Soldati georgiani vicino ad un edificio bombardato a Gori (Reuters)

Bombardamenti russi a Gori e Poti. Saakashvili dichiara lo stato di guerra. Finora le vittime del conflitto sarebbero 1.500, oltre 30.000 i profughi. Crisi umanitaria a Tskhinvali

09/08/2008 -  Giorgio Comai

A partire dalla notte tra giovedì 7 e venerdì 8 agosto, il conflitto tra forze armate georgiane e indipendentisti in Ossezia del Sud si è intensificato assumendo la forma di una vera e propria guerra, soprattutto nella città e nelle periferie di Tskhinvali, capitale della regione. Dagli accordi di pace del 1992, il conflitto in Ossezia del Sud non aveva mai raggiunto l'intensità che si sta registrando in queste ore.

Le informazioni riguardo il proseguimento delle azioni militari sono contrastanti. Sia nella giornata di venerdì che nella giornata di sabato entrambe le parti hanno ripetutamente dichiarato di avere il completo controllo di Tskhinvali.

Durante la giornata di sabato, la maggior parte degli scontri si è concentrata nell'area definita come "zona del conflitto" negli accordi di pace del 1992, un'area dal diametro di 30 km attorno alla capitale dell'Ossezia del Sud, e una fascia attorno al confine meridionale della regione. Le forze russe hanno dichiarato di avere intenzione di allontanare le truppe georgiane da tutta l'area di competenza delle forze di pace e dall'area di Tskhinvali in particolare, inclusi i paesi abitati prevalentemente da georgiani che non erano sotto il controllo del governo separatista.

L'offensiva georgiana, effettuata con l'impiego di carri armati, blindati e forze aeree sia nell'area urbana che nel centro cittadino di Tskhinvali, come anche nei paesi circostanti, ha causato vittime tra i civili e imponenti danni ad edifici ed abitazioni nella città, inclusi l'ospedale e la sede della locale università. Il ministero degli Esteri russo Lavrov e il presidente Medvedev hanno subito denunciato l'attacco come un atto di aggressione verso l'Ossezia del Sud, contrario agli accordi di pace stipulati in sede internazionale; in particolare, il presidente Medvedev ha dichiarato che la Russia avrebbe reagito all'uccisione di soldati russi appartenenti alle forze di pace presenti sul territorio e all'aggressione a cittadini russi in Ossezia del Sud (attualmente gran parte degli abitanti della regione è in possesso di passaporto russo, ottenuto grazie a specifiche campagne organizzate pochi anni fa dalle autorità locali e russe).

Al fine di "costringere i georgiani alla pace", secondo quanto dichiarato dal ministro degli Esteri russo, forze regolari dell'esercito sono state prontamente inviate nella regione in supporto del contingente di pace russo presente sul territorio e delle forze armate sotto il comando del presidente dell'Ossezia meridionale Kokoity. Già nel pomeriggio di venerdì parte delle forze della 58esima brigata dell'esercito russo, di stanza nel Caucaso settentrionale, ha raggiunto l'area del conflitto, precedute da forze speciali aviotrasportate. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato che tra venerdì e sabato sono stati effettuati oltre cento voli militari per portare truppe e materiali nella zona del conflitto, in particolare forze speciali appartenenti alla 76esima divisione paracadutisti di Pskov e alla 98esima divisione paracadutisti di Ivanovo.

Al momento non è ancora chiaro quali sviluppi possano prendere gli scontri. Le speranze delle prime ore che il numero delle vittime rimanesse contenuto, e che azioni di guerra non avessero luogo fuori dall'area del conflitto, sono state disattese.

Sebbene fonti georgiane dichiarino inverosimili i dati forniti dalle autorità ossetine e russe (alle ore 16.00 di sabato 9 agosto l'ambasciatore russo in Georgia ha parlato di "almeno duemila vittime civili nella città di Tskhinvali"), si cominciano a delineare i tratti di quella che sta prendendo la forma di una vera e propria crisi umanitaria. I media russi parlano di Tskhinvali come di una città rasa al suolo dai bombardamenti georgiani e dagli scontri; prosegue l'evacuazione di civili da Tskhinvali, soprattutto verso l'Ossezia del Nord e le altre repubbliche del Caucaso settentrionale, dove nel frattempo vengono preparate strutture di accoglienza aggiuntive. Secondo fonti governative russe, a partire dal 2 di agosto circa 20.000 persone sono state aiutate da queste strutture.

Anche il pericolo che azioni militari abbiano luogo in zone distanti dal conflitto si è concretizzato. In particolare, aerei russi hanno bombardato la città georgiana di Gori, circa 25 km a sud della zona del conflitto. Gli attacchi erano mirati alle basi militari presenti nella città dove apparentemente si stavano preparando e raccogliendo truppe georgiane per rinforzare il fronte, ma è stata colpita anche un'area residenziale; le autorità georgiane parlano di almeno 60 vittime. Nonostante esplicite immagini provenienti dalla città, le forze russe negano di aver bombardato centri abitati georgiani.

Fonti georgiane hanno denunciato bombardamenti russi anche su diverse basi e aeroporti militari, incluso l'aeroporto militare di Vaziani (poco distante da Tbilisi) e un aeroporto vicino alla città di Kutaisi. Secondo la televisione pubblica georgiana inoltre, i bombardamenti sul porto di Poti, sul mar Nero, avrebbero causato feriti e vittime.

Autorità georgiane dichiarano inoltre che sono stati abbattuti dieci aerei e colpiti almeno 50 carri armati russi in azioni di battaglia nei dintorni di Tskhinvali. La Russia ha riconosciuto l'abbattimento di due propri aerei; le televisioni georgiane hanno successivamente trasmesso le immagini del pilota di un aereo attualmente ricoverato in un ospedale di Tbilisi.

È inoltre preoccupante l'aprirsi di un nuovo fronte di scontri nell'altra regione separatista georgiana, l'Abkhazia. Secondo il de-facto ministero degli Esteri abkhazo, infatti, le forze aeree della repubblica avrebbero attaccato reparti dell'esercito georgiano nella gola del Kodori. Già prima degli scontri degli ultimi giorni, la leadership abkhaza aveva dichiarato che in caso di attacco georgiano all'Ossezia del Sud, l'Abkhazia non sarebbe rimasta in disparte.

In queste ore, infine, gruppi di volontari provenienti da diverse regioni russe si starebbero organizzando per andare a combattere al fianco delle unità ossetine e russe. Nelle scorse settimane, diverse organizzazioni attive nel Caucaso settentrionale avevano infatti affermato che propri volontari avrebbero potuto partecipare ad un eventuale conflitto in Ossezia del Sud, tra cui le associazioni militari dei Cosacchi del Don. Secondo i media russi, gruppi di volontari (provenienti in particolare dall'Ossezia del Nord, ma si stanno raccogliendo volontari anche in Daghestan e in Kabardino-Balkaria) si sarebbero già raggruppati a Java, un centro abitato pochi chilometri a nord dell'area del conflitto. La partecipazione di volontari ad azioni di battaglia complicherebbe ulteriormente la situazione.

Scontri a fuoco e di artiglieria continuano intanto senza sosta nei dintorni di Tskhinvali e nel centro della città. Il presidente georgiano Saakashvili ha dichiarato lo stato di guerra, richiamando le truppe georgiane dall'Iraq e chiedendo l'aiuto della comunità internazionale.