto prima che la regione contesa del Donbas diventasse una zona di guerra, la poetessa Ljuba Jakimčuk descriveva con un sorriso gli albicocchi selvatici in fiore di Pervomajs’k, nell’oblast’ di Mykolaiv. Ora quella poesia “Le albicocche del Donbas” (Abrikosy Donbasu) inizia con il verso “Dove non crescono più albicocchi, inizia la Russia”.
Cosa si racconta dalla guerra e della guerra?
Alcune storie e iniziative dalla guerra e sulla guerra sono precedenti all’invasione del 24 febbraio 2022. Nell’ambito del programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), nella primavera 2021, era uscita la graphic novel “Sulla terraferma” (Na velykij zemli ), opera congiunta di Artem Čech e dell’illustratrice di origini lituane Beata Kurkul. Il fumetto narra il ritorno alla vita civile di un soldato ucraino (combattente sul fronte orientale nel 2014) che cerca di dare un senso alla propria vita. Si tratta di un’opera breve, ma ricca di significato, le cui prime parole pronunciate da un paramedico sono: “Un fratello se ne va…” (Vydhodit’ brat). La morte però viene lasciata fuori dall’inquadratura, perché non c’è alcun bisogno di mostrare in maniera sfrontata il crudo realismo; anche trovare le parole può essere difficile.
Le stesse sensazioni le proviamo leggendo il secondo volume della trilogia fantasy di Pavlo Derev’janko “La trappola della guerra” (Teneta vijny), in cui la guerra - ambientata nel 1852 in terre immaginarie - tormenta la vita di cinque fratelli d’armi. La trilogia “Cronaca dell’Ordine Grigio” (Litopys Siroho Ordenu) è un omaggio ai difensori ucraini.
Anche l’antropologa e giornalista Olesja Jaremčuk affronta il tema della guerra, ma lo fa attraverso le storie delle minoranze. Se in “Mosaico Ucraina” (Naši Inši) la guerra appare quasi lontana, nei suoi più recenti reportage pubblicati da Reporters rivela tutto il dolore che si porta appresso.
Tutti i libri scritti durante la guerra (anche quelli che non la riguardano da vicino) fanno riferimento ad essa. “Ogni opera di narrativa scritta dopo Ilovajs’k, dopo Volnovacha, dopo Mariupol’, dopo Buča deve mostrare il nostro rispetto per la memoria dei caduti” scrive Hanna Uljura parlando di memoria culturale , affermando che sopravvissuti alla guerra hanno un compito abbastanza chiaro: glorificare gli eroi e piangere i morti; un unico compito, non due.
“Cos’altro rimane a noi, i poeti ancora vivi, se non tramandare la memoria, raccontare, scrivere e tradurre i morti?”. Yaryna Grusha termina così l’ennesimo articolo-necrologio sulla tragedia che si abbatte tra le penne dell’Ucraina.