A Sutjeska, Bosnia sud-orientale, sono andate in gita intere generazioni di jugoslavi. Un luogo della memoria, ma ancor prima un luogo di incontro per costruire la ''Fratellanza ed unità''. Miodrag Živković è l'artista che ha progettato l'intera area monumentale
Come nasce il suo coinvolgimento nel progetto del memoriale di Sutjeska?
Ad un certo punto, credo da parte del Comitato federale, guidato allora da Aleksandar Ranković, è emersa l'esigenza di rappresentare alcuni avvenimenti significativi della lotta di liberazione. Uno di questi è stata senza dubbio la battaglia della Sutjeska.
Hanno chiamato quattro artisti, con i loro rispettivi gruppi di lavoro. Un concorso a numero chiuso. Nella giuria c'era Bogdan Bogdanović assieme ad altri nomi importanti della cultura jugoslava.
Alla fine ho vinto il concorso. Era il 1964 se non sbaglio. Ho portato a termine il progetto e quest'ultimo è stato esposto al Museo militare jugoslavo di Kalemegdan. È venuto, grazie a Dio, anche il maresciallo Tito, e altri alti funzionari; e poi storici, artisti, pittori, scultori, architetti ... in molti hanno visitato la mostra, e il progetto piaceva e in seguito è stato realizzato.
Quale l'idea artistica che ha portato alla realizzazione dell'attuale monumento?
Ho voluto esprimere la grandezza della battaglia della Sutjeska. Ho familiarizzato con questa battaglia, era semplicemente parte di me. Ho cercato di proporre una creazione che esprimesse la sua grandezza, il suo significato e che fosse, al contempo, una soluzione scultoria e spaziale significativa che potesse restare nello spazio e nel tempo.
Dopo l'approvazione dell'idea, quindi credo nel '64, non ricordo esattamente l'anno, abbiamo preparato i progetti esecutivi. Un lavoro enorme, conservo ancora più di dieci libri di progetti.
I progetti esecutivi sono del 1968-69. Nel '70 sono iniziati i lavori per la realizzazione del monumento, nel '71 l'opera è stata completata e nello stesso anno il monumento è stato inaugurato. L'ha inaugurato il presidente della Jugoslavia, il compagno Tito.
Il monumento è caratterizzato da due enormi blocchi, diretti verso il cielo ...
Il simbolismo del monumento è basato su queste due masse. Tito, osservando il progetto, mi chiese se queste due masse fossero identiche. Ho detto di no, che sono diverse, ma molto simili così da ottenere quella breccia che io desideravo. L'idea è quella di rappresentare una "breccia" e una "vittoria". Questi due blocchi sono il simbolo dello sfondamento dell'accerchiamento creato attorno alle forze partigiane.
Due blocchi che rappresentano le colonne di combattenti - molto stilizzati, raffigurati con elementi architettonici, con forme geometriche semplici - per raffigurare la presenza dell'uomo, del singolo, del combattente in colonna. Perché sono le colonne che hanno fatto la breccia sulla Sutjeska, che hanno rotto l'assedio. E questo frastagliarsi di queste masse è il simbolo di quella fiamma della vittoria e dell'avanzata delle unità partigiane. Lassù vedrete, quando si passa attraverso la breccia, si arriva ad una spianata con i nomi delle brigate, dei singoli che sono stati uccisi lungo la Sutjeska. Il monumento è rivolto nella direzione in cui si muoveva il fronte delle forze partigiane.
Quest'idea è stata accolta favorevolmente fin da subito dai committenti?
Ad un certo punto Aleksandar Ranković mi chiama, era lì con Tito, Čolaković e altri, e dice: "Živković, venite qua". Io mi reco da loro e Ranković mi dice: " Stavamo dicendo che qui forse non servono figure umane". Non è stato piacevole. In quel momento, si sarebbe potuto rovinare completamente la mia creazione. "Perché sono necessarie figure umane qui? Qualcuno crede che non servano. Voi cosa ne pensate?", insistono loro. Io allora ho risposto così: "Per quanto ne so, la breccia sulla Sutjeska è stata fatta dalla gente. Gente in colonna, combattenti... Di conseguenza, la breccia è stata fatta dai combattenti in colonne di lavoratori e io voglio che vengano raffigurati anche nel monumento". E Tito ha soggiunto: "Io non ho nulla in contrario ai combattenti. Dai, vediamo." Allora l'ho condotto a vedere il plastico, gli ho mostrato i dettagli e così è passato il progetto come lo avevo concepito io.
Cos'è stata la battaglia della Sutjeska?
In questa zona della Bosnia le formazioni partigiane sono state circondate, è stata bloccata loro la strada. Dovevano aprirsi un varco. Questo monumento è simbolo della breccia dell'accerchiamento, e di un ulteriore sentiero di libertà. Quella di Sutjeska è una delle battaglie più famose dell'intera Seconda Guerra Mondiale nei Balcani.
Lei era naturalmente presente il giorno dell'inaugurazione ...
Decisi io il posto in cui Tito avrebbe tenuto il suo discorso. Ho cercato di fare in modo che la tribuna venisse rivolta verso il monumento. C'era un grande numero di persone, io sono dovuto restare lassù ad intrattenere il maresciallo una mezz'oretta, poi doveva scendere giù dove c'erano i combattenti, c'era davvero molta gente. Erano presenti anche Elizabeth Taylor e Richard Burton, che hanno poi girato un famoso film su Sutjeska. Ho avuto la fortuna di conoscerli. Quando Tito è arrivato c'è stata un po' di protesta da parte dei combattenti: com'è che Richard Burton e Elizabeth Taylor non sono arrivati prima di Tito e che lui si è dovuto alzare per Elizabeth? In realtà Tito è stato un vero cavaliere. Un uomo di mondo. Lei era splendida quando è arrivata...
Quest'area memoriale è divenuta un luogo molto importante di raduno di giovani dell'ex-Jugoslavia?
È un peccato che non lo sia anche oggi. È stato innanzitutto un luogo di raduno e di socializzazione. C'erano campi di lavoro, c'è un lago, divertimenti, luoghi per riposarsi... Qui si trovavano e socializzavano molti giovani, non solo i nostri, ma provenienti da tanti altri paesi. Si parla di "Fratellanza e unità", e questo è stato. È stato un modo di socializzare proficuo, non era legato molto alla politica, ma più alle belle relazioni personali tra giovani, affinché i giovani vivessero liberi, che crescessero liberi, per coltivare delle relazioni secondo quella libertà portata da quella rivoluzione.
Che significato hanno avuto questi monumenti, hanno trasmesso qualcosa alle generazioni che si sono succedute alla vostra?
I monumenti hanno trasmesso l'idea della lotta per la libertà. E sono dei segni, una pietra piantata nella terra come grande simbolo di libertà. A Sutjeska era necessario rappresentare questa battaglia. E noi l'abbiamo raffigurata in questa maniera. A quel tempo nel mondo, almeno in Europa, le soluzioni adottate per costruire i nostri memoriali sono state - così è stato scritto, in particolare in Francia - le soluzioni dal punto di vista artistico-spaziale più interessanti per raffigurare avvenimenti bellici di un paese.
Qui da noi c'era un numero importante di artisti: non ero io il principale, ma con me anche Dušan Džamonja, Bogdan Bogdanović, gli sloveni ... ce n'erano molti. Per la raffigurazione di questi eventi, ci sono state delle soluzioni che, nel panorama mondiale, sono rimaste eccezionalmente interessanti, monumentali, e belle. E ci siamo distanziati molto dal realismo socialista. A quel tempo eravamo completamente liberi di esprimere questi avvenimenti come volevamo, non avevamo nessun ostacolo, non dovevamo eseguire il volere di nessuno. Noi abbiamo ricercato l'idea, eravamo un buon gruppo di autori, architetti, scultori, e abbiamo raggiunto queste significative realizzazioni artistiche e spaziali, che sono simbolo della libertà, simbolo di questa rivoluzione. Un messaggio che credo debba ancora essere trasmesso alle nuove genrazioni. Ma oggi c'è una tendenza ad una certa globalizzazione, in senso politico, ma in particolare nella cultura e nell'arte. Non esiste niente di autoctono, niente di nazionale, nessuna testimonianza nazionale nel pieno potere dell'arte.
Lei ha realizzato monumenti che riguardano la resistenza e la lotta partigiana durante la Seconda guerra mondiale, più recentemente si è dedicato a molti monumenti religiosi. Come conciliare rivoluzione e religione?
A mio avviso tutto deve essere rappresentato. Non penso solo ad avvenimenti di guerra, ma dovremmo lasciare, sotto forma di sculture, il meglio che possiamo. Adesso vi sono anche alcuni giovani artisti che indagano la verità, e la verità non si può mai nascondere. E io sono parte di questa verità. Comunque, e lo pensavo allora come lo penso adesso, le persone devono essere completamente libere, devono godere di tutti i diritti possibili, senza distinzione di appartenenza etnica o religiosa o di provenienza. Questo è il mio pensiero. Per questo io appartengo ad un certo tipo di sinistra. Io mi batterei oggi e sempre per questo.
Poi un'altra cosa, che non mi avete chiesto ma voglio dire. Questo monumento doveva venire distrutto al tempo della guerra più recente. C'è stato qualcuno che ha buttato lì l'idea, ma poi l'hanno risparmiato. Il monumento si è conservato perché la Republika Srpska, lo so perché sono in contatto con loro, ho lavorato abbastanza lì, l'ha accolto come un suo monumento. Un monumento della lotta per la libertà e contro il fascismo.