Un nuovo dossier curato dall'Osservatorio sui Balcani. Interviste, reportage ed alcune analisi sulla situazione delle migliaia di sfollati e rifugiati ancora presenti nei Balcani.
Alla vigilia di un sempre più vicino attacco all'Iraq, che esso avvenga in seguito ad un atto unilaterale degli Stati uniti o nel quadro giuridico delle Nazioni unite, si inizia a parlare anche del numero di rifugiati che quest'ultimo potrebbe causare. "Non si esagera a parlare di rifugiati nell'ordine di milioni" - afferma Trevor Rowe, del Programma alimentare mondiale - "noi siamo pronti a sfamare 900.000 persone per un mese", ha aggiunto.
Ma le situazioni, sempre molto frequenti, di ingenti esodi e spostamenti di popolazioni non si risolvono solo con gli interventi d'emergenza. Implicano anzi un lungo lavoro di assistenza, negoziazione e mediazione. Lo dimostra la vicenda dei Balcani.
Per contribuire a non dimenticare le centinaia di migliaia di rifugiati e sfollati che ancora esistono nei Balcani e per fare in modo che questa problematica non venga spostata ancor più giù nella lista delle priorità della Comunità internazionale, l'Osservatorio sui Balcani ha deciso di curare la stesura di un dossier. Per capire, Paese per Paese, a che punto siamo.
Seppur la situazione di rifugiati e sfollati sia migliorata in questi ultimi anni, si é ben lontani dall'aver ricomposto uno degli aspetti più tragici del dissolvimento della ex-Jugoslavia.
In Croazia, la morte di Tudjman e la salita al potere di un governo non nazionalista ha permesso un progressivo rientro della minoranza serba. Ma solo un terzo di chi, nella prima metà degli anni '90, è stato costretto a lasciare il Paese è effettivamente rientrato. In Bosnia a partire dal 2000, dopo anni di stallo, il processo di rientro ha iniziato a sostanziarsi. Ora quasi la metà dei due milioni di profughi causati dalla guerra ha fatto rientro nelle proprie case, 370.000 dei quali in aree controllate da una maggioranza di etnia differente. Questo fa si che la Bosnia di oggi sia molto diversa da quella all'indomani della firma degli Accordi di Dayton, ma molti sono ancora i nodi irrisolti.
Rimane invece del tutto aperta la ferita del Kossovo, dove parlare di rientro delle minoranze è ancora difficile - su oltre 230.000 sfollati sono stati solo 5.000 i rientri - e la questione rimane legata a doppio filo con la discussione sullo status finale della regione, uno degli 'enigmi' che la Comunità internazionale, la dirigenza kossovara e quella serba sono chiamate a risolvere. E poi 'gli esodi dimenticati', come quelli causati dagli scontri in Macedonia della primavera-estate del 2001: sarebbero ancora circa 10.000 gli sfollati interni in questo Paese.
Come sempre, l'Osservatorio sui Balcani si propone di guardare il sud est Europa anche e soprattutto attraverso gli occhi di giornalisti e corrispondenti locali. E' il caso anche di questo dossier, curato in toto dalle nostre 'antenne' sul territorio e che si basa soprattutto su interviste effettuate sia nei molti campi collettivi, che ancora purtroppo esistono, sia con responsabili di ONG internazionali e locali e con esponenti delle istituzioni, che si occupano di rifugiati e sfollati. A queste si affiancano brevi analisi e reportages.
Dario Terzić ha visitato due centri collettivi nel cantone bosniaco Herzegovina-Neretva e descrive la visita nel reportage dal titolo suggestivo "Sogni dentro un baraccone: 10 anni in un centro collettivo"; Saša Risović , anche lui dalla BiH, si sofferma in particolare sulla situazione dei numerosi centri collettivi dell'Entità della Republika Srpska; Ada Sostarić intervista invece esperti legali, rappresentanti di ONG e profughi per capire in particolare quale sia la politica delle istituzioni serbe 'vis à vis' sfollati e rifugiati, mentre Mihailo Antović, anche lui dalla Serbia, propone una lunga intervista con un giovane sfollato che descrive le sue tragiche peripezie nei centri collettivi dell'intera ex-Jugoslavia. Dal Montenegro, Tanja Bošković descrive il vero e proprio esodo di organizzazioni internazionali ed ONG dal Paese, nonostante siano ancora molti i bisogni legati ai 44.000 sfollati residenti in Montenegro, pari a circa il 6% della popolazione; Dejan Georgjievski, corrispondente dalla Macedonia, propone un'approfondita analisi delle crisi in termini di rifugiati affrontate dal Paese negli anni '90.
E poi alcuni lavori dalla parte italiana della redazione. Davide Sighele propone il breve reportage "Kozarac, simbolo del rientro bosniaco-musulmano", mentre Alessandro Rotta, ricercatore del CeSPI e collaboratore dell'Osservatorio, ha effettuato la ricerca sul campo "I processi di ritorno delle minoranze in Kossovo".
Perché proporre questo dossier? Perché siamo intimamente convinti che il rientro di ciascuno nelle proprie case è un passo fondamentale per la stabilità nella regione e per sconfiggere la logica della pulizia etnica. Perché è oggi quanto mai necessario che la Comunità Internazionale continui ad investire risorse sui rientri, nonostante l'attenzione dell'opinione pubblica si sia spostata su altri scenari. Ed infine, perché il modo per valorizzare le già ingenti risorse, giustamente spese in questo campo nell'ultimo decennio, non è certo interrompere un processo che così faticosamente si é riusciti a far partire.